Giurisprudenza - CORTE DI APPELLO CATANZARO - Ordinanza 07 giugno 2016

Fallimento e procedure concorsuali - Procedimento per la dichiarazione di fallimento - Notificazione del ricorso e del decreto di convocazione del debitore e dei creditori istanti - Modalità di esecuzione della notifica dell'atto che non si sia potuto consegnare né tramite posta elettronica certificata né presso la sede della società debitrice (in specie, s.r.l.) - Deposito dell'atto presso la casa comunale della sede risultante dal registro delle imprese e perfezionamento della notifica nel momento del deposito stesso - Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 15, comma terzo, come sostituito dall'art. 17, comma 1, lett. a), del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.

 

Premesso in fatto

 

 Il 18 dicembre 2014 O.A. e C.A. hanno prodotto ricorso per la dichiarazione di fallimento della T.I. Srl in liquidazione, deducendo di vantare un credito di € 46.894,33, oltre rivalutazione interessi e spese, giusta emessa dal Tribunale di Catanzaro, provvisoria mente esecutiva; la procedura ha preso il n. 209/2014 del R.P.F. del Tribunale di Catanzaro.

 Il giudice delegato dal Tribunale, con provvedimento del 22 dicembre 2014, ha fissato l'udienza di comparizione del debitore per il giorno 17 febbraio 2015, ore 9,30. Il decreto, regolarmente trasmesso tramite PEC al creditore istante, non è stato comunicato al debitore: l'attestazione della notificazione effettuata dalla cancelleria in via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante dal registro della imprese indica l'esito negativo della notificazione, senza ulteriori specificazioni.

 Di tanto veniva data comunicazione al creditore istante, il quale ha provveduto richiedere la notifica di persona tramite Ufficiale giudiziario; anche tale tentativo sì è risolto in un'omessa notifica, poiché all'indirizzo presso il quale, secondo il registro delle imprese, avrebbe dovuto trovarsi la sede della società, la sede non v'era più, risultando, per come asserito nella relata dell'Ufficiale giudiziario, «trasferita altrove». E' dunque seguito, in data 23 gennaio 2015, il deposito dell'atto presso la casa comunale del luogo, senza che risulti il suo ritiro da parte del destinatario.

 Espletata l'istruttoria prefallimentare nell'assenza del debitore, ed acquisite informazioni tramite la Guardia di Finanza, il Tribunale di Catanzaro, con sentenza depositata il 24 luglio 2015, ha dichiarato il fallimento della T.I. Srl in liquidazione, in primo luogo ritenendo la regolarità della notifica, comprovata anche dal rilascio di procura ad un legale perché prendesse visione degli atti. La sentenza impugnata ha affermato inoltre nel merito la fallibità della società destinata ria della relativa istanza, la ricorrenza del presupposto di cui all'ultimo comma dell'art. 15 l.f. quanto all'importo dei debiti scaduti, e la condizione di insolvenza.

 La società ha prodotto reclamo preliminarmente contestando la validità della notifica, rimarcando come incomprensibile il fatto che la comunicazione inviata via PEC del ricorso per dichiarazione di fallimento e pedissequo decreto di comparizione avesse visto esito negativo, mentre a quello stesso indirizzo era regolarmente avvenuta la notifica della sentenza di fallimento.

 Riteneva pertanto che fosse stata omessa la notifica a mezzo PEC prevista dall'art. 15 l.f., con ciò determinandosi la nullità ed irregolarità di tutto il procedimento notificatorio seguito. A tanto non si era dato rimedio, benché Toto Vitaliano, nella sua qualità, avendo ricevuto la convocazione per essere sentito dalla Guardia di Finanza, avesse dato incarico ad un legale di accertarsi della situazione, e questi avesse fatto presente oralmente la nullità della notifica effettuata.

