Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 ottobre 2016, n. 20781

Dichiarazioni IRPEG ed IRAP - Indebita fruizione dei benefici previsti dalla l. 383/01 - Recupero a tassazione

 

Ritenuto in fatto

 

1. In data 12 e 19.7.2005 l'ufficio di Modena dell'Agenzia delle Entrate faceva notificare alla B.& C. s.r.l. un avviso di accertamento e un atto di contestazione con cui, recependo le risultanze di una pregressa verifica fiscale, rettificava, tra l'altro, le dichiarazioni IRPEG ed IRAP della contribuente per gli anni 2001 e 2002, recuperando a tassazione costi connessi all'indebita fruizione dei benefici previsti dalla l. 383/01 ed irrogando le corrispondenti sanzioni.

Opposti vittoriosamente in primo grado, gli atti di cui sopra erano fatti oggetto di riesame da parte della CTR Emilia Romagna che, con la sentenza in atti, rigettato previamente l’eccepito difetto di motivazione dei medesimi (gli atti sono regolarmente motivati alla luce "del richiamo al processo verbale di constatazione effettuato per relationem": l'ufficio "non aveva alcun obbligo giuridico di motivare nel particolare la non accettazione delle giustificazioni" di parte), pronunciandosi nel merito, ha accolto l'appello dell'ufficio in merito ai rilievi rubricati ai nn. 1, 2 e 8, atteso che la mancanza di un contratto "non consente di stabilire con esattezza il momento di conclusione dei lavori"; ai nn. 6 e 7, atteso che i lavori "erano stati effettuati prima" del rilascio dei necessari provvedimenti amministrativi ed, in specie, del provvedimento di sanatoria; e al n. 9, atteso che la richiesta di agibilità era stata presentata "oltre il periodo nel quale era possibile fruire dell'agevolazione di cui alla legge Tremonti bis". La CTR ha invece respinto il gravame in relazione ai rilievi rubricati al n. 4, posto che la presentazione delle fatture con le annotazioni ivi contenute supera "la semplice motivazione del rilievo basata esclusivamente sulla genericità della descrizione delle opere", e al n. 5, risultando insufficientemente dimostrato che i lavori "fossero di manutenzione ordinaria".

Avverso detta sentenza ricorre ora la B. sulla base di tre motivi su plurime censure ed illustrati pure con memoria ex art. 378 c.p.c., ai quali resiste l'erario con controricorso e ricorso incidentale affidato a due motivi.

 

Considerato in diritto

 

2. Va dichiarata ex officio l'inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del MEF, per difetto di legittimazione passiva della parte resistente, non avendo assunto l’amministrazione statale la posizione di parte processuale nel giudizio di appello (SS.UU. 3118/06; 3116/06).

In difetto di difese svolte dal MEF non occorre disporre sulle spese di lite.

3.1. Con il primo motivo del ricorso principale la B. si duole per gli effetti dell’art. 360, comma primo, n. 3 del l’errore di diritto in cui sarebbe incorsa la CTR nell’applicazione degli artt. 7 e 12 l. 212/00, 3 l. 241/90 e 42 D.P.R. 600/73, poiché, contrariamente all’assunto del decidente, posto che la motivazione dell'atto impositivo alla stregua delle richiamate disposizioni "deve contenere i presupposti di fatto e di diritto" che hanno indotto l'amministrazione alla sua assunzione, nella specie la motivazione degli atti impugnati "rinvia esclusivamente per relationem alle conclusioni a cui sono giunti i verificatori" ed "omette in parte di valutare ed in parte motiva genericamente" in ordine alle produzioni e alle deduzioni difensive della parte.

3.2. Il motivo - che non incorre nelle pregiudiziali di inammissibilità opposte dall’amministrazione intimata, vero che il quesito, cui il ricorso va soggetto per ragioni di tempo, articolato qui su più interrogativi, pone distinte questioni giuridiche e che la questione era già stata vagliata dal giudice d'appello (cfr. p. 4 della sentenza impugnata) - è tuttavia infondato, risultando invero infondate entrambe le argomentazioni che lo sorreggono.

La Corte ha già osservato in replica ad esse, esprimendo un indirizzo a cui il collegio intende dare continuità, che "in tema di provvedimento amministrativo di imposizione tributaria, la motivazione che rinvii alle conclusioni contenute in atti redatti nell’esercizio dei poteri di tributaria, già noti al contribuente, non è illegittima, indicando semplicemente che l'Ufficio procedente ha inteso realizzare un’economia di scrittura, la quale non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio" (4523/12) e che "in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, è valido l'avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni presentate dal contribuente ai sensi dell'art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, atteso che la nullità consegue solo alle irregolarità per cui essa sia espressamente prevista dalla legge, oppure, in difetto di previsione, allorché ricorra una lesione di specifici diritti o garanzie tali da impedire la produzione di effetti da parte dell’atto cui ineriscono" (3583/16).

Nessun rilievo è dunque formulabile in parte qua all’impugnato pronunciamento del giudice territoriale che ha rettamente regolato la vicenda al suo esame secundum ius.

