Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 09 febbraio 2018, n. 3166

Società consortile - Costituzione successiva alla concessione in appalto dell’esecuzione di opere - Irregolare emissione di fatture - Ribaltamento costi sulle consorziate

 

Premesso

 

- che l'Agenzia delle entrate ricorre per cassazione, sulla base di quattro motivi, cui non ha replicato l'intimata, avverso la sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l'appello proposto dalla Z. società consortile a r.l., in amministrazione straordinaria, avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso proposto dalla predetta società avverso l'avviso di rettifica della dichiarazione IVA relativa all'anno di imposta 1997, emesso dall'amministrazione finanziaria a seguito di verifica fiscale compendiata in apposito processo verbale di constatazione da cui era emerso che la predetta società consortile, per espletare i compiti connessi all'organizzazione comune delle imprese consorziate per l'esecuzione dell'appalto a queste affidato dalla A.R. s.p.a. per l'esecuzione del primo modulo di ampliamento dell'aerostazione nazionale di Fiumicino, aveva erroneamente emesso nei confronti delle imprese consorziate, per il ribaltamento pro quota dei costi sostenuti, fatture senza addebito di IVA, e quindi erroneamente estendo anche a tali addebiti di costi l'esenzione prevista dall'art. 9, comma 6, d.P.R. n. 633 del 1972 per «i servizi prestati ne[gli] aeroporti [...] che riflettono direttamente il funzionamento e la manutenzione degli impianti»;

- che i giudici di appello hanno sostenuto che la società consortile non assume la posizione di appaltatore, che resta in capo alle imprese socie riunite, cosicché le spese affrontate dal consorzio costituiscono spese proprie delle consorziate, a queste da riaddebitare attraverso il meccanismo del ribaltamento pro quota; che la presenza di una società consortile costituita nelle forme di società di capitali, non determina alcuna modificazione nella titolarità dei rapporti con il committente, così che restano imputabili alle singole imprese consorziate i corrispettivi pagati dalla committente ed al consorzio le spese sostenute per l'esecuzione unitaria dei lavori; che le prestazioni consortili rientravano pienamente nell'esenzione IVA di cui all'art. 9, comma 1, n. 6, d.P.R. n. 633 del 1972 e, quindi, come le fatture attive (emesse dalle singole imprese consorziate alla società committente), anche le operazioni di riaddebito dei costi dal consorzio alle consorziate dovevano considerarsi non imponibili; che la differenza tra fatture attive (relative ai corrispettivi dell'appalto) non imponibili e fatture passive (relative ai costi sostenuti dal consorzio) assoggettate ad IVA, creava un'eccedenza per il consorzio - da richiedere a rimborso o da portare in detrazione - invariabile, sia se «consolidata in capo all'unico soggetto Conzorzio», sia se «riaddebitata pro quota alle singole imprese consorziate»;

 

Considerato

 

- che con il primo motivo l'Agenzia delle entrate deduce la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, sostenendo che i giudici di appello avrebbero, da un lato, «escluso un'autonoma soggettività passiva, ai fini IVA, della società consortile» affermando che la società consortile «non assume la posizione di appaltatore [...] con la conseguenza che, dal punto di vista tributario, le operazioni e i costi della società consortile sono direttamente riferibili alle società consorziate» e, dall'altro, affermato esattamente il contrario e dichiarato che la stessa ha un «obbligo di riaddebito alle società consorziate dei costi e delle spese sostenute per l'esecuzione unitaria dei lavori», cosicché, anche per avere affermato che la società consortile poteva portare a rimborso o in detrazione l'eccedenza di IVA passiva (formatasi tra le fatture attive non imponibili e quelle passive per i costi sostenuti, invece imponibili) e che comunque tale «eccedenza di IVA passiva, a credito o detraibile» era una «invariante» e che «il risultato cumulativo non può che rimanere assolutamente lo stesso», doveva ritenersi «oggettivamente, impossibile comprendere» se la CTR ha accolto l'appello della società contribuente non solo per aver ritenuto applicabile il regime agevolativo di cui all'art. 9, comma 1, n. 6, d.P.R. n. 633 del 1972 anche ai rapporti tra le società consorziate e la consortile, ma anche in ragione dell'inesistenza di un'autonoma soggettività passiva ai fini IVA delle società consortili;