 Il reclamante ha contestato inoltre i singoli elementi da cui il Tribunale ha desunto lo stato di insolvenza, rilevando che trattandosi di società in liquidazione dovesse unicamente farsi riferimento al raffronto tra elementi attivi ed elementi passivi, e dalla stessa sentenza si evinceva la prevalenza dei primi sui secondi. La curatela del fallimento ed i creditori istanti si sono costituiti sottolineando, in rito, di aver osservato tutti gli incombenti richiesti dall'art. 15 l.f. e, nel merito, la condizione di insolvenza della società. Concesso il richiesto termine per la produzione di note, la causa è stata posta in decisione all'udienza dell'11 novembre 2015.

 

In diritto

 

 Va rilevato che questa Corte, con pregressa ordinanza del 1° aprile 2015 resa nel procedimento n. 1375/2014 RGAC, ha già ritenuto fondato il rilievo di legittimità costituzionale, in quella sede sollevato dalla parte, e che qui si solleva d'ufficio, sulla modalità della notifica del ricorso introduttivo e del decreto di convocazione del debitore.

 Non osta al rilievo della questione la circostanza che il reclamante deduca solo la (ritenuta) omessa notifica a mezzo PEC della notifica, che nella specie emerge dall'attestazione della cancelleria (valida fine a querela di falso), né il fatto che egli riconosca di aver avuto, in via di fatto, notizia della procedura in itinere.

 Il procedimento nella specie seguito, come del resto quello già oggetto di precedente esame della Corte, risulta invero del tutto conforme a quello previsto dal comma 3, dell'art. 15, del regio decreto n. 267/1942, a tenore del quale «il ricorso ed il decreto devono essere notificati a cura della cancelleria all'indirizzo di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese e dei professionisti. L'esito della comunicazione è trasmesso, con modalità automatica, all'indirizzo di posta elettronica certificata del ricorrente. Quando, per qualsiasi ragione, la notificazione non risulta possibile o non ha esito positivo, la notifica, a cura del ricorrente, del ricorso e del decreto si esegue esclusivamente di persona a norma dell'art. 107, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959 n. 1229 presso la sede risultante dal registro delle imprese.

Quando la notificazione non può essere compiuta con queste modalità, si esegue con il deposito dell'atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso. L'udienza è fissata non oltre quarantacinque giorni dal deposito del ricorso e tra la data della comunicazione o notificazione e quella dell'udienza deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni». Il testo è quello innovato dal decreto-legge 18 ottobre 2012 n. 179, convertito con modifiche nella legge 17 dicembre 2012 n. 221, applicabile dal 1° gennaio 2013 e quindi al caso in disamina.

 Reiterando le argomentazioni spese in quell'ordinanza, che sono esattamente sovrapponibili al caso in esame, va detto che l'iter notificatorio prevede delle modalità in ordine sequenziale, da applicarsi secondo la progressione imposta dalla norma; in primis deve effettuarsi, a cura della cancelleria, In notifica a mezzo PEC, fallita la quale è la parte a dover provvedere, solo «di persona» presso la sede risultante dal registro delle imprese; ove anche tale modalità fallisca; la notifica «si esegue con il deposito dell'atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso».

 Ritiene il collegio che tale disposizione si ponga in contrasto con l'art. 3 e 24 della Costituzione: quanto all'art. 3 perché essa costituisce un'irragionevole ed immotivata disparità di trattamento rispetto alle modalità richieste dall'art. 145 del codice procedura civile per la notifica alle persone giuridiche (e forse, anche se non è questo il caso in disamina, anche all'art. 140 del codice procedura civile per quel che investe la notifica alle persone fisiche), in specie per il caso di mancato reperimento nel luogo indicato dalla legge; quanto all'art. 24 perché, nel prevedere modalità di notifica che non comportano neanche astrattamente la conoscibilità della pendenza della procedura, ledono il diritto di difesa del soggetto che ne è parte.