4.1. Il secondo motivo del ricorso principale allegala mente dell'art. 360, comma primo, nn. 3 e 5, vizio di violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 4 l. 383/01, 75 Tuir, 2729 c.c. e 7 l. 212/00 e di omessa e carente motivazione poiché per la sinteticità con la quale il giudice d'appello ha affermato che non sussiste alcun obbligo motivazionale dell'amministrazione in ordine alle deduzioni difensive della parte, "la sentenza gravata deve ritenersi illegittima per omessa o carente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio" e per inosservanza sia "delle norme speciali che disciplinano la fattispecie in esame sia delle norme generali relative al potere/dovere del giudice di valutazione delle prove" e relative al dovere di motivazione, atteso, quanto ai rilievi 1, 2 e 8 che i documenti prodotti "sono elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, idonei ad integrare la prova per presunzioni dell'esecuzione dell'appalto" e che le dichiarazioni dei terzi attestanti gli intervenuti pagamenti "dovevano essere valutate dal giudice quali elementi indiziari" rilevanti e quanto al rilievo 9 "la motivazione dell'avviso di accertamento in ordine a tale rilievo è arbitraria e destituita di ogni fondamento".

4.2. Il motivo risulta inammissibile quanto ai lamentati errori di diritto perché, soggiacendo la vicenda in giudizio, come già ricordato, ratione temporis al regime dei quesiti di cui all’art. 366-bis c.p.c., nella specie la loro formulazione - che non incorre nel divieto dei quesiti cumulativi per le ragioni già enunciate a commento dell’analoga eccezione sollevata con riguardo al primo motivo - sostanziandosi tuttavia nella mera richiesta di un parere giuridico, urta contro il dictum delle SS.UU. 28536/08 a tenore del quale "è inammissibile per violazione dell’art. 366 "bis" cod. proc. civ., il ricorso per cassazione nel quale l'illustrazione dei singoli motivi sia accompagnata dalla formulazione di un quesito di diritto che si risolve in una tautologia o in un interrogativo circolare, che già presuppone la risposta ovvero la cui risposta non consenta di risolvere il caso sub indice".

4.3. Il motivo è invece fondato laddove addebita alla sentenza impugnata un vizio motivazionale.

Premesso che secondo il diritto vivente il vizio di omessa o insufficiente motivazione è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, nella specie il ragionamento decisorio sviluppato dal giudice territoriale nella sentenza impugnata risulta riguardo alle riprese operate con i rilievi 1, 2, 8 e 9 dell'avviso di accertamento affetto da un’obiettiva lacunosità motivazionale.

Invero, quanto ai primi tre rilievi, pur prendendo atto delle allegazioni difensive della parte, debitamente accompagnate da conformi produzioni documentali, la CTR si limita a stilare un giudizio di insufficienza probatoria ("non possono costituire elementi sufficientemente comprovanti ...") circa la loro idoneità a dare contezza della ripartizione dei pagamenti in SAL che resta colpevolmente ai margini di una valutazione compiutamente meditata delle risultanze al suo esame, astenendosi in particolare dal chiarire le ragioni per le quali la documentazione esibita dalla parte, pur ad onta del fatto che essa non avrebbe dovuto essere carente di indicazioni temporali (si pensi in particolare ai documenti di trasporto), non fosse sotto questo specifico profilo probatoriamente significativa.

Analoghe considerazioni vanno svolte anche con riferimento all'ultimo rilievo, essendosi riguardo ad esso il giudice territoriale espresso in termini non dissimili, limitando invero il proprio giudizio solo all'apprezzamento di talune risultanze documentali, ancorché tra esse figurasse pure la relazione dell'ing. B.T., direttore dei lavori, che per le ragioni ivi esposte - che la parte riproduce ai fini dell'autosufficienza del ricorso nell’esposizione del motivo - avrebbero dovuto suggerire uno sforzo motivazionale più congruo prima di concludere che il rilievo trovava conferma nelle dichiarazioni di agibilità.

5.1. Con il terzo motivo del ricorso principale la B. allega ex art. 360, comma primo, n. 3 violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 49 e 50 D.P.R. 380/01, poiché, contrariamente alla statuizione d'appello in merito ai rilievi 6 e 7, i lavori in relazione ai quali era stata disconosciuta l'agevolazione "erano stati realizzati in presenza di provvedimento di autorizzazione ed in assenza di D.I.A" e che il permesso in sanatoria, per poter produrre automaticamente la cessazione degli effetti di revoca delle agevolazioni non "deve essere ottenuto prima che l'autorità competente rilevi l'abuso commesso".

5.2. Il motivo - che non incorre nelle opposte preclusioni sollevate dall'intimata amministrazione per quanto si è già innanzi osservato - è fondato.

Sebbene i conformi precedenti di questa Corte (11402/95; 489/95; 4761/89) siano antecedenti all'entrata in vigore delle disposizioni recate dal D.P.R. 380/01 portante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Tue) il dettato dell'art. 50, comma 4, Tue rende manifesto l'errore di giudizio in cui è incorso il giudice d’appello.