- che il motivo è inammissibile in quanto le argomentazioni svolte nella censura, come pure il momento di sintesi formulato in ossequio al disposto di cui all'art. 366 bis cod. proc. civ., applicabile al caso di specie, non sono congruenti con le ragioni addotte dai giudici di appello che, lungi dall'escludere l'insussistenza in assoluto di una soggettività passiva in capo alla società consortile, hanno sostanzialmente distinto, con motivazionale niente affatto contraddittoria, tra le spese sostenute dalla società consortile, costituenti costi propri di quest'ultima, da riaddebitare alle consorziate con il meccanismo del ribaltamento pro quota, ed i proventi dell'appalto dell'opera pubblica, costituenti, invece, i ricavi delle società consorziate, a queste direttamente imputabili, «la presenza di una società consortile costituita nelle forme di società di capitali, non determinando alcuna modificazione nella titolarità dei rapporti con il committente»;

- che anche il secondo motivo, con cui la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 53 d.lgs. n. 546 del 1992 e 342 cod. proc. civ. «nell'eventualità che la CTR abbia riformato la decisione di primo grado, in base ad una pretesa carenza di soggettività passiva della società consortile», è inammissibile per difetto interesse, «il quale deve tendere alla cancellazione di statuizioni della sentenza impugnata e non a sciogliere dubbi o a risolvere ipotesi che il ricorrente ritenga di formulare» (Cass. n. 7394 del 2008);

- che con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 2615-ter cod. civ., 26 d.lgs. n. 406 del 1991 (ora art. 96 d.P.R. n. 554 del 1999), 1, 3 e 4, d.P.R. n. 633 del 1972, e 2, 4 e 6 della Direttiva 77/388/CEE del 17/05/1977 (ora artt. 2, 9 e 24 della Direttiva 2006/112/CEE del 28/11/2006), chiedendo, nel quesito conclusivo, se violi le disposizioni censurate «la sentenza della CTR che [...] annulli l'avviso affermando che le società consortili sarebbero prive di autonoma soggettività passiva ai fini IVA, con conseguente diretta imputazione ai consorziati tanto dei ricavi, quanto dei costi necessari per l'esecuzione dell'appalto»;

- che il motivo è inammissibile per le medesime ragioni esposte esaminando il primo motivo;

- che è infondato il quarto motivo di ricorso con cui la ricorrente deduce la violazione degli artt. 2615-ter cod. civ., 26 d.lgs. n. 406 del 1991 (ora art. 96 d.P.R. n. 554 del 1999) e 9, comma 1, n. 6, d.P.R. n. 633 del 1972, chiedendo a questa Corte, nel quesito che lo conclude, di dire se violi le disposizioni censurate «la sentenza della CTR che [...] annulli l'avviso affermando che essendo le fatture attive emesse dalle imprese consorziate nei confronti dell'ente appaltante non imponibili ai sensi del citato art. 9, co. 1, nr. 6, anche la società consortile doveva ritenersi legittimata a non applicare l'IVA sugli importi fatturati alle imprese consorziate»;

- che dalla verifica fiscale effettuata nei confronti della società consortile a r.l. Z., costituita dalle consorziate F.S. s.p.a., D.F.C. s.r.l. e L.A. s.p.a., compendiata in apposito processo verbale di constatazione, emergeva che la predetta società consortile, costituita successivamente alla concessione in appalto da parte della s.p.a. A.R. alle società consorziate dell'esecuzione del «1° modulo di ampliamento dell'aerostazione nazionale dell'Aeroporto di Fiumicino», eseguiva le prestazioni previste dal predetto contratto di appalto provvedendo quindi a ribaltare i costi, in parti uguali, sulle consorziate, emettendo fatture non imponibili, alla stessa stregua di quelle che emettevano le società consorziate-appalttarici sulle fatture che a loro volta emettevano nei confronti dell'ente appaltante ai sensi dell'art. 9, comma 1, n. 6, d.P.R. n. 633 del 1972, che esclude a determinate condizioni (nella specie tutte sussistenti e, comunque, non contestate) l'imponibilità dei servizi prestati negli aeroporti;

