Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 18 novembre 2016, n. 23507

Tributi - Riscossione - Cartella di pagamento - Notifica - Ipoteca - Atto di iscrizione

 

Svolgimento del giudizio

 

F.D.M. propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 159/10/11 del 14 giugno 2011 con la quale la commissione tributaria regionale del Lazio, a conferma della prima decisione, ha ritenuto infondato il ricorso da lui proposto contro un atto di iscrizione di ipoteca notificatogli dal concessionario Equitalia Gerit spa sulla base di una serie di cartelle ed avvisi di mora - emesse per tributi, contravvenzioni al codice della strada ed omissioni contributive previdenziali - di cui egli assume la mancata previa notificazione.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha declinato la propria giurisdizione sulle cartelle non relative a tributi respingendo, per le altre, l'eccezione del contribuente di irregolare notificazione, ex art.140 cod. proc. civ., degli atti prodromici all'iscrizione ipotecaria.

Resiste con controricorso Equitalia Sud spa.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso il D.M. deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 140- 143 cod. proc. civ., 2697 cod. civ., nonché carente motivazione su un punto controverso e decisivo. Ciò per avere la commissione tributaria regionale ritenuto generiche ed indimostrate le lagnanze da lui mosse nel giudizio di merito circa il mancato perfezionamento, in relazione a tutte indistintamente le cartelle e gli avvisi di mora dedotti in giudizio, delle notificazioni; in quanto eseguite, in esito ad irreperibilità presso il suo domicilio, ex art. 140 cod. proc. civ., ma senza invio della lettera raccomandata di comunicazione dell'avvenuto deposito presso la casa comunale.

Con il secondo motivo di ricorso il D.M. lamenta difetto di motivazione e violazione di legge in ordine alla carenza di legittimazione passiva di Equitalia; per avere la commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto che il concessionario non fosse passivamente legittimato a rispondere dei vizi propri del ruolo come trasfuso nella cartella, con la conseguenza che la nullità della notificazione degli atti presupposti non sarebbe stata eccepibile nei confronti del concessionario.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce carenza di motivazione e violazione degli artt. 2 co. 1 L.180/50, 2 d.lgs. 546/92 e 12 co.2  L. 448/01. Per avere la commissione tributaria regionale erroneamente escluso la giurisdizione tributaria in relazione agli oneri contributivi di natura previdenziale.

2. Va dapprima esaminato il terzo motivo di ricorso, in quanto concernente la giurisdizione.

La doglianza è infondata.

Correttamente la commissione tributaria regionale ha confermato la decisione di primo grado escludente la giurisdizione tributaria per tutte quelle cartelle di pagamento aventi ad oggetto debiti di natura non tributaria, bensì previdenziale o amministrativa (violazioni del codice della strada).

Tale principio è stato già affermato da SS.UU. 7399/07, secondo le quali "rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, e non di quello tributario, la controversia avente ad oggetto diritti ed obblighi attinenti ad un rapporto previdenziale obbligatorio anche se originata da pretesa azionata dall'ente previdenziale a mezzo di cartella esattoriale, non solo per l'intrinseca natura del rapporto, ma anche perché l'art. 24 del d.lgs. 26 febbraio 1999 n. 46, sul riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, nell'estendere tale procedura anche ai contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali, espressamente prevede che il contribuente in presenza di richiesta di contributi previdenziali può proporre opposizione contro l'iscrizione a ruolo avanti al giudice del lavoro ed ha inoltre trovato successive conferme in SS.UU 6539/10 e 15168/10.

Per quanto concerne poi lo specifico profilo delle sanzioni, va richiamato anche quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 130/08 la quale ha, anche a tal fine, ricondotto il criterio discretivo del riparto di giurisdizione tra giudice tributario e giudice ordinario alla natura tributaria della pretesa alla quale accedono le sanzioni amministrative irrogate, con esclusione del criterio alternativo, di natura puramente soggettiva, dato dalla natura finanziaria dell'ufficio irrogante.

Ha stabilito il giudice delle leggi - con un disposto oggi anche normativamente recepito nella formulazione dell'art.2 cit. come risultante ex art.9 d.lgs. 156/15 - che: "è costituzionalmente illegittimo l'art. 2, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari, anche laddove esse conseguano alla violazione di disposizioni non aventi natura tributaria. Infatti la lettura che della disposizione censurata dà il diritto vivente attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative a sanzioni unicamente sulla base del mero criterio soggettivo costituito dalla natura finanziaria dell'organo competente ad irrogarle e, dunque, a prescindere dalla natura tributaria del rapporto cui tali sanzioni ineriscono. Pertanto detta disposizione si pone in contrasto con l'art. 102, secondo comma, e con la VI disposizione transitoria della Costituzione, risolvendosi nella creazione di un nuovo giudice speciale".

3. Venendo ora al secondo motivo di ricorso, avente anch'esso natura preliminare perché concernente la legittimazione passiva del concessionario, se ne riscontra l'accoglibilità nei termini che seguono.

