Giurisprudenza - CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza 05 aprile 2017, n. C-217/15 e C-350/15

«Rinvio pregiudiziale- Fiscalità- Imposta sul valore aggiunto- Direttiva 2006/112/CE- Articoli 2 e 273- Normativa nazionale che prevede una sanzione amministrativa ed una sanzione penale per gli stessi fatti, relativi all’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto- Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea- Articolo 50- Principio del ne bis in idem- Identità della persona imputata o sanzionata- Insussistenza»

 

Sentenza

1. Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e dell’articolo 4 del protocollo n.7 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»).

2. Tali domande sono state presentate nell’ambito di due procedimenti penali a carico, rispettivamente, del sig. M. O. e del sig. L. B., per reati che essi avrebbero commesso in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA).

 

Contesto normativo

La CEDU

3. L’articolo 4 del protocollo n.7 alla CEDU, intitolato «Diritto di non essere giudicato o punito due volte», così dispone:

«1. Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dai giudici dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge ed alla procedura penale di tale Stato.

2. Le disposizioni del paragrafo precedente non impediscono la riapertura del processo, conformemente alla legge ed alla procedura penale dello Stato interessato, se fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni o un vizio fondamentale nella procedura antecedente sono in grado di inficiare la sentenza intervenuta.

3. Non è autorizzata alcuna deroga al presente articolo ai sensi dell’articolo 15 della convenzione».

 

Diritto dell’Unione

4. L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU2006, L347, pag.1), determina le operazioni soggette all’IVA.

5. Ai sensi dell’articolo 273 di tale direttiva:

«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.

(...)».

 

Diritto italiano

6. L’articolo 13, paragrafo 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.471, Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell’articolo 3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n.662 (supplemento ordinario alla GURI n.5, dell’8 gennaio 1998), è così formulato:

«Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. (...)».

7. L’articolo 10 bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n.74, Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n.205 (GURI n.76, del 31 marzo 2000, pag.4; in prosieguo il «decreto legislativo n.74/2000»), così dispone:

«È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta».

8. L’articolo 10 ter di tale decreto, intitolato «Omesso versamento di IVA», prevede quanto segue:

«La disposizione di cui all’art.10 bis si applica, nei limiti ivi previsti, anche a chiunque non versa l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo».

 

Procedimento principale e questione pregiudiziale

9. Nei periodi di imposta di cui trattasi nei procedimenti principali, il sig.O. era il legale rappresentante della S.A. COM Servizi Ambiente e Commercio Srl ed il sig.B. era il legale rappresentante della E.M. Srl.

10. Il sig.O. ed il sig. B. sono imputati dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per il reato previsto e punito dall’articolo 10 ter del decreto legislativo n.74/2000, in combinato disposto con l’articolo 10bis del medesimo, con la motivazione che, nella loro qualità di legali rappresentanti di tali società, avrebbero omesso di versare entro i termini previsti dalla legge l’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale per i periodi di imposta di cui ai procedimenti principali. L’IVA non pagata ammonterebbe, in ciascun caso, a più di un milione di euro.

11. Tali procedimenti penali sono stati avviati dopo che l’Agenzia delle Entrate ha denunciato detti reati alla Procura della Repubblica. Nel corso dei procedimenti penali in parola, è stato effettuato un sequestro preventivo sia sui beni del sig.O. che su quelli del sig.B., sequestro nei confronti del quale entrambi hanno presentato una richiesta di riesame.

12. Prima dell’instaurazione di detti procedimenti penali, gli importi dell’IVA di cui ai procedimenti principali sono stati oggetto di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria, la quale, oltre a liquidare il debito tributario, ha anche irrogato una sanzione tributaria alla S.A. COM Servizi Ambiente e Commercio e alla E.M., nella misura del 30% dell’importo dovuto a titolo di IVA. In seguito ad una transazione vertente sugli accertamenti in parola, questi ultimi sono diventati definitivi, non essendo stati oggetto di impugnazione.