- che la pretesa fiscale, pertanto, si fonda sul rilievo che la società consortile avrebbe illegittimamente fatturato le prestazioni rese alle imprese consorziate avvalendosi del medesimo regime di agevolazione che, secondo la tesi di parte ricorrente, sarebbe invece applicabile esclusivamente al rapporto tra società consorziate ed ente appaltante, non estensibile al ribaltamento dei costi sostenuti dalla società consortile nei confronti delle singole società consorziate: tale tesi poggia prevalentemente su alcuni precedenti di prassi, tra cui, in particolare, la risoluzione dell'Agenzia delle entrate n. 355/E del 14/11/2002, in cui, proprio con riferimento ad un'operazione non imponibile ai fini IVA (in quel caso prevista dall'art. 9, primo comma, punto 6, del D.P.R. n. 633/1972 per opere di manutenzione portuale), l'Agenzia sosteneva che «ai fini di un corretto inquadramento del trattamento IVA relativo al "ribaltamento" degli oneri, dal consorzio ai consorziati, si fa presente che la stessa operazione di riaddebito dei costi ed i conseguenti adempimenti di natura contabile consentono di identificare, nel consorzio medesimo ed in ciascuna delle imprese consorziate, dei differenti centri di imputazione di interessi giuridici ed economici, aventi distinti obblighi di rendicontazione ed autonome soggettività tributarie», con la conseguenza che il beneficio fiscale, «in assenza di una specifica previsione normativa che lo consenta, non può essere autonomamente esteso dalle operazioni considerate come agevolabili per espressa disposizione legislativa, oggetto del rapporto di appalto tra l'ente e le imprese appaltatrici, alle operazioni effettuate nei confronti di queste ultime da parte del consorzio»;

- che la tesi non è condivisibile; invero, questa Corte ha affermato, proprio con riferimento ad un caso analogo, il principio secondo cui «una società consortile costituita nelle forme di società di capitale per l'esecuzione di un appalto di opere pubbliche, ai sensi dell'art. 23 bis I. 8 agosto 1977, n. 584 e succ. mod. non assume la posizione di appaltatore, che resta puntualizzata sulle imprese socie riunite, ma il più modesto rilievo di una struttura operativa al servizio di tali imprese, con la conseguenza che, dal punto di vista tributario, le operazioni e i costi della società consortile sono direttamente riferibili alle società consociate: ne deriva che per le imprese socie costituiscono costi propri le spese affrontate per mezzo del consorzio, le quali, quindi, possono essere ad esse riaddebitate attraverso il principio del cosiddetto ribaltamento dei costi o riaddebito» (cfr. Cass. n. 16410 del 2008); Sostenendo l'irrilevanza dell'accertamento della natura giuridica del rapporto intercorrente tra società consortile e imprese socie, in quanto la controversia ineriva esclusivamente i rapporti tra società consortile ed imprese socie (e non, invece, l'accertamento di una qualche responsabilità patrimoniale delle imprese socie per i rapporti obbligatori della società consortile con i terzi), nella predetta sentenza si è precisato che «l'operazione riaddebito (o ribaltamento), invero, costituisce, propriamente l’adempimento dell'obbligo nascente dalla regolamentazione dei rapporti interni e che trova la sua fonte giuridica ed il suo fondamento nel contratto costitutivo della società consortile, assunto nello stesso da ciascuna impresa socia nei confronti della società, oltre che nei rapporti reciproci tra imprese socie, di fornire (come sostiene la stessa ricorrente) alla società consortile le risorse finanziarie necessarie per l'esecuzione dei lavori» e che «a fini fiscali (unici che interessano la fattispecie), assume rilevanza solo la natura, propriamente "strumentale" della società consortile, già evidenziata da questa sezione con la sentenza n. 13582 depositata il 2 novembre 2001 (indirettamente confermata, "dal punto di vista tributario", anche dalla citata decisione n. 18113 del 2003): "la presenza di una società (consortile o no) costituita nelle forme di una società di capitali (e, come tale, soggetto passivo d'imposta ai fini IRPEG: D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87) non esclude necessariamente la riferibilità alle singole società socie delle attività poste in essere per il suo tramite; in materia di esecuzione di appalti di opere pubbliche si prevede, infatti, che più imprese riunite in associazione temporanea possano costituire tra loro una società "anche consortile" per l'esecuzione unitaria, totale o parziale, dei lavori, precisando che detta società "subentra, senza che ciò costituisca, ad alcun effetto, subappalto o cessione di contratto e senza necessità di autorizzazione o di approvazione, nell'esecuzione totale o parziale del contratto", lasciando ferma la responsabilità solidale delle imprese riunite nei confronti del committente (L. 8 agosto 1977, n. 584, art. 23 bis, aggiunto dalla L. 8 ottobre 1984, n. 687, art. 12, il cui contenuto è stato successivamente assorbito dal D.Lgs. 19 dicembre 1991, n. 406, art. 26, e dal D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, art. 96, attualmente in vigore), le inequivoche espressioni usate dal legislatore ("la società subentra ... nell'esecuzione ... del contratto", "senza che ciò costituisca ad alcun effetto subappalto o cessione di contratto") stanno ad indicare che tale "subentro" non determina alcuna modificazione nella titolarità dei rapporti con il committente; la società, pertanto, non assume la posizione di appaltatore, che resta puntualizzata sulle imprese riunite, ma il più modesto rilievo di una struttura operativa al servizio di tali imprese"» deve, pertanto, concludersi che i costi della società consortile «costituiscono costi propri delle consorziate quali spese affrontate dalle stesse consorziate per mezzo del consorzio» e «la società consortile, nei rapporti interni, è sempre e soltanto uno strumento operativo ma le sue operazioni, nei confronti del fisco, sono operazioni proprie delle consociate che la hanno costituita»;

