Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 febbraio 2018, n. 3060

Tributi - Accertamento - Riscossione - Processo verbale di costatazione - Contenzioso tributario

Rilevato che

Con sentenza in data 19 novembre 2015 la Commissione tributaria regionale della Sardegna accoglieva l'appello principale proposto dalla V. srl avverso la sentenza n. 199/6/10 della Commissione tributaria provinciale di Cagliari che ne aveva respinto il ricorso contro gli avvisi di accertamento IRAP, IRES, IVA 2003-2004. La CTR osservava in particolare che trattandosi di atti impositivi esitati in seguito ad un accesso presso la società contribuente, se ne doveva affermare in via pregiudiziale ed assorbente di merito l'illegittimità in quanto non preceduto dal rilascio del processo verbale di constatazione con decorso del termine dilatorio di 60 giorni, come previsto dall'art. 12, comma 7, legge 212/2000.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l'Agenzia delle entrate deducendo due motivi.

Resiste con controricorso la società contribuente.

 

Considerato che

 

Con il primo motivo —ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. l'agenzia fiscale ricorrente lamenta la violazione di plurime disposizioni legislative e dei principi rivenienti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE, poiché la CTR ha affermato l'illegittimità degli avvisi di accertamento impugnati erroneamente qualificandoli come derivanti da attività di verifica fiscale in senso stretto e proprio, mentre si trattava di accertamenti c.d. "a tavolino".

Con il secondo motivo —ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.- la ricorrente si duole dell'omesso esame di un fatto decisivo controverso, poiché la CFR non ha considerato le ragioni di fatto per le quali gli atti impositivi de quibus dovevano considerarsi frutto di un' attività istruttoria meramente interna e non derivante da un accesso presso la società contribuente.

Le censure, da esaminarsi congiuntamente per stretta connessione, sono infondate.

Va ribadito che:

-«La garanzia di cui all'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000 n. 212 si applica a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione nei locali dell'impresa, ivi compresi gli atti di accesso istantanei finalizzati all'acquisizione di documentazione, in quanto la citata disposizione non prevede alcuna distinzione ed è, comunque, necessario redigere un verbale di chiusura delle operazioni anche in quest'ultimo caso, come prescrive l'art. 52, sesto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633» (Sez. 5, Sentenza n. 15624 del 09/07/2014, Rv. 631980 - 01);

-«In materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'art. 52 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, impone la redazione del processo verbale di chiusura delle operazioni in ogni caso di accesso o ispezione nei locali dell'impresa, ivi compresi gli atti di accesso finalizzati alla raccolta di documentazione, e solo dal rilascio di copia del predetto verbale decorre il termine di sessanta giorni trascorso il quale può essere emesso l'avviso di accertamento ai sensi dell'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212» (Sez. 5, Sentenza n. 7843 del 17/04/2015, Rv. 635300 - 01).

Nel caso di specie risulta correttamente e compiutamente accertato in fatto dal giudice tributario di appello che gli atti impositivi impugnati sono stati preceduti anche da un accesso presso la società contribuente, specificamente finalizzato alla richiesta di documentazione.

Ne consegue che la sentenza impugnata ha quindi fatto piena e corretta applicazione dei principi di diritto espressi nei citati arresti giurisprudenziali; che dunque il giudice tributario di appello non ha in alcun modo violato le disposizioni legislative evocate, anche come interpretate nella giurisprudenza di questa Corte e della Corte di giustizia UE -'' né ha omesso di esaminare le ragioni di fatto addotte dall'agenzia fiscale a sostegno della propria diversa qualificazione dell'attività istruttoria prodromica all'emissione degli atti impositivi medesimi.

Va peraltro soggiunto specificamente in ordine alla distinzione che si fa nel ricorso tra le due annualità fiscali ai fini del rispetto o meno del termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, legge 212/2000, che tale argomento difensivo della ricorrente non ha rilievo giuridico, poiché nel caso di specie risulta violato l'obbligo di redazione e consegna del PVC previsto dalla disposizione statutaria de qua, sicché deve affermarsi come mai iniziata la stessa decorrenza del termine in questione.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l'art. 13 comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Sez. 6 - L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714 — 01).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna l'agenzia fiscale ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.600 oltre euro 200 per esborsi, 15% per contributo spese generali ed accessori di legge.