 Mette conto di ricordare che la modalità di notifica tostè indicata si rivolge sia alle imprese esercitate in forma individuale che a quelle esercitate in forma societaria; essa registra significative deviazioni con riguardo all'ipotesi di mancato reperimento del notificato, posto che, com'è ovvio, nessuna censura può porsi al procedimento in esame ove esso risulti perfezionato con le modalità previste dalla norma nel suo ordine preferenziale, ossia con l'utile invio presso l'indirizzo di posta certificata o con la notifica effettuata solo di persona dall'Ufficiale giudiziario (e dunque non per posta, e, a seconda dei casi, col sistema previsto per le persone fisiche e/o per le persone giuridiche).

Deve segnalarsi che l'inciso contenuto nella norma - secondo il quale deve passarsi alla notifica tradizionale quando la notifica a mezzo per «non risulta possibile o non ha esito positivo» «per qualsiasi ragione» - sembra rimandare al solo dato oggettivo della mancata ricezione, senza indagare se ciò possa essere addebitatine a fatto del mittente o a fatto del destinatario. Sotto tale profilo, la norma non sembra investire addebiti di sorta nella mancata notifica, limitandosi a registrare il dato della sua omissione; diversamente, ad esempio nell'ipotesi che la mancanza sia addebitatine al notificato, si sarebbe dovuto escludere il passaggio alle forme successive, invece previste quando, «per qualsiasi ragione», si debba ritenere di trovarsi di fronte ad una notifica omessa. Ciò d'altronde risponde alla previsione di cui all'art. 16 del decreto ministeriale n. 44/2011 (emanato in attuazione del decreto legislativo n. 82/2005 e della legge n. 24/2010), nel testo modificato dal decreto ministeriale n. 209/2012, secondo il quale «la comunicazione per via telematica si intende perfezionata nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata destinatario e produce gli effetti dì cui agli articoli 45 e 48 del codice dell'amministrazione digitale». In tal senso la disposizione risulta interpretata sia da giurisprudenza di merito (e sul punto Cass. Sez. lav. 2 luglio 2014 n. 15070 e 20 maggio 2013 n. 12205, nonché Corte d'appello Bologna 30 maggio 2014), tutte comprovanti la sufficienza, sia pure con diverse modalità in relazione ai diversi regimi temporali, ai fini del verificarsi della notifica, della formazione della ricevuta di consegna all'indirizzo, restando del tutto indifferente l'effettiva lettura di quanto trasmesso.

 Nell'assetto attuale dunque, e vieppiù in forza di quanto la stessa norma suggerisce con quella dizione «a chiusura», ogni ragione che determini il mancato perfezionamento della notifica equivale ad omessa notifica ed esige il passaggio alla forma successiva, quella della notifica a mezzo dell'Ufficiale giudiziario «di persona».

 Il richiamo alla notifica «di persona» di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1929/1959 pone subito un primo problema di compatibilità tra la nuova disciplina e la disposizione di cui all'art. 140 del codice procedura civile, nel caso in cui si parli di impresa individuale, ossia di notifica ad una persona fisica, sia pure, de iure, solo nella sede della impresa che questa eserciti; l'Ufficiale giudiziario dovrà limitarsi, nei casi di mancata consegna nelle ipotesi ivi previste, al mero deposito dell'atto o dovrà predisporre il corredo di incombenti previsti nell'art. 140 del codice di procedura civile, (affissione alla porta dell'ufficio ed invio della raccomandata con l'avviso di avvenuto deposito; incombenti sui quali à intervenuta, proprio in favor del notificato ed a garanzia dell'effettività della conoscenza, la sentenza della Consulta n. 3/2010)?. In questo caso, tuttavia, si può forse ipotizzare la possibilità di una interpretazione della norma costituzionalmente orientata, e dunque ritenete che, col richiamo alla notifica «di persona», la norma voglia operare un richiamo anche agli incombenti di cui all'art. 140 del codice di procedura civile. E' vero che ciò sembra togliere senso alla innovazione dell'art. 15 l.f., in specie nella parte in cui dispone che alla notifica basta il deposito preso la casa comunale; tuttavia occorre considerare che la disposizione, che si pone certamente come speciale rispetto a quelle delle notifiche ordinarie previste dal codice, contiene in sé entrambi i riferimenti (uno testuale ed uno col metodo del rinvio), sì che essi si pongono sullo stesso piano di validità, non risultando in posizione di reciproca deroga.

