Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 aprile 2017, n. 8603

Intermediazione di manodopera - Verbali di accertamento - lnps e lnail

 

Fatti di causa

 

Si controverte dell'opposizione della società Officina Meccanica S.B. di S.F. & C. s.n.c. avverso i verbali di accertamento e le cartelle esattoriali alla stessa notificati per conto dell'Inps e dell'Inail sulla base di una contestata intermediazione di manodopera vietata dalla legge.

Il giudice del lavoro adito del Tribunale di Brescia riconobbe la fondatezza dell'opposizione con la quale la predetta società aveva dedotto la genuinità degli appalti intercorsi con le società N.C. s.r.l., C. M.B. s.r.l. e C. G.B. s.r.l., tutte facenti capo al sig. B.

A seguito di impugnazione dell'Inail e dell'Inps la Corte d'appello di Brescia, con sentenza del 30.9 - 4.11.2010, ha riformato la decisione del primo giudice ed ha respinto l'opposizione di cui trattasi, dopo aver rilevato che dagli atti di causa era emerso che il concreto atteggiarsi dei rapporti tra l'Officina Meccanica e le società facenti capo al B. configurava un caso di interposizione illecita di manodopera.

Per la cassazione della sentenza ricorre la società Officina Meccanica S.B. di S.F. & C. s.n.c. con quattro motivi.

Resistono con controricorso l'Inps e l'Inail.

La ricorrente e l'Inail depositano memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.

 

Ragioni della decisione

 

1. Col primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 24, 111, commi 2 e 5, della Costituzione, nonché gli artt. 115 - 116 c.p.c.e 2697 cod. civ., assumendo che il giudice di merito ha violato il diritto di difesa avendo permesso l'ingresso nel giudizio di documenti esterni alla procedura, nel contesto di indagini della Guardia di Finanza concernenti terzi, ed avendoli utilizzati ai fini probatori.

1.1. Osserva la Corte che il motivo è infondato in quanto il giudice d'appello poteva correttamente avvalersi degli esiti probatori delle indagini penali svolte dalla Guardia di Finanza nei confronti delle società di C. facenti capo al B. che aveva avuto rapporti con l'odierna ricorrente, nel senso che procacciava manodopera operaia in favore di quest'ultima, trattandosi degli stessi rapporti rispetto ai quali l'Inps e l'Inail avevano poi accertato in sede ispettiva rispettivamente l'esistenza di addebiti per omessa contribuzione e per omesso versamento di premi assicurativi, con relative sanzioni.

Infatti, questa Corte (Cass. sez. 3, n. 3102 del 4.3.2002) ha già chiarito che "nei poteri del giudice in tema di disponibilità e valutazione delle prove rientra quello di fondare il proprio convincimento su prove formate in altro processo, quando i risultati siano acquisiti nel giudizio della cui cognizione egli è investito, potendo le parti che vi abbiano interesse contrastare quei risultati discutendoli o allegando prove contrarie", così come ha pure precisato che "il giudice di merito è libero di formare il proprio convincimento sulla base di accertamenti compiuti in altri giudizi fra le stesse parti od anche fra le altre parti" (Cass. sez. 1, n. 478 del 17/1/1995; idem Cass. sez. 3 n. 623 del 20.1.1995).

