Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 11 maggio 2018, n. 11426

Lavoro - Omessa comunicazione al Centro per l'impiego - Sussistenza del rapporto di lavoro subordinato - Non occasionalità delle prestazioni

 

Rilevato

 

Che, con sentenza n. 160 del 2012, la Corte d'Appello di Torino ha confermato la pronuncia di primo grado di parziale accoglimento - con riduzione ad euro 3.450,00 della sanzione amministrativa originariamente applicata- delle opposizioni proposte dalla odierna ricorrente alle ordinanze ingiunzioni nn. 985 e 987 del 19 settembre 2008, emesse dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Torino, per la mancata iscrizione della lavoratrice T. F. nel libro matricola, nonché per l'omessa comunicazione al Centro per l'impiego della predetta assunzione, per non aver consegnato alla stessa lavoratrice, all'atto dell'assunzione, i dati di registrazione nel libro matricola ed, all'atto dei pagamenti, il prescritto prospetto paga ed, infine, per non aver comunicato al Centro per l'impiego la cessazione del rapporto di lavoro (ai sensi rispettivamente degli artt. 3, terzo comma, I. n. 73 del 2002, 9 bis, secondo comma, I. n. 608 del 1996, art. 4 bis, secondo comma, d.lgs. n. 181 del 2000, artt. 1 e 53 I. n. 4 del 1953, art. 21, primo comma, I. n. 264 del 1949); che, la Corte territoriale, dopo aver dato atto che dagli atti era emersa la tardiva assunzione della lavoratrice dal primo giugno al 30 settembre 2006 ed il pagamento della contribuzione dovuta all'INPS, ha ritenuto, in relazione alla natura del rapporto di collaborazione in favore dell'agenzia immobiliare gestita dalla opponente, oggetto di contestazione, la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato in relazione alla non occasionalità delle prestazioni rese come confermato dalle prove per testi e dalle risultanze dei verbali ispettivi dell'Inps acquisiti agli atti;

che, quanto al regime sanzionatorio, la Corte di merito ha ritenuto corretta l'applicazione della normativa introdotta dall'art. 36 bis, settimo comma, d. I. n. 223 del 2006 conv. in I. n. 248 del 2006, inoltre, non ha riscontrato l'inderminatezza denunciata dalla parte per il difetto di specifica indicazione delle singole tredici giornate contestate, intercorrenti tra il 12 agosto ed il 30 settembre 2006 e comportanti una maggiorazione giornaliera di euro 150,00 ciascuna, posta la chiusura dell'agenzia per tutto il mese di agosto e per i primi giorni di settembre e la conseguente necessaria collocazione temporale dei predetti tredici giorni nell'intervallo temporale residuo; che avverso tale pronuncia, ricorre per cassazione Studio G. di D. G. s.n.c affidandosi a quattro motivi con i quali denuncia: a) violazione e falsa applicazione dell'art. 23 I. n. 689 del 1981 per aver ritenuto provato il rapporto di lavoro sulla base della deposizione di T. F., lavoratrice interessata ed attribuendo eccessivo peso alla spontanea parziale regolarizzazione del rapporto ; b) violazione e falsa applicazione dell'art. 3, comma tre, modificato dall'art. 36 bis comma sette lett. a) I. n. 248 del 2006 legge n. 73 del 2002, art. 18 I. n. 689 del 1981 ed art. 111 Cost. per l'ordinanza ingiunzione n.985 del 2008 poiché la riduzione, senza esplicita motivazione sul punto della mancata indicazione specifica delle singole giornate, era stata calcolata dal Tribunale sulla sola sanzione principale e non su quella relativa a ciascun giorno; c) vizio di motivazione sul fatto decisivo per il giudizio determinato sempre dall'aver omesso di individuare le specifiche giornate, soprattutto considerato che la lavoratrice aveva dichiarato di aver lavorato sino al 19 settembre 2006 e non sino al 30 settembre 2006, come ritenuto dalla sentenza impugnata; d) violazione dell'art. 3 I. n. 73 del 2002, come modificato dall'art. 36 bis comma sette I. n. 248 del 2006, entrato in vigore il 12 agosto 2006, sempre con riguardo all'ordinanza n. 985 del 2008, relativa a fattispecie di assunzione irregolare precedente a tale data e, dunque, non applicabile ratione temporis attesa la natura di illecito istantaneo con effetti permanenti della condotta sanzionata; che il Ministero resiste con controricorso;