13. In tale contesto, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se ai sensi degli articoli 4 del protocollo n.7 alla CEDU e 50 della Carta, sia conforme al diritto dell’Unione la disposizione di cui all’articolo 10 ter del decreto legislativo n.74/2000 nella parte in cui consente di procedere alla valutazione della responsabilità penale di un soggetto il quale, per lo stesso fatto (omissione del versamento dell’IVA), sia già stato destinatario di un accertamento definitivo da parte dell’Amministrazione finanziaria dello Stato, con irrogazione di una sanzione amministrativa (...)».

 

Sulla questione pregiudiziale

14. Con la sua questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 50 della Carta e l’articolo 4 del protocollo n.7 alla CEDU debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente di avviare procedimenti penali per omesso versamento dell’IVA dopo l’irrogazione di una sanzione tributaria definitiva per i medesimi fatti.

15. Dato che il giudice del rinvio fa riferimento non soltanto all’articolo 50 della Carta, ma anche all’articolo 4 del protocollo n.7 alla CEDU, occorre ricordare che, anche se, come conferma l’articolo 6, paragrafo 3, TUE, i diritti fondamentali riconosciuti dalla CEDU fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali e anche se l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta prevede che i diritti in essa contemplati corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU hanno lo stesso significato e la stessa portata di quelli loro conferiti dalla suddetta convenzione, quest’ultima non costituisce, fintantoché l’Unione non vi abbia aderito, un atto giuridico formalmente integrato nell’ordinamento giuridico dell’Unione (sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 44, nonché del 15 febbraio 2016, N., C‑601/15PPU, EU:C:2016:84, punto 45 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, l’esame della questione sollevata deve essere condotto alla luce unicamente dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta (v., in tal senso, sentenze del 28 luglio 2016, Conseil des ministres, C‑543/14, EU:C:2016:605, punto 23 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 6 ottobre 2016, Paoletti ea., C‑218/15, EU:C:2016:748, punto 22).

16. Per quanto riguarda l’articolo 50 della Carta, occorre rilevare che le sanzioni tributarie ed i procedimenti penali aventi ad oggetto reati in materia di IVA e volti ad assicurare l’esatta riscossione di tale imposta e ad evitare le evasioni, come quelli di cui ai procedimenti principali, costituiscono un’attuazione degli articoli 2 e 273 della direttiva 2006/112, nonché dell’articolo 325 TFUE e, quindi, del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta (v., in tal senso, sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C‑617/10, EU:C:2013:105, punti da 24 a 27, nonché dell’8 settembre 2015, Taricco ea., C‑105/14, EU:C:2015:555, punti 49, 52 e 53). Pertanto, le disposizioni di diritto nazionale che disciplinano procedimenti penali aventi ad oggetto reati in materia di IVA, come quelli di cui ai procedimenti principali, rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 50 della Carta.

17. L’applicazione del principio del ne bis in idem sancito dall’articolo 50 della Carta presuppone in primo luogo, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 32 delle sue conclusioni, che sia la stessa persona ad essere oggetto delle sanzioni o dei procedimenti penali di cui trattasi.

18. Infatti, dalla formulazione stessa di tale articolo, secondo la quale «[n]essuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge», deriva che esso vieta di perseguire o sanzionare penalmente una stessa persona più di una volta per uno stesso reato.

19. Tale interpretazione dell’articolo 50 della Carta è confermata dalle spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU2007, C303, pag.17), che devono essere prese in considerazione per l’interpretazione della stessa (v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 20). Per quanto riguarda tale articolo, le spiegazioni in parola si riferiscono alla giurisprudenza della Corte relativa al principio del ne bis in idem, quale riconosciuto come principio generale del diritto dell’Unione prima dell’entrata in vigore della Carta. Secondo tale giurisprudenza, detto principio non può, in ogni caso, essere violato se non è la stessa persona ad essere stata sanzionata più di una volta per uno stesso comportamento illecito (v., in tal senso, in particolare, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland ea./Commissione, C‑204/00P, C‑205/00P, C‑211/00P, C‑213/00P, C‑217/00P e C‑219/00P, EU:C:2004:6, punto 338, nonché del 18 dicembre 2008, Coop de France bétail et viande ea./Commissione, C‑101/07P e C‑110/07P, EU:C:2008:741, punto 127).

