Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 06 giugno 2016, n. 11556

Tributi - Agevolazioni fiscali "prima casa" - Caratteristiche di lusso dell’abitazione acquistata - Superficie utile complessiva superiore a 240 mq - Computo dei vani di altezza inferiore a quella prescritta ai fini dell’abitabitlità - Sussiste - Rilevanza dell’effettivo utilizzo dei locali

 

In fatto

 

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti di R. A. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo n. 511/05/2014, depositata in data 12/05/2014, con la quale - in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di liquidazione di maggiore imposta dovuta per effetto della revoca dell’agevolazione fiscale c.d. prima casa (IVA con aliquota del 10% in luogo del 4%), correlata all’acquisto di un immobile con atto registrato nel 2008, risultato, sulla base dei dati identificativi, indicati in una denuncia di accatastamento redatta dalla ditta costruttrice e nel rogito, di una superficie "utile" complessiva di "277 mq", superiore dunque a mq 240 - è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nel respingere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che l’immobile non era definibile come abitazione di lusso, in quanto avente una superficie complessiva di mq. 212, inferiore a mq. 240, dovendo escludersi dal calcolo della superficie dell’abitazione locali indicati come Fondaci al piano S2, lettera F, pari a mq. 56,40", valutati la denuncia di accatastamento "e le relative variazioni", nonché la comunicazione dell’Agenzia del Territorio dell’aprile 2012, in esito ad un sopraluogo disposto in loco, perché aventi "un’altezza inferiore ai vani abitativi".

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

La controricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

 

In diritto

 

1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con i primi due motivi, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., del disposto contenuto nel n. 21 della Tabella A, parte II, alleata al DPR 633/1972, in combinato con l’art. 1, nota II bis, della Tariffa, parte I, all.ta al Testo Unico dell’imposta di registro n. 131/1986, nel testo vigente ratione temporis, e dell’art. 6 del D.M. 2/08/1969, per avere i giudici della C.T.R. erroneamente interpretato ed applicato la normativa in questione sia con riguardo al concetto di superficie utile dell’immobile, ai fini della predetta agevolazione "prima casa", sia con riguardo al momento in cui rileva la sussistenza dei requisiti per godere dell’agevolazione in questione.

2. Le due censure, da esaminare congiuntamente, sono fondate, con assorbimento del terzo motivo.

A norma del D.P.R. n. 131 del 1986, tariffa 1, art. 1, nota 2 bis (con riguardo all’imposta di registro), il beneficio fiscale richiesto è connesso all'acquisto di case di abitazione prive delle caratteristiche di lusso, indicate dal D.M. 2 agosto 1969, in "Gazzetta Ufficiale" 218 del 27/08/1969; l’art. 6 di detto decreto include, tra altri tipi di abitazioni di lusso, le unità immobiliari "aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)", riconnettendo pertanto la caratteristica di immobile di lusso al dato quantitativo della superficie dell'immobile, con esclusione solo dei predetti ambienti.

La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, ai fini per cui è causa, non si applicano le normative edilizie o igienico - sanitarie (Cass. 12942/2013; 23591 del 2012; n. 10807 del 2012, n. 22279 del 2011; 25674/2013), in quanto gli unici locali da escludersi sono quelli espressamente indicati nella su riportata normativa; al riguardo, questa Corte ha precisato che "in tema di imposta di registro, ipotecarie o catastali, per stabilire se un'abitatone sia di lusso e, quindi, esclusa dai benefici per l’acquisto della prima casa ai sensi della tariffa 1, art. 1, nota II bis, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, la sua superficie utile - complessivamente superiore a mq. 240 - va calcolata alla stregua del d.m. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, n. 1072, che va determinata in quella che - dall'estensione globale riportata nell'atto di acquisto sottoposto all’imposta - residua, una volta detratta la superficie di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina, non potendo, invece, applicarsi i criteri di cui al d.m. Lavori Pubblici 10 maggio 1977, n. 801, richiamato dall’art. 51 della legge 2 febbraio 1985, n. 47, le cm previsioni, relative ad agevolazioni o benefici fiscali, non sono suscettibili di un'interpretazione che ne ampli la sfera applicativa" (Cass. 861/2014; Cass. 24469/2015).