Per quanto concerne i motivi di opposizione relativi al difetto di notificazione delle cartelle di pagamento e degli avvisi di mora - attività demandate dall'ente impositore al concessionario, investito della funzione di riscossione mediante ruolo, del quale la cartella di pagamento è espressione - non vi è dubbio che correttamente il giudizio sia stato dal contribuente radicato nei confronti di Equitalia.

Questa conclusione doveva però qui valere anche con riguardo al motivo di opposizione - pure rilevato dal giudice di merito - concernente l'asserita prescrizione della pretesa impositiva.

Con riguardo a quest'ultima, la legittimazione passiva dell'ente impositore non escludeva quella del concessionario, sul quale gravava l'onere di chiamare in giudizio l'ente predetto, ad evitare di rispondere direttamente dell'esito della lite; e ciò in una fattispecie nella quale non sussisteva per il giudice il dovere di disporre d'ufficio l'integrazione del contraddittorio, non essendo configurabile un litisconsorzio necessario (Cass. 10477/14; Cass. ord.1532/12 ed altre).

Non può dunque condividersi quanto statuito dal giudice di appello, secondo cui la mancata contestazione della prescrizione direttamente nei confronti dell'ente impositore avrebbe impedito qualsiasi possibilità di valutazione sul punto.

4. Fondato è anche il primo motivo di ricorso.

A fronte del motivo di opposizione costituito dalla irrituale notificazione delle cartelle di pagamento prodromiche all'iscrizione ipotecaria, la commissione tributaria regionale si è limitata ad osservare: "parimenti vanno rigettate le censure circa il difetto di notifica delle cartelle, non rilevando dall'esame degli atti, alla luce dell'affermata competenza giurisdizionale di questa commissione per le sole questioni di carattere tributario, la distinzione delle cartelle dalle altre di competenza dell'AGO. Le lagnanze, in tal senso, del contribuente appaiono generiche e non compiutamente provate".

Questa motivazione è in effetti lacunosa per almeno due ragioni: - la prima è data dal fatto che l'eccezione in oggetto era stata dal contribuente proposta nei confronti di tutte indistintamente le cartelle di pagamento poste a base dell'iscrizione ipotecaria, così da investire anche quelle cartelle che, avendo natura fiscale, certamente rientravano nella giurisdizione tributaria; con l'ulteriore conseguenza che l'indagine sulla contestata ritualità della notificazione doveva essere svolta dal giudice tributario limitatamente a queste ultime, ben individuabili tra le produzioni di causa; - la seconda è data dal fatto che fin dal primo grado di giudizio il contribuente aveva lamentato la mancata prova del perfezionamento della notificazione di tali cartelle, eseguita ex art. 140 cpc essendo egli risultato irreperibile al domicilio indicato mediante lettera raccomandata AR di comunicazione di avvenuto deposito casa comunale del plico non consegnato; con la conseguenza che non poteva la commissione tributaria regionale respingere il ricorso definendo semplicemente, e senza motivazione esplicativa alcuna con riguardo alle risultanze di causa, "generiche e non compiutamente provate" le doglianze in questione; tralasciando con ciò, tra l'altro, di considerare che, a fronte della contestazione di non aver mai ricevuto gli atti in questione, era semmai onere del concessionario provare l'avvenuta esecuzione di tutte le formalità notificatorie di legge.

Occorre dunque che la sentenza sia cassata in relazione ai due motivi accolti, con rinvio ad altra sezione della commissione tributaria regionale del Lazio la quale - stabilita la legittimazione passiva del concessionario per tutti i motivi di opposizione dedotti - dovrà prendere in esame la documentazione concernente l'avvenuta notificazione degli atti prodromici in oggetto (limitatamente a quelli portatori di un credito di natura tributaria), e verificare l'effettivo perfezionamento della notificazione ex articolo 140 cod. proc. civ., in base al carattere assoluto o relativo della irreperibilità del D.M., oltre che alle ricerche fatte in proposito. In ciò attenendosi al principio di diritto secondo cui: illegittima la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi (nella specie, cartella di pagamento) effettuata ai sensi dell'art. 60, primo comma, lett. e) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, laddove il messo notificatore abbia attestato la sola irreperibilità del destinatario nel comune ove è situato il domicilio fiscale del contribuente, senza ulteriore indicazione delle ricerche compiute per verificare che il trasferimento non sia un mero mutamento di indirizzo all'interno dello stesso comune, dovendosi procedere secondo le modalità di cui all'art. 140 cod. proc. civ. quando non risulti un'irreperibilità assoluta del notificato all'indirizzo conosciuto, la cui attestazione non può essere fornita dalla parte nel corso del giudizio" (Cass. Ordinanza n. 24260/14, ed altre in quest'ultima richiamate).

 

P.Q.M.

 

- Accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, respinto il terzo;

- cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della commissione tributaria regionale del Lazio.