 

Considerato

 

Che il primo motivo di ricorso è inammissibile giacché, seppure intitolato a vizio di violazione di legge, critica esclusivamente il giudizio della Corte territoriale di individuazione e valutazione del complessivo materiale probatorio acquisito agli atti di causa, al fine di appurare la natura subordinata della prestazione resa dalla lavoratrice T. F.;

che, invece, per la giurisprudenza di questa Corte (vd. Cass. n. 195 dell'11.1.2016; n. 24155 del 2018) in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all'esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l'aspetto del vizio di motivazione; che, vanno accolti i motivi secondo e terzo, da trattarsi congiuntamente in quanto accomunati dalla critica alla motivazione sulla esatta individuazione dei giorni in cui si è protratta la condotta illegittima e dalla circostanza che la doglianza comune in essi contenuta risulta avere come elemento normativo di riferimento l'art. 36 bis, comma 7, del decreto legge n.223 del 2006, convertito con modificazioni nell'art. 1, comma I, della legge n. 248 del 2006, disposizione che ha inciso sulla disciplina sanzionatoria connessa ai rapporti di lavoro (come nella specie) non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria; che, quanto al profilo della imprecisa indicazione dei giorni effettivi del protrarsi dell' irregolare svolgimento del rapporto di lavoro, deve darsi atto che la sentenza impugnata fornisce una motivazione non idonea giacché tra il 12 agosto ed il 30 settembre 2006, pur considerando una chiusura dell'attività nell'intero mese di agosto e nei primi giorni di settembre, intercorre un numero di possibili giorni lavorativi irregolari superiore ai tredici contestati e, poiché, tale circostanza assume rilievo costitutivo decisivo al fine di valutare l'effettiva gravità della condotta addebitata e procedere alla corretta sussunzione all'interno della fattispecie sanzionatoria, i motivi vanno accolti;

che, non rileva nella presente fattispecie, che attiene all'applicazione di sole sanzioni amministrative, la diversa problematica applicativa della cd. maxi sanzione civile (art. 3, comma 3, del d.l. n. 12/2002 convertito, con modificazioni, nell’art. 1, comma 1, della legge n. 73/2002 come sostituito dall’art. 36-bis,comma 7, lettera a), del d.l. n. 223/2006 convertito, con modificazioni,dall’art. 1, comma 1, della legge 248/2006) seguita alla declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 254/2014, 36 bis, riferita appunto alle sole sanzioni civili;

che il quarto motivo, tendente ad individuare una diversa disciplina sanzionatoria attraverso l'attribuzione alle fattispecie contestate della natura di illecito con effetti permanenti, al fine di giungere all'applicazione di sanzione più mite, è infondato posto che si tratta di fattispecie relative ad omissioni di obblighi di comunicazione alle pubbliche autorità, ovvero di consegna di prospetti paga alla lavoratrice, soggetti a termine specifico, per cui la loro natura è di illecito istantaneo con perfezionamento al momento in cui, iniziato il rapporto di lavoro, l'obbligo di comunicazione non è stato posto in essere;

che, quindi, accolti il secondo ed il terzo motivo e rigettati gli altri, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d'appello di Torino, in diversa composizione, che in sede di giudizio di rinvio:

a) provvederà ad accertare, sulla base delle acquisizioni istruttorie ritualmente presenti agli atti del processo, quali siano i giorni di effettivo svolgimento del lavoro non risultante dai documenti datoriali da parte della lavoratrice T. F.;

b) che la sanzione amministrativa connessa alla predetta condotta sia corrispondente a quanto accertato;

e regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità; che va dato atto che, ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, non sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13;

 

P.Q.M.

 

Accolti il secondo ed il terzo motivo di ricorso e rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per ¡1 ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.