Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 31 marzo 2017, n. 8403

Tributi - Accertamento - Riscossione - Cartella di pagamento

 

Fatti di causa

 

L'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che, rigettandone l'appello, ha confermato l'annullamento della cartella di pagamento notificata all'Associazione della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza ragionieri e periti commerciali il 16 febbraio 2005, con la quale l'Ufficio di Roma 1 dell'Agenzia delle entrate chiedeva il pagamento dell'importo di euro 2.157.292,55 per IRPEG e ILOR per l'anno 1985, derivante da sentenza della Corte di cassazione (n. 11887 del 2001) pubblicata e divenuta definitiva il 20 settembre 2001.

L'annullamento dell'iscrizione veniva pronunciato per decadenza dal potere di riscossione, non essendo stato rispettato il termine del secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento era divenuto definitivo, fissato dall'art. 25, comma 1, lettera c) , del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nel testo risultante a seguito della novella recata dall'art. 1, comma 5 ter, del d.lgs. n. 106 del 2005;

e per carenza assoluta di motivazione della cartella, essendo "innegabile che riferirsi all'Accertamento n. 00000 notificato in data 00/00/0000, come si legge nell'apposito riquadro, non significa fornire la cartella di motivazione valida e conforme alla legge, non contenendo, in particolare, il riferimento di legge "all'eventuale precedente atto di accertamento", cioè l'individuazione corretta e puntuale quanto meno degli estremi dell'atto di riferimento già conosciuto dal contribuente e della sua data di notifica".

L'Associazione contribuente e la spa Equitalia Sud resistono con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

Col primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1, commi 5 bis e ter del d.l. 106/2006 conv. in legge 156/2005, degli artt. 17, 24 e 25 del d.P.R. 602/73 nel testo applicabile ratione temporis e dell'art. 2945 c.c. in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c.", l'amministrazione ricorrente assume che la notifica della cartella sarebbe stata tempestiva "in base al regime vigente ratione temporis per le iscrizioni a ruolo da accertamento; in sintesi: tempestiva iscrizione a ruolo ex art. 17 del d.P.R. n. 602 del 1973 allora vigente e notifica nel termine decennale ex c.c. applicabile in via residuale in base alla carente formulazione dell'art. 25 vigente ratione temporis".

Con il secondo motivo, denunciando "violazione e falsa applicazione dell'art. 7, comma 1, della legge 212/2000 in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c.", l'Agenzia delle entrate sostiene che "nel caso che interessa, dunque, appare pacifico che la cartella avesse ad oggetto il pagamento di somme derivanti da accertamento resosi definitivo per effetto del passaggio in giudicato della sentenza della S. C. alla conclusione di un lungo iter processuale: in tale situazione la cartella non necessitava di particolari specificazioni, in sostanza l'indicazione puntuale del numero dell'avviso di accertamento e della data della sua notificazione appariva del tutto superfluo, risultando piuttosto necessario e sufficiente, come rilevato da codesta S.C., che nella cartella siano indicate circostanze univoche idonee ad individuare l'atto... In altri termini del tutto illegittimamente la CTR ha ritenuto che fosse indispensabile, a pena di nullità che nella motivazione della cartella vi fosse l'individuazione "corretta e puntuale degli estremi dell'atto di riferimento già conosciuto dal contribuente e della sua data di notifica", quando invece la motivazione deve ritenersi sufficiente quando contenga indicazioni univoche per individuare l'atto presupposto".

Col terzo motivo, proposto in subordine, l'amministrazione lamenta insufficiente motivazione della sentenza, la quale si sarebbe limitata a dare rilievo al solo dato formale della mancata indicazione del numero dell'avviso di accertamento e della data di notificazione, apparendo pertanto del tutto insoddisfacente, in quanto non spende nessun argomento per specificare le ragioni per le quali gli altri elementi, pur puntualmente segnalati dall'ufficio, non sarebbero stati sufficienti a rendere edotta la contribuente della pretesa.

Il secondo motivo, il cui esame logicamente precede, è infondato.

Nella riscossione delle imposte sul reddito - come questa Corte ha avuto modo di chiarire -, "per la validità del ruolo e della cartella esattoriale, ex art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, non è indispensabile l'indicazione degli estremi identificativi o della data di notifica dell'accertamento precedentemente emesso nei confronti del contribuente ed al quale la riscossione faccia riferimento, essendo, al contrario, sufficiente l'indicazione di circostanze univoche ai fini dell'individuazione di quell'atto, così che resti soddisfatta l'esigenza del contribuente di controllare la legittimità della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti. A tale interpretazione non è di ostacolo la previsione contenuta negli artt. 1, comma 2 e 6, coma 1 del D.M. Finanze 3 settembre 1999, n. 321 (che nel caso di iscrizione a ruolo o di cartella che conseguano ad un atto precedentemente notificato, richiede l'indicazione degli "estremi di tale atto e la relativa data di notifica"), in quanto essa va letta in combinato disposto con le di poco successive norme primarie contenute, prima in via generale nello Statuto del contribuente (art. 7, comma 3, della L. 27 luglio 2000, n. 212) e poi, con specifico riferimento ai ruoli ed alle cartelle, nel d.lgs 26 gennaio 2001 n. 32 (art. 8, comma 1, lett. a) che ha modificato gli artt. 1 e 12 del d.P.R. n. 602 cit.), che si limitano a richiedere che gli atti da ultimo indicati contengano soltanto "il riferimento all'eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione anche sintetica della pretesa" (Cass. n. 11466 del 2011).

Il giudice d'appello ha in proposito correttamente ritenuto come fosse "innegabile che riferirsi all'Accertamento n. 00000 notificato in data 00/00/0000, come si legge nell'apposito riquadro, non significa fornire la cartella di motivazione valida e conforme alla legge, non contenendo, in particolare, il riferimento di legge "all'eventuale precedente atto di accertamento", cioè l’individuazione corretta e puntuale quanto meno degli estremi dell'atto di riferimento già conosciuto dal contribuente e della sua data di notifica".

Né il riferimento nella cartella all'Accertamento n. 00000 notificato in data 00/00/0000, è in alcun modo configurabile come "indicazione di circostanze univoche ai fini dell'individuazione dell'accertamento precedentemente emesso, così che resti soddisfatta l’esigenza del contribuente di controllare la legittimità della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti", perché, anzi, tale riferimento è altamente equivoco, potendo in astratto indicare tanto "nessun (prodromico) accertamento", vale a dire una cartella con la quale venga liquidata l’imposta in base alla dichiarazione, quanto "accertamento il cui periodo d'imposta non sia rilevante", vale a dire una cartella emessa sulla base di una pronuncia giurisdizionale definitiva, quanto, ancora, una cartella emessa sulla base di un atto di accertamento divenuto definitivo per mancata impugnazione - del quale non siano stati indicati gli estremi.

In conclusione, il motivo deve essere rigettato, con assorbimento dell'esame del primo e del terzo motivo.

La particolarità della materia, oggetto negli anni di una pluralità di interventi normativi, induce a dichiarare compensate per la metà le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il secondo motivo del ricorso, assorbito il primo ed il terzo motivo.

Dichiara compensate per la metà le spese del giudizio, liquidate in complessivi euro 12.000, oltre a spese generali liquidate nella misura forfetaria del 15%, ponendole a carico dell'Agenzia delle entrate e della spa Equitalia Sud.