All'interprete è perciò possibile ritenere, anche al fine di dirimere il possibile contrasto tra il rinvio all'art. 140 del codice di procedura civile e la dichiarata sufficienza del deposito, che la interpretazione, consentita dal testo e dal sistema dei principi sulle notifiche, possa essere quella già segnata dalle sentenza della Consulta (si ribadisce, sempre con riguardo ai soli incombenti a garanzia), individuando così il «deposito» testualmente previsto come una parte del più ampio procedimento previsto col richiamo indiretto (tramite l'art. 107 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1229/59) all'art. 140 del codice di procedura civile.

Non si può negare che il problema esista anche con riferimento alla deroga operante rispetto ai luoghi di notifica, poiché qui il testo della legge preclude qualsiasi diversa interpretazione, richiamando sì le modalità dell'art. 107, decreto del Presidente della Repubblica n. 1229/59 ma limitandone l'espletamento solo presso la sede sociale risultante dal registro delle imprese. Se tale luogo, in presenza di una crisi dell'impresa, o come nel caso, di impresa in liquidazione, può risultare chiuso (come sovente capita di verificare nei procedimenti che sopraggiungono all'esame di questa Corte), tuttavia un temperamento è dato dalla sequela degli atti - affissione, deposito ed invio della raccomandata - sebbene resti l'interrogativo sul perché una simile modalità non possa e non debba esplicarsi anche in altri luoghi, fatto che ex se non sembra comportare particolari aggravi. Il richiamo alla sede dell'impresa non rende applicabile (o almeno non sembra che renda applicabile) agli imprenditori individuali la modalità di cui all'art. 143 del codice di procedura civile, posto che vi è un luogo conosciuto ed ex lege deputato alla notifica (fatto che esclude i presupposti di operatività della notifica agli irreperibili) presso il quale operare, in ipotesi, la notifica ex art. 140 del codice di procedura civile.

 Nessuno spiraglio interpretativo è invece possibile per le disposizioni dell'art. 15 l.f. che riguardano le notifiche alle persone giuridiche e per le quali, invece, è da escludere che il richiamo coinvolga l'art. 140 del codice di procedura civile.

Sono in proposito principi consolidati quelli secondo cui: a tenore dell'art. 145 del codice di procedura civile, la notifica alle società sì considera adempiuta con la consegna dell'atto alla stessa presso la sede legale o, «in mancanza», con la consegna alla persona fisica che la rappresenta, sempre che il nominativo, la qualità e la residenza di questa siano indicati, nell'atto stesso; «è valida la notifica di un atto ad una persona giuridica presso la sede a mezzo del servizio postale, non essendovi alcuna previsione di legge ostativa al riguardo, purché mediante consegna a persone abilitate a ricevere il piego, mentre, in assenza di tali persone, deve escludersi la possibilità del deposito dell'atto e dei conseguenti avvisi presso l'ufficio postale; l'art. 145 del codice di procedura civile, infatti, non consente la notifica alle società con le modalità previste dagli articoli 140 e 143 del codice di procedura civile, e, quindi, con gli avvisi di deposito di cui all'art. 8 legge 20 novembre 1982 n. 890, che costituiscono modalità equivalenti alla notificazione ex art. 140 del codice di procedura civile, essendo questa riservata esclusivamente al legale rappresentante» (Cassazione civile, sez. VI, 13 settembre 2011, n. 18782; conformi, tra le altre, Cass. civ. 21 aprile 2009 n. 9447 e 7 giugno 2012 n. 9237). Nel caso, invece, si ammette che la notifica avvenga anche in assenza di consegna dell'atto e che si compia col solo deposito presso la casa comunale, ossia con forme che ricalcano quelle dell'art. 140 del codice di procedura civile epurato di tutte le garanzie poste ai fini della conoscenza/conoscibilità dell'atto.