- che ad analoga conclusione, seppur in fattispecie speculare a quella in esame e a quella esaminata dalla pronuncia sopra richiamata, è pervenuta questa Corte con la sentenza n. 15330 del 2014, in cui si è affermato il principio secondo cui le agevolazioni fiscali (nella specie, l'esenzione IVA in favore dei danneggiati da eventi sismici, di cui all'art. 5 d.l. n. 799 del 1980, convertito in legge n. 875 del 1980) vanno riconosciute «a prescindere dalla qualificazione giuridica del rapporto tra consorzio e imprese consorziate e dalla doppia fatturazione, in favore dell'impresa consorziata esecutrice dei lavori, in quanto tutti i diritti, gli obblighi, gli oneri e le responsabilità dell'operazione sono riconducibili a quest'ultima, sebbene parte del contratto di appalto sia il consorzio, la cui funzione, tuttavia, è meramente strumentale e di servizio»; in tale pronuncia la Corte ha precisato che, seppur sia vero «che il rapporto consortile interno è stato per lo più declinato in termini di mandato senza rappresentanza ex art. 1705 cod. civ., in quanto caratterizzato dalla assunzione diretta, da parte del mandatario, del vincolo negoziale nei confronti dei terzi, con esclusione di un rapporto diretto fra questi e il mandante, salvo l'obbligo interno del primo di ritrasferire al mandante i corrispondenti diritti (Cass., sent. n. 24014 del 2013, n. 14780 del 2011 e n. 10590 del 2009)», è anche vero «che il regime di responsabilità contemplato dall'art. 2615 cod. civ. [...] deroga al principio contenuto nell'art. 1705 cod. civ. (che prevede la responsabilità personale del mandatario entrato in rapporto col terzo), tanto che le concrete pattuizioni del negozio consortile registrano spesso [...] l'assunzione di ogni responsabilità in capo all'impresa consorziata», ribadendo che le operazioni che compie il consorzio sono, nei confronti del fisco, operazioni proprie delle consociate che l'hanno costituita e che il consorzio nei rapporti interni è solo uno strumento operativo che adempie ai relativi obblighi mediante l'operazione c.d. di "riaddebito" o "ribaltamento", sulle società consorziate, secondo i criteri di legge (specie quanto all'inerenza) o quelli legittimamente fissati dallo statuto (se non elusivi della causa consortile e delle relative norme fiscali)»;