20. La Corte ha confermato detta giurisprudenza successivamente all’entrata in vigore della Carta (v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 34).

21. Nel caso di specie, dalle informazioni contenute nelle ordinanze di rinvio, confermate tanto da alcuni elementi del fascicolo di cui dispone la Corte, quanto dal governo italiano nell’udienza dinanzi a quest’ultima, risulta che le sanzioni tributarie di cui ai procedimenti principali sono state inflitte a due società dotate di personalità giuridica, ossia la S.A. COM Servizi Ambiente e Commercio e la E.M., mentre i procedimenti penali di cui trattasi riguardano il sig.O. ed il sig.B., che sono persone fisiche.

22. Risulta pertanto, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 36 delle sue conclusioni, che, nei due procedimenti penali in discussione, la sanzione tributaria ed i procedimenti penali riguardano persone distinte, ossia, nella causa C‑217/15, la S.A. COM Servizi Ambiente e Commercio, oggetto di una sanzione tributaria, ed il sig.O., nei confronti del quale è stato avviato un procedimento penale, e, nella causa C‑350/15, la E.M., cui è stata inflitta una sanzione tributaria, ed il sig.B., oggetto di un procedimento penale, cosicché sembra mancare la condizione per l’applicazione del principio del ne bis in idem secondo la quale la stessa persona deve essere oggetto delle sanzioni e dei procedimenti in questione, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare.

23,. A tale riguardo, il fatto che il sig.O. ed il sig.B. siano perseguiti penalmente per fatti commessi in qualità di legali rappresentanti delle società che sono state oggetto di sanzioni tributarie non è idoneo a rimettere in discussione la conclusione di cui al punto precedente.

24. Infine, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, nella misura in cui l’articolo 50 della medesima contiene un diritto corrispondente a quello previsto all’articolo 4 del protocollo n.7 alla CEDU, occorre garantire che la predetta interpretazione dell’articolo 50 della Carta non sia in contrasto con il livello di tutela garantito dalla CEDU (v., per analogia, sentenza del 15 febbraio 2016, N., C‑601/15PPU, EU:C:2016:84, punto 77).

25. Ebbene, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, il fatto di infliggere sia sanzioni tributarie che sanzioni penali non costituisce una violazione dell’articolo 4 del protocollo n.7 alla CEDU, qualora le sanzioni di cui trattasi riguardino persone, fisiche o giuridiche, giuridicamente distinte (Corte EDU, 20 maggio 2014, Pirttimäki c. Finlandia, CE:ECHR:2014:0520JUD00353211, §51).

26. Poiché manca, nell’ambito dei procedimenti principali, la condizione secondo la quale la stessa persona deve essere oggetto delle sanzioni e dei procedimenti in discussione, non occorre esaminare le altre condizioni per l’applicazione dell’articolo 50 della Carta.

27. Pertanto, si deve rispondere alla questione posta dichiarando che l’articolo 50 della Carta deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente di avviare procedimenti penali per omesso versamento dell’IVA dopo l’irrogazione di una sanzione tributaria definitiva per i medesimi fatti, qualora tale sanzione sia stata inflitta ad una società dotata di personalità giuridica, mentre detti procedimenti penali sono stati avviati nei confronti di una persona fisica.

 

Sulle spese

28. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

P.Q.M.

 

Dichiara:

L’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente di avviare procedimenti penali per omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto dopo l’irrogazione di una sanzione tributaria definitiva per i medesimi fatti, qualora tale sanzione sia stata inflitta ad una società dotata di personalità giuridica, mentre detti procedimenti penali sono stati avviati nei confronti di una persona fisica.