 La duplice previsione derogatoria - della esecuzione della notifica di persona presso a sede e del suo perfezionamento, quando tale modalità non sia fruttuosa, solo col deposito dell'atto - si risolve in una deroga alla diposizione di cui all'art. 115 del codice di procedura civile, introducendo una disparità di trattamento tra le notifiche «ordinarie» e quelle del processo fallimentare che, a parere del collegio, non appare né ragionevole né motivata, a ciò non bastando l'urgenza cui la procedura è improntata, e che già giustifica sia la drastica riduzione di termini a difesa, sia la disposizione di cui al 5° comma dell'art. 15 l.f. (in forza della quale, in presenza di particolari ragioni di urgenza, il presidente del Tribunale può disporre che decreto e ricorso vengano portati a conoscenza delle parti «con ogni mezzo idoneo», «omessa ogni formalità non indispensabile alla conoscibilità degli stessi»). E' peraltro una disparità di trattamento che va in direzione esattamente opposta a quella sancita da ripetuti insegnamenti della Consulta, intesi a rafforzare le garanzie sulla instaurazione del contraddittorio e sul conseguente diritto di difesa della parte; il mero deposito dell'atto presso la casa comunale non costituisce un mezzo idoneo a rendere conoscibile l'atto al suo destinatario, mancando qualsiasi altra cautela diretta a rendere edotto il notificato, cautela peraltro già ampiamente prevista e codificata in altri, e non differenti, casi.

 Nel caso degli imprenditori collettivi - per il quale, all'interno dell'art. 15 l.f., il richiamo all'art. 140 del codice di procedura civile non è previsto, né è ipotizzabile in forza dell'ambito applicativo di tale norma, come offerta anche dal giudice di legittimità - non può pertanto operarsi alcuna interpretazione costituzionalmente orientata, attesa la portata speciale della norma, in forza della quale la notifica dell'istanza diretta alla dichiarazione di fallimento è validamente eseguita, quando presso la sede non possa effettuarsene la consegna, solo col deposito dell'atto presso la casa comunale, senza che possa farsi luogo ad applicazione analogica degli incombenti di cui all'art. 140 del codice di procedura civile, inapplicabile alla notifica alle società. Una tale interpretazione, totalmente additiva, è preclusa sia dalla specialità del procedimento che dal testo della disposizione, ed è comunque contraria a tutti i principi sopra richiamati, che già hanno ritenuto inapplicabile alle persone giuridiche il procedimento notificatorio dell'art. 140 del codice di procedura civile, testualmente negato dall'art. 145 del codice di procedura civile proprio perché inidoneo al suo scopo nei confronti di soggetti diversi dalle persone fisiche.

 V'è da dire che il problema non resta superato dalla possibilità di eseguire la notifica anche nei confronti della persona fisica legale rappresentante. Anche tralasciando di considerare i dubbi sulla possibilità di un'interpretazione costituzionalmente orientata (su cui il lume della Corte sarebbe indispensabile proprio per evitare le diversità di orientamenti che già si registrano) con riguardo all'applicabilità delle relative norme del codice di procedura, va detto che intanto il luogo della notifica è solo la sede dell'impresa - ossia un luogo reso già problematico proprio dalla crisi della stessa e comunque lo stesso luogo nel quale già non e andata a buon fine la notifica alla società - e, in secondo luogo, che la norma non prevede affatto (come invece fa l'art. 145 del codice di procedura civile) la necessità della notifica alla persona fisica in difetto di quella alla società, poiché questa e invece ritualmente attuata dal deposito presso la casa comunale.