Tra l'altro, la Corte d'appello di Brescia non si è limitata a far riferimento all'esito degli accertamenti svolti in sede penale dalla Guardia di Finanza di Manerbio, ma ha ben evidenziato che la fittizietà delle società facenti capo al B., il quale poneva la manodopera operaia a disposizione di ditte utilizzatrici, tra le quali la s.n.c. Officina Meccanica, era emersa in modo incontestato in atti, tanto che le stesse società venivano create dal medesimo B. e formalmente intestate a soggetti nullatenenti e senza fissa dimora con sede sociale, dapprima a Milano, e poi in paesi dell'Europa Orientale. Ha, quindi, precisato la Corte territoriale che ognuna di tali società veniva aperta e chiusa rapidamente, facendo subentrare una nuova società, differenziata solo nel nome, nella quale venivano fatti transitare i lavoratori (quasi tutti extracomunitari), dopodiché tutta la documentazione contabile, fiscale e previdenziale veniva sistematicamente distrutta. In pratica, i giudici d'appello hanno accertato che l'attività di tali società, prive di beni strumentali, ad eccezione di pochi computers ed accessori di arredo, si svolgeva attraverso la predisposizione di artificiosi contratti di appalto utilizzati in modo seriale con le società utilizzatrici, mentre non sussisteva nessuna reale struttura imprenditoriale, né rischio d'impresa, né personale che curasse, nei vari cantieri, di impartire direttive alla manodopera ivi inviata ai committenti. Inoltre, il B. si curava di riscuotere il compenso relativo alle prestazioni di manodopera fornita, emettendo fatture in base alle ore lavorate dagli operai, sulla scorta di un compenso orarlo fissato sulla base di un vero e proprio listino.

2. Col secondo motivo, dedotto per vizio di motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., la ricorrente lamenta la mancata ammissione dei mezzi di prova per testi richiesti al fine di dimostrare i fatti storici che avevano caratterizzato lo svolgimento del rapporto di lavoro tra l'Officina Meccanica S.B. e le carpenterie indagate, onde poter provare la effettività dei contratti di appalto e tutte le altre circostanze rilevanti per l'esclusione della ricorrenza della fattispecie della somministrazione abusiva di manodopera.

3. Col terzo motivo, formulato per violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., la ricorrente imputa alla Corte territoriale l'erroneo utilizzo dello strumento probatorio della presunzione con riferimento ai dati desunti dalle indagini esterne della Guardia di Finanza, pur in mancanza dei prescritti requisiti della gravità, precisione e concordanza.

4. Col quarto motivo, proposto per vizio di motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., la ricorrente si duole della carenza di motivazione in ordine alla ravvisata ipotesi di somministrazione illecita di manodopera.

2.3.4. Osserva la Corte che il secondo, il terzo ed il quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione dovute all'unitarietà della questione trattata. Ebbene, tali motivi sono infondati.

Invero, non va dimenticato che "in tema di giudizio di cassazione, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Conseguentemente, per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Pertanto, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la "ratio decidendi" venga a trovarsi priva di base." (Cass. Sez. 3 n. 9368 del 21/4/2006; in senso conf. v. anche Cass. sez. lav. n. 15355 del 9/8/04).

Nella fattispecie l'infondatezza delle predette censure discende dalla constatazione che la motivazione della sentenza impugnata riposa su dati extra-processuali ritualmente acquisiti al processo, tanto che sulla base degli stessi gli enti intimati avevano svolto i loro accertamenti ispettivi che avevano condotto alla scoperta delle contestate omissioni oggetto di causa. Orbene, gli esiti di tali accertamenti sono stati riscontrati dalla Corte territoriale in maniera adeguata e con argomentazioni immuni da vizi di ordine logico-giuridico. Infatti, la Corte d'appello di Brescia ha posto in rilievo che i contratti d'appalto sottoscritti con cadenza mensile e senza soluzione di continuità, da un lato erano assolutamente conformi a quelli utilizzati dalle società del B., e dall'altro erano privi di qualsivoglia capitolato tecnico indicante il tipo o il numero delle opere da eseguire. Ha aggiunto la Corte che i testi escussi in sede ispettiva avevano dichiarato, confermando le dichiarazioni rese alla Guardia di Finanza, che gli operai erano assunti direttamente da B. e da questi inviati presso le ditte utilizzatrici, ove erano inseriti nel relativo ciclo produttivo, senza che nessuna opera di direzione o di controllo sui lavoratori illecitamente somministrati venisse svolta dal preteso appaltatore presso le ditte che impiegavano quella manodopera.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo in favore di ognuno dei due istituti controricorrenti.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di € 3700,00 in favore di ciascuno dei due controricorrenti, di cui € 3500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.