Invero contrariamente a quanto da esso statuito la norma, in guisa della quale è previsto che "il rilascio del permesso in sanatoria, per le opere o le parti di opere abusivamente realizzate, produce automaticamente, qualora ricorrano tutti i requisiti previsti dalle vigenti disposizioni agevolative, la cessazione degli effetti dei provvedimenti di revoca o di decadenza previsti dall’articolo 49", rende incongrua l'applicazione che di essa è stata fatta dal decidente statuendo che gli effetti salvifici della sanatoria operino solo nel caso in cui, in presenza di opere edilizie realizzate in assenza di titolo o in contrasto con esso, la sanatoria venga rilasciata "prima che l'autorità competente rilevi l'abuso commesso". Al contrario, come pure conferma la giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata, fermo altresì che la lettura effettuata dalla CTR è frutto di un'evidente interpolazione del testo normativo, dal momento che la norma non condiziona gli effetti del provvedimento di sanatoria a seconda del tempo in cui l'illecito è accertato, la piana esegesi di essa assicura invece che sia bastevole il rilascio del detto provvedimento affinché le agevolazioni siano ripristinate e vieppiù che tale effetto si produca indipendentemente dalla circostanza che l’abuso sia stato o meno accertato dall’autorità competente. Va da sé infatti che se il rilascio dalla sanatoria presuppone la consumazione di un abuso e se il suo conseguimento comporta il ripristino delle agevolazioni ai sensi dell'art. 50, comma 4, Tue, il momento in cui l’illecito è accertato è del tutto inifluente ai fini in parola, potendo essa essere richiesta a mente dell'art. 36, comma 1, Tue sino a che non vengano irrogate le sanzioni di cui all'art. 37, comma 1, Tue e, quindi, a rigore anche in caso dell’autorità competente.

L'opposta decisione della CTR in parte qua va dunque doverosamente cassata.

6.1. Con il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale l'Agenzia delle Entrate deduce ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c. vizio di insufficiente motivazione in relazione al capo della impugnata decisione afferente al rilievo 4, vero che la CTR ha omesso di precisare da quali atti sia possibile "desumere la descrizione analitica dei costi" e "l'effettivo contenuto", per quali ragioni le caratteristiche di straordinarietà di essi possano essere adeguatamente riscontrabili "senza ricorrere a particolari accertamenti tecnici" e perché le indicazioni contenute nelle fatture "si prestino a vincere le presunzioni erariali" (primo motivo); e al rilievo 5, vero che la CTR non ha considerato la definitivà del rilievo non essendo esso stato "impugnato dalla società contribuente con il proprio ricorso principale avanti alla CTP" e vero ancora che ha omesso di precisare le ragioni dalle quali dovrebbe desumersi che la motivazione delle pretese erariale sia "inadeguata" (secondo motivo).

6.2. Entrambi i motivi meritano accoglimento.

Ricordato qui quanto già si è avuto occasione di precisare circa la configurabilità del denunciato vizio, va nella specie effettivamente rilevato che le argomentazioni spese dal giudice territoriale per disattendere i rilievi oggetto di censura risultano affette da un sensibile tasso di apoditticità che ne compromette la concludenza motivazionale e rende conseguentemente lacunoso il ragionamento decisorio che su di esse si impernia.

Invero quanto al rilievo 4, il giudizio esposto dal decidente non va oltre una generica affermazione di principio in ordine alla straordinarietà dei lavori oggetto di ripresa, in particolare ancora una volta restando ai margini di un apprezzamento che non esplicita, oltre alla fonte di tale convincimento non indicandosi segnatamente dove detti lavori risulterebbero "analiticamente descritti", anche le ragioni per cui la natura di essi sarebbe "riscontrabile obiettivamente con un'ispezione anche non prettamente tecnica" e sarebbe parimenti verificabile sulla base dei "materiali impiegati".

Non diversamente, anche il ragionamento riguardo al rilievo 5 si espone a considerazioni analoghe, se non addirittura più nette, risolvendosi esso, a ben vedere, in una vacua petizione di principio ("non è stato sufficientemente dimostrato dall’ufficio che i lavori di revisione della copertura in eternit e di sistemazione delle aiuole esistenti fossero di manutenzione ordinaria") che non soddisfa l’ufficio motivazionale, in quanto si astiene dall'indicare quali ragioni abbiano presieduto all'adozione del pronunciamento censurato.

7. Conclusivamente vanno dunque accolti, rigettato il primo motivo, il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale nei limiti ut supra ed entrambi i motivi del ricorso incidentale.

8. La sentenza impugnata va perciò debitamente cassata nei limiti dei motivi accolti e la causa andrà perciò rinviata al giudice territoriale per il doveroso riesame a mente dell'art. 383, comma primo, c.p.c.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero delle Finanze e compensa le spese; rigetta il primo motivo del ricorso principale ed accoglie nei limiti di cui in motivazione il secondo ed il terzo motivo di detto ricorso; accoglie il ricorso incidentale; cassa l'impugnata sentenza e rinvia la causa avanti alla CTR Emilia-Romagna che in altra composizione provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.