Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 marzo 2017, n. 7015

Avvocato e procuratore - Controversia in materia di appalto - Onorari - Tariffe professionali

 

Fatti di causa

 

La controversia concerne il credito per prestazione professionale resa da un avvocato in favore del comune di Saponara.

Nell'aprile 2004 il tribunale di Messina ha ingiunto al Comune il pagamento di euro 33.408,73 in relazione alla redazione di due pareri resi nel 2002 dal professionista, relativi alla procedura concorsuale di affidamento lavori della rete idrica comunale.

L'opposizione dell'ente è stata dichiarata inammissibile perché tardiva dalla sentenza n. 1403706 del Tribunale.

La locale Corte di appello con sentenza 24 maggio 2011 ha invece revocato il decreto ingiuntivo e ha ridotto il compenso a 6.710,00 euro.

Il ricorso dell'avv. I. chiede la cassazione di questa sentenza sulla base di un motivo.

Il Comune ha resistito e ha proposto ricorso incidentale condizionato affidato a tre mezzi e illustrato da memoria.

 

Ragioni della decisione

 

Il ricorso principale deduce che la Corte di appello ha correttamente individuato lo scaglione di valore applicabile per la liquidazione del compenso, ma ha errato nel far riferimento al DM 127/2004, entrato in vigore nel giugno 2004. Ad avviso del ricorrente la sentenza avrebbe dovuto invece utilizzare le tariffe, di maggior importo per la voce de qua, stabilite con il DM 585/94.

La censura è fondata. Quanto alla determinazione del determinazione degli onorari fra il minimo e il massimo stabiliti, la Corte di appello ha fatto riferimento all'art. 1 comma 2 (per mera svista indicato come art. 2) della tariffa degli onorari spettanti agli avvocati per l'attività stragiudiziale. Ha poi individuato il valore dell'opera, pari a 3.460.261 euro e conseguentemente lo scaglione, desunto dalla tabella D stragiudiziale che prevede un compenso minimo per pareri orali di 530 euro e un compenso massimo per parerei scritti di euro 3.355. Ha ritenuto applicabile quest'ultimo valore.

Lo ha poi raddoppiato, non in relazione all'art. 1 comma 3 della Tariffa, che prevede l'aumento fino al doppio del massimo dell'onorario nelle pratiche di particolare importanza e complessità, ma in considerazione del fatto che erano stati rilasciati due pareri.

La motivazione è sul punto inequivocabile, poiché sono state espressamente escluse le condizioni per il raddoppio di cui all'art. 1 comma 3 e si è invece fatto menzione, sia in narrativa (pag. 4) che in motivazione (pag. 8), al secondo parere.

Invano il Comune osserva sul punto che il secondo parere sarebbe stato rilasciato illegittimamente perché richiesto in via di mero fatto dal Presidente di gara e quindi illegittimamente. Tale rilievo non ha formato oggetto di ricorso incidentale, come sarebbe stato necessario, ma di mera deduzione in controricorso (cfr. pag. 6).

Poiché l'attività era stata svolta nel 2002 (Cass. 5426/05; 23318/12; 2748/16), il compenso spettante per i due pareri, liquidato prima dell'entrata in vigore del d.m. 127/04, doveva essere determinato alla stregua della tariffa di cui al DM del 1994, che stabiliva i diversi importi indicati in ricorso per le pratiche di valore superiore al miliardo di lire, dovendo essere parametrato al valore dei lavori oggetto di appalto, secondo quanto stabilito dalla stessa sentenza.

3) La statuizione relativa al valore di riferimento è oggetto del primo motivo di ricorso incidentale.

Parte ricorrente incidentale sostiene che il valore dell'incarico era da reputare indeterminabile, <<non essendovi una domanda del cliente il cui valore fosse quantificabile>> L'importo dei lavori per il Comune sarebbe un esborso e non un introito e inoltre per il Comune proseguire la gara o rinnovare la procedura non avrebbe comportato alcun vantaggio economico. Dunque si sarebbe dovuto applicare lo scaglione previsto per le pratiche di valore indeterminato.

La tesi è infondata.

Non può applicarsi in questo caso il principio enunciato da Cass. civ., sez. II, 24-01-2013, n. 1754 con riguardo alla controversia introdotta innanzi al giudice amministrativo per l'annullamento di un atto di aggiudicazione di appalto di opere pubbliche.

In quel caso la tesi ora sostenuta dal Comune di Saponara era stata accolta sulla base di due presupposti che qui non si rinvengono. In primo luogo si trattava di controversia in sede giurisdizionale e non di attività stragiudiziale; in secondo luogo era stato accertato che non avevano avuto alcun peso <<i risvolti patrimoniali della vicenda>>.

Nel caso di specie la sentenza impugnata ha invece specificamente motivato sulla rilevanza che nell'attività consultiva - e non giurisdizionale - del professionista avevano avuto le conseguenze alle quali l'ente sarebbe andato incontro riguardo alla perdita di un finanziamento e al superamento dei termini assegnati. Inoltre ha sottolineato come fosse determinate la finalità di pubblico interesse anche in funzione di assegnazione di somme aggiuntive per le espropriazioni e i pareri necessari in corso d'opera.

Si ha dunque una chiara rilevanza, nella determinazione del valore della pratica, del valore dell'appalto, rilevante direttamente, per le valutazioni di convenienza amministrativa legate all'importo dell'appalto e per le ricadute successive.

Dunque, avendo riguardo all'art. 5 delle norme generali della tariffa 1994, con argomentazione che ricostruisce ineccepibilmente la situazione di fatto e la sussume correttamente nelle disposizioni normative, la Corte di appello ha escluso che sia applicabile lo scaglione previsto per le pratiche di valore indeterminabile.

4) Il secondo e il terzo motivo del ricorso incidentale, relativi agli interessi sul compenso spettante e alla liquidazione delle spese di lite restano assorbiti, dovendo il giudice di rinvio nuovamente pronunciarsi sulla determinazione del compenso applicando le disposizioni del dm 585/94.

5) La sentenza va cassata e la cognizione rimessa ad altra sezione della Corte di appello di Messina anche per la liquidazione delle spese di questo giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso principale.

Rigetta il primo motivo del ricorso incidentale. Dichiara assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Messina, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.