- che ad identiche conclusioni è pervenuta questa Corte nelle sentenze n. 18436, n. 18437, n. 18438 e n. 18439 del 2017, in cui si è osservato che «dalle considerazioni che precedono discende che i costi della società consortile costituiscono costi propri delle consorziate quali spese affrontate dalle stesse consorziate per mezzo del consorzio (cfr. Cass. n. 16410 cit.) e che, pertanto, la doppia fatturazione (nella specie, dal consorzio alle consorziate e da queste all'ente appaltante), formalmente imposta dall'art. 3, comma 3, ultima parte, del d.P.R. n. 633 del 1972, secondo cui "Le prestazioni di servizi rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei rapporti tra il mandante e il mandatario", deve essere assoggettata allo stesso regime fiscale, la tesi opposta confliggendo con principi di ragionevolezza e con la natura stessa del consorzio, quando operante in regime di mutualità pura, ovvero come organismo di servizio meramente neutrale nell'attività di impresa dei consorziati, senza intenti lucrativi propri. Tale conclusione non è, peraltro, estranea alla stessa prassi amministrativa che - sia pure nel diverso ambito del reverse charge (inversione contabile) - nella circolare n. 19/E del 4 aprile 2007, a rettifica e chiarimento delle problematiche suscitate dalla precedente circolare n. 37/E del 29 dicembre 2006, ha chiarito che nelle ipotesi in cui nella esecuzione dei lavori (nella fattispecie trattavasi di lavori edili) intervengano organismi di natura associativa, occorre tener conto dell'assetto funzionale degli stessi e, pertanto, "in virtù della funzione propria dell'organizzazione consortile, le prestazioni rese dai consorziati al consorzio assumano la medesima valenza delle prestazioni rese dal consorzio ai terzi, in analogia con quanto previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 3, con riferimento al mandato senza rappresentanza", ma che è lo stesso a dirsi nell'ipotesi inversa; ciò aggiungasi l'ulteriore considerazione, rinvenibile in Cass. n. 15330/2014 cit.), secondo cui "volendo poi fare un parallelismo con il diverso piano delle esenzioni, la problematica in esame evoca il principio di accessorietà di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 12 in quanto l'attività del Consorzio consiste sostanzialmente in prestazioni "intermedie" o accessorie alla prestazione di servizi principale (l'esecuzione delle opere, pacificamente agevolata), le quali sono effettuate per conto e a spese dell'impresa consorziata esecutrice dei lavori (cfr. Ris. A.E. n. 230/E del 2002, che richiama l'orientamento della giurisprudenza comunitaria di cui a C. Giust. CE, 11 gennaio 2001, C-76/99, per cui la prestazione resa da terzi in una fase intermedia ad una prestazione esente può essere ritenuta accessoria - e quindi a sua volta esente - a condizione che le due prestazioni formino un insieme indistinto, considerato nella globalità del servizio finale; condizione che appunto ricorre anche nel caso di specie)" il precipitato argomentativo che discende dalle considerazioni che precedono non può che essere, quindi, quello secondo cui il principio di equivalenza dei rapporti giuridici tra imprese consorziate e società consortile e tra queste e l'ente appaltante impone l'unitarietà del regime fiscale della doppia fatturazione, con conseguente trasferibilità dell'agevolazione tributaria nell'ambito del meccanismo del qd. ribaltamento, per cui il regime fiscale della fattura originaria non può che essere il medesimo della fattura emessa nei confronti dei consorziati»;

- che, pertanto, deve ritenersi agevolmente superata la diversa tesi sostenuta da questa Corte nella sentenza n. 3556 del 2010, pronunciata tra le stesse parti (ma con riferimento al diniego del rimborso dell'IVA sugli acquisti effettuati nell'anno di imposta 1998 per l'esecuzione delle medesime opere che vengono qui in rilievo, ma in quel caso fatturate in esenzione di Iva a ciascuna delle imprese consorziate), secondo cui l'esenzione non spetterebbe perché pur ricorrendo il presupposto oggettivo (realizzazione di operazioni non imponibili perché riferite a lavori eseguiti in ambito aeroportuale), non ricorrerebbe «quello soggettivo della esenzione, giacché le prestazioni di cui trattasi sono state rese dal Consorzio non al committente di quei lavori, ma alle imprese consorziate»;

- che, in estrema sintesi, vanno dichiarati inammissibili il primo, secondo e terzo motivo di ricorso e va rigettato il quarto, e le spese vanno integralmente compensate tra le parti in ragione dell'evoluzione giurisprudenziale in materia;

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibili il primo, secondo e terzo motivo di ricorso e rigetta il quarto, compensando le spese.