Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 marzo 2017, n. 7661

Dichiarazioni - Invio non temprestivo - Intermediari - Sanzioni - Art. 7 bis, D.Lgs. n. 241/1997

 

Esposizione delle ragioni in fatto ed in diritto della decisione

 

1. D.G. proponeva ricorso avverso l'ordinanza ingiunzione con la quale le era stata irrogata la sanzione di euro 44.892,00 ai sensi dell'articolo 7 bis del decreto legislativo 241/1997 in quanto, nella qualità di intermediario fiscale, non aveva adempiuto all'obbligo dell'invio tempestivo per via telematica di 87 dichiarazioni relativamente agli anni 2002 e 2003. La commissione tributaria provinciale di Bologna accoglieva il ricorso determinando l'importo della sanzione in euro 1.032,00, pari al doppio della sanzione minima prevista dall'articolo 7 bis del decreto legislativo 241/1997 e la sentenza era confermata dalla commissione tributaria regionale dell'Emilia-Romagna. Osservavano i giudici di appello che doveva trovare applicazione nella fattispecie non la legge 689/1981 (che prevede il cumulo giuridico solo in caso di concorso formale -unicità delazione) ma l'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 472/1997 (che prevede il trattamento del cumulo giuridico sia per il concorso formale che per il concorso materiale) in quanto si versava in ipotesi di violazioni formali consistite nel ritardo nella trasmissione delle dichiarazioni da parte dell'intermediario che non aveva inciso in alcun modo sulla posizione fiscale del contribuente, il quale era tenuto comunque a pagare l'imposta derivante dalla dichiarazione, addirittura prima della presentazione della stessa, né tanto meno su quella dell'intermediario, che era rimasto terzo rispetto all'obbligazione tributaria nascente dalla dichiarazione. Infine osservavano che correttamente i giudici di primo grado avevano ritenuto che la brevità del ritardo nella ^ presentazione delle dichiarazioni, limitato a soli tre giorni, legittimasse l'irrogazione della sanzione nella misura prossima al minimo prevista dall'articolo 7 bis del decreto legislativo 241/1997.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l'agenzia delle entrate affidato a due motivi. La contribuente si è costituita in giudizio con controricorso illustrato con memoria.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all'articolo 12 del decreto legislativo 472/1997 e all'articolo 39 della legge 241/1997. Sostiene che è inapplicabile all'intermediario finanziario la disciplina di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 472/1997, incentrata sulla distinzione tra violazione formale e violazione sostanziale. Ciò in quanto la violazione sostanziale era destinata ad incidere sulla determinazione della base imponibile o sulla liquidazione del tributo e l'intermediario fiscale, non assumendo alcuna responsabilità nel debito di imposta, non poteva porre in essere alcuna violazione sostanziale nel senso anzidetto. Per tale motivo l'articolo 12 del decreto legislativo 472/1997 non era compatibile con la posizione dell'intermediario fiscale, giusta il disposto dell'articolo 39, comma 1, della legge 241/1997, che estende alle violazioni commesse dall'intermediario fiscale la disciplina dell'articolo 12 citato solo "in quanto compatibile" . Ne derivava che la fattispecie doveva essere sussunta nella disciplina generale delle sanzioni amministrative contenuta nella legge 689/1981.

4. Con il secondo motivo deduce motivazione illogica e insufficiente in ordine un fatto decisivo e controverso del giudizio, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 5, cod. proc. civ.. Sostiene che il percorso motivazionale della sentenza impugnata è carente laddove la natura formale della violazione è stata fatta derivare dal fatto che il ritardo non incide sulla posizione fiscale del contribuente né su quella dell'intermediario, dovendosi considerare che, per il buon andamento dell'attività pubblica, la tempestività della trasmissione delle dichiarazioni costituisce momento fondamentale ed imprescindibile.

5. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è infondato. Invero l'agenzia delle entrate sostiene l'incompatibilità" della disposizione dell'art. 12 D.Lgs. n. 472 del 1997 con quella dell'art. 7 bis del D.Lgs. n. 241 del 1997, tale da rendere inapplicabile il D.Lgs. n. 472, art. 12, comma 1. Ciò sul presupposto che l'infrazione all'art. 7 bis non sarebbe mai qualificabile come "formale", dato che solo alle infrazioni commesse dal contribuente si attaglierebbero le qualifiche di "formali" e "non formali", mentre simile classificazione sarebbe incompatibile con le infrazioni commesse dall'intermediario. L'assunto è infondato perché, come già condivisibilmente affermato dalla Corte di legittimità (Cass. n. 13238 del 10/06/2015; Cass. n. 11742 del 7/05/2015 ) ben si possano distinguere, anche nell'ambito delle infrazioni commesse dall'intermediario, le violazioni formali da quelle / non formali in quanto sono ipotizzabili fattispecie in cui la condotta dell'intermediario agevola l'evasione o comunque determina un minor incasso erariale (infrazioni non formali) ed ipotesi in cui tale condotta arreca solo un qualche ritardo o difficoltà alle operazioni di accertamento o riscossione (infrazioni formali).

6. Il secondo motivo è inammissibile. Invero occorre premettere che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l'aspetto del vizio di motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 10313 del 05/05/2006). Nel caso di specie la ricorrente denuncia un vizio di motivazione in diritto e non in fatto in quanto si duole non già di non aver la CTR tenuto in debita considerazione elementi di fatto al fine di valutare la gravità della sanzione (deduzione sussumibile nel vizio di motivazione) ma di aver operato una erronea ricognizione della fattispecie astratta per aver considerato che il ritardo nella trasmissione della dichiarazione concretava una mera violazione formale. Ne deriva che la ricorrente ha errato nella formulazione del motivo, incorrendo nella sanzione dell'inammissibilità, per aver dedotto in relazione a ciò il vizio di motivazione anziché il vizio di violazione di legge.

8. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, in considerazione dell'affermarsi del principio giurisprudenziale sul punto controverso in epoca successiva alla proposizione del ricorso, si compensano per intero.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e compensa le spese.