 In altre parole, la regolarità del procedimento notificatorio alla società resta consumata dal solo deposito dell'atto presso la casa comunale, senza alcuna necessità di dare conto e notizia di tale incombente, e ciò esclude che debba procedersi alla notifica alla persona fisica del legale rappresentante. Per contro, come detto, l'art. 145 del codice di procedura civile nega validità alla notifica che non sia stata consegnata nella sede della società, imponendo, nel caso di impossibilità (che equivale a mancanza della notifica), la notifica alla persona fisica legale rappresentante, cui si lega tutto il corredo della garanzie di cui all'art. 140 del codice di procedura civile (e della sua forma omologa nel caso di notifica postale), nel caso di specie del tutto mancanti e non sostituite da modalità che rispondano all'esigenza di rendere quanto meno conoscibile l'atto.

 Nemmeno può dirsi, almeno a parere di questo collegio, che il procedimento di cui all'art. 15 l.f. legittimamente introduca, con riferimento alle imprese persone giuridiche, una forma di notifica ad irreperibile, ossia una forma analoga a quella dell'art 143 del codice civile, cui farebbe pensare la sufficienza del deposito dell'atto. La ratio di tale norma è quella di consentire l'avveramento della notifica nel caso in cui non si disponga di notizie su persone e luoghi utili al fine; in questo caso, invece, si omette di considerare che intanto il luogo è conosciuto (la sede dell'impresa), sicché del tutto irragionevole torna a presentarsi una modalità che: a) non è conferente rispetto alla situazione cui si applica (nell'art. 143 del codice di procedura civile il mero deposito dell'atto è motivato dall'inesistenza di luoghi e/o persone cui rimettere il e relativo avviso); b) si limita alla sola sede dell'impresa nel contempo escludendo sia l'ultimo comma dell'art. 115 del codice di procedura civile, sia la sequela di attività previste dall'art. 140 del codice di procedura civile. Anche in tal caso, dunque, torna ad evidenziarsi; almeno a parere di questa Corte, il duplice profilo della irragionevole disparità di trattamento e della lesione al diritto di difesa, connessa al vulnus del contraddittorio derivante da modalità inidonee alla conoscibilità dell'atto.

 Ciò dà conto della non manifesta infondatezza della questione, per la ritenuta contrarietà della norma ai principi posti negli articoli 3 e 24 della Costituzione.

 La questione che va sottoposta alla Corte appare inoltre rilevante ai fini della decisione, sebbene la rilevanza sia qui circoscritta all'ipotesi della notifica alla persona giuridica; è evidente che nel caso di accoglimento della prospettata contrarietà alle norme costituzionali, il procedimento dovrebbe essere restituito al primo giudice o deciso con l'annullamento tout court della sentenza (a seconda che l'ipotesi si prospetti come nullità, o, come sembra più plausibile, come inesistenza della notificazione), mentre in caso diverso dovrebbe essere correttamente instaurato il contraddittorio, con conseguente esame del merito del reclamo.

 

P.Q.M.

 

 Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953 n. 87;

 Dichiara non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento della T.I. Srl in liquidazione, proposto da Toto Vitaliano, nella qualità, e pertanto solleva la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 15, comma 3, regio decreto n. 267/1942, con riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui, creando un'irragionevole disparità di trattamento rispetto alle norme ed ai principi in tema di notifiche alle persone giuridiche, dichiara eseguita la notifica dell'atto che non si sia potuto consegnare presso la sede della società col solo deposito presso la casa comunale, incombente inidoneo alla conoscibilità dell'atto;

 Dispone che a cura della Cancelleria vengano trasmessi gli atti alla Cancelleria della Corte costituzionale;

 Dispone che a cura della Cancelleria questa ordinanza sia notificata alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri, e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati;

 Dispone la sospensione del presente giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento n. 22/2015 del Tribunale di Catanzaro.

 

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Provvedimento pubblicato nella G.U. del 14 dicembre 2016, n. 50