Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 settembre 2017, n. 21233

Ici - Terreni aventi finalità edificatoria - Avviso di accertamento e liquidazione

 

Fatti di causa

 

Il Comune di Bibbona notificava alla società S.R.C. di S.A. & S.N.C. un avviso di accertamento e liquidazione con il quale si chiedeva il pagamento dell'imposta ICI per l'annualità 2006, relativamente a due terreni aventi finalità edificatoria, in quanto oggetto di programma di edificazione territoriale, e quindi di Piano Strutturale.

L'atto veniva impugnato dalla società innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Livorno, che rigettava il ricorso. La contribuente proponeva appello e la CTR della Toscana accoglieva parzialmente il ricorso, riformando la sentenza di primo grado esclusivamente nella parte relativa alle sanzioni, dichiarandole non dovute. Propone ricorso per la cassazione della sentenza il Comune di Bibbona, svolgendo un unico motivo e presentando memorie. La parte intimata non ha svolto difese.

La causa, all'udienza del 20 maggio 2016, veniva rinviata a nuovo ruolo, per rinnovazione della notifica del ricorso introduttivo.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con l'unico motivo di ricorso, il ricorrente censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: <<Falsa applicazione dell'art. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992, dell'art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997, dell'art. 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000, nonché dell'art. 11 quartedecies del d.lgs. n. 203 del 2005 e dell'art. 36, comma 2, del d.l. n. 223 del 2006 (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.)>>, atteso che la pronuncia resa dalla CTR merita di essere riformata nella parte in cui ha accolto le doglianze della contribuente, ossia laddove ha dichiarato non dovute le sanzioni irrogate con l'avviso di accertamento formante oggetto del giudizio.

I giudici di appello avrebbero errato nell'accogliere la richiesta del contribuente di non applicazione delle sanzioni ex art. 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000, poiché nel corso del 2006, anno di imposta a cui si riferisce l'omissione di denuncia in contesa, sarebbero sussistite le condizioni di obiettiva incertezza in merito alla definizione di "area fabbricabile", di cui all'art. 2, comma 1, lettera b) del d.lgs. n. 504 del 1992 e, segnatamente, in merito alla questione se tale qualificazione fosse da intendersi riferita alla mera "edificabilità di diritto" ovvero alla necessaria "edificabilità di fatto".

La pronuncia impugnata sarebbe da censurare per falsa applicazione delle norme denunciate in rubrica, in quanto nella fattispecie in esame, allo scadere del termine per l'assolvimento degli obblighi dichiarativi di cui all'art. 10 del d.lgs. n. 504 del 1992 pertinenti al periodo di cui trattasi, non erano affatto ravvisabili le asserite condizioni di obiettiva incertezza sulla portata e ambito d'applicazione delle considerate norme tributarie, anche per essere già intervenuta la norma di interpretazione autentica di cui all'art. 11 quaterdecies del d.lgs. n. 203 del 2005, nel senso che un'area è da considerare comunque fabbricabile se è utilizzata a scopo edificatorio, in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall'adozione di strumenti attuativi specifici.

2. Il ricorso è fondato.

Ritiene questa la Corte che:<<In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, per incertezza normativa obiettiva, quale causa di esenzione del contribuente da responsabilità, deve intendersi la situazione che si crea per effetto dell'azione di tutti i formanti del diritto, tra i quali, in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione delle norme, il cui accertamento è rimesso all'esclusiva valutazione del giudice. Ne consegue che detta incertezza è ravvisabile, allorché risultino difficoltà di individuazione delle disposizioni normative dovute al difetto di esplicite previsioni di legge, ovvero oscurità o ambiguità del testo normativo>>. (Cass. n. 4685 del 2012, Cass. n. 14142 del 2013).

Nella specie, all'epoca dei fatti di causa riferiti all'anno di imposta 2006, con termine per l'obbligo di presentazione della dichiarazione ICI fino al giugno 2007, la giurisprudenza prevalente si era già espressa nel senso della edificabilità dell'area, inserita nel P.R.G., anche in assenza di strumenti attuativi (Cass. n. 17045 del 2004; v. anche Cass. n. 4381 del 2002, Cass. n. 17513 del 2002, n. 17762 del 2002 sul concetto di edificabilità di un terreno in tema di INVIM). Ed il legislatore, con una esplicita norma di interpretazione autentica, ossia l'art. 11 quaterdecies comma 16 del d.l. n. 203 del 2005, conv. nella legge n. 248 del 2005, aveva già chiarito i dubbi sulla portata e l'ambito di applicazione della norma di cui all'art. 2, comma primo lett. b) del d.lgs. n. 504 del 1992, in tema di definizione di aree fabbricabili, di presupposto impositivo e base imponibile ICI.

La disposizione normativa è stata successivamente "ribadita" dall'art. 36, comma 2, del d.l. n. 223 del 2006 che ha esteso la rilevanza della sola previsione dello strumento urbanistico generale quale condizione rilevante ai fini della qualificabilità dei terreni come edificabili, ai fini ICI anche ai fini IVA, dell'imposta di registro e delle imposte sui redditi, con indicazione dello specifico momento al quale fare riferimento per ritenere integrato il requisito della edificabilità del terreno.

3. Ne consegue che non si potevano ritenere sussistenti obiettive incertezze normative, né dubbi determinati dalla mancanza di orientamenti giurisprudenziali, ovvero dal loro contrasto con la prassi amministrativa.

Il contribuente era, pertanto, in grado di conoscere la portata e l'ambito d'applicazione della norma di cui all'art. 2, comma primo, lett. b) cit. e, di conseguenza, di adempiere in modo corretto ai propri obblighi in materia di ICI per l'anno di imposta in questione.

4. La CTR non si è uniformata ai suindicati principi, con la conseguenza che il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ex art. 384 cod. proc. civ., decidendo nel merito, va rigettato il ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente. Le spese di giudizio dei precedenti gradi di merito vanno compensate tra le parti, tenuto conto dell'andamento della lite, mentre la parte soccombente deve rimborsare le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente. Compensa le spese di lite dei precedenti gradi di merito e condanna la soccombente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità a favore della controparte che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% e accessori di legge.