Va poi ribadito, come già statuito da questa Corte, che principi di ragionevolezza ed equità contributiva impongono che, al fine di stabilire la spettanza delle agevolazioni tributarie di cui sopra, l'abitazione vada considerata "di lusso" o "non di lusso" con riferimento al momento dell'acquisto, e non a quello della sua costruzione o ristrutturazione successiva (vedi Cass. 1439/2016, che ha cassato la sentenza di appello proprio per avere escluso, dal calcolo della superficie utile, ai fini che qui interessano, "la soffitta e le cantine" solo "in quanto privi del requisito dell'abitabilità secondo il vigente Regolamento edilizio", senza procedere "alla necessaria valutatone in ordine alt effettiva destinazione di detti vani a soffitta e cantine al momento dell’acquisto"; (Cass. 21791/2012; in termini anche Cass. 22279/2011).

Pertanto il requisito dell’''utilizzabilità" degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituisce parametro idoneo ad esprimere il carattere "lussuoso" di una abitazione (cfr., tra le altre, Cass. n. 25674 del 15/11/2013, nella quale si è ritenuta legittima la revoca del beneficio ove, mediante un semplice intervento edilizio, potesse computarsi nella superficie "utile" anche un vano deposito di un immobile, in concreto non abitabile perché non conforme ai parametri aero-illuminanti previsti dal regolamento edilizio), assumendo rilievo - in coerenza con l'apprezzamento dello stesso mercato immobiliare - la marcata potenzialità abitativa dello stesso (cfr. anche Cass. 10807/2012; Cass. 22279/2011 e di recente, Cass.n. 9529/2015, la quale, alla luce dei superiori principi, ha statuito che, al fine di stabilire il carattere di lusso dell'immobile, anche l'ambiente strettamente adibito a cantina, ovvero a soffitta, costituisce comunque elemento da comprendete invece nel calcolo della superficie complessiva, da considerare come facente parte di "casa di lusso", allorquando, in concreto, esse siano strutturate in modo tale da essere abitabili, sì da perderne la tipica caratteristica).

E', altresì, principio espresso da questa Corte quello per cui, a fronte dell'irrilevanza del mero dato catastale, grava sul contribuente l'onere di provare, tramite idonea documentazione tecnica, che i vani in questione non erano utilizzabili a scopo abitativo (cfr. Cass. 21553/2011).

Ora, nella specie, la sentenza impugnata si è discostata da tali principi, da un lato, avendo dato rilievo, non alla "potenzialità abitativa" ovvero "all’utilizzabilità" dell’immobile e del locale indicato come "fondaco" in contestazione (posto al piano secondo seminterrato, dotato di "impianti, idrici, termici, elettrici e di gas e di un angolo cottura", come dedotto, anche in questa sede, dalla ricorrente Agenzia, con richiamo a quanto risultante dal verbale del sopralluogo, effettuato nel 2012 dall’Ufficio del Territorio, pagg.10-11 del ricorso, ed a quanto già dedotto nell’atto di appello, pagg.13-14 del ricorso), ma al solo dato dell'"altezza" (ed, in particolare, dell’altezza minima richiesta dal Regolamento comunale per "il soggiorno diurno",), parametro questo di per sé insufficiente, e, dall’altro, non avendo valutato la situazione esistente, in punto di effettiva destinazione dei vani in contestazione, al momento dell’atto di acquisto, unica determinante ai fini dell'agevolazione fiscale (dalla quale, peraltro, emergeva, oltre ad una diversa situazione catastale, una diversa altezza anche del fondaco in contestazione, variata "da 2,70 metri indicati nella planimetrici ai "2,60 metri riscontrati dai tecnici intervenuti nel 2012).

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento dei primi due motivi del ricorso, assorbito il terzo, va cassata la sentenza impugnata con rinvio, per nuovo esame, alla CTR dell’Abruzzo in diversa composizione.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie i primi due motivi del ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo in diversa composizione.