Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 ottobre 2017, n. 23138

Tributi - Credito d’imposta - Atto di recupero a seguito di indagini penali per operazioni fittizie - Decadenza - Proroga biennale del termine - Art. 10, della Legge n. 289/2002 - Applicazione

 

Fatti di causa

 

1. Con atto 14/2006 l'Agenzia delle Entrate di Monza procedeva al recupero del credito di imposta indebitamente utilizzato negli anni 1999 e 2000 dalla M.A.S. S.p.A. (ora MAS s.r.l. in liquidazione). L'atto traeva origine dalla segnalazione della Guardia di Finanza - Comando Nucleo Regionale Polizia Tributaria della Lombardia - del 18 giugno 2001, emessa a seguito dello svolgimento di indagini penali relative ad una serie di operazioni finanziarie e societarie risultate fittizie.

2. L'atto di recupero veniva impugnato dalla società dinanzi alla C.T.P. di Milano, che respingeva il ricorso (salvo la correzione dell'errore materiale inerente la somma oggetto di recupero).

3. L'appello proposto dalla contribuente veniva accolto dalla C.T.R. della Lombardia. Rilevava il giudice di appello che all'atto impositivo non era stata allegata la segnalazione della Guardia di Finanza, né la stessa era stata notificata alla contribuente, con i relativi allegati, con conseguente violazione dell'art. 7 stat. contrib. Riteneva, inoltre, fondata l'eccezione di decadenza dell'Ufficio dal potere di adottare l'atto di recupero, sul rilievo che la proroga biennale prevista dall'art. 10 della I. n. 289/2002 dei termini per l'accertamento trovasse applicazione solo agli accertamenti previsti dagli artt. 43 d.P.R. n. 600/73 e 56 d.P.R. n. 633/72.

4. Avverso tale sentenza l'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

5. Resiste con controricorso Mario Terenzio, in qualità di ex socio della M.A.S. s.r.l. in liquidazione, cancellata in data 11.1.2011 dal registro delle imprese.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso, l'Agenzia delle entrate deduce l'insufficiente motivazione della sentenza impugnata, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., per non avere la C.T.R. considerato che dalla motivazione dell'atto di recupero del credito d'imposta e dal contenuto della segnalazione della Guardia di Finanza su cui esso si fondava emergeva che la società contribuente aveva acquisito adeguata conoscenza della pretesa fiscale.

Il motivo è fondato.

La ricorrente, in ossequio al principio dell'autosufficienza, ha allegato al ricorso copia dell'atto di recupero nonché copia della segnalazione della Guardia di Finanza. La C.T.R., a fronte delle deduzioni con le quali l'Agenzia delle entrate, sulla base di tale documentazione, ha sostenuto la congruità della motivazione dell'atto impugnato, in quanto in esso era riprodotto il contenuto essenziale della segnalazione della Guardia di Finanza, non ha sviluppato alcuna argomentazione al riguardo, limitandosi ad osservare che l'Amministrazione finanziaria non aveva provato di aver allegato l'anzidetta segnalazione, che non era stata comunque portata a conoscenza della contribuente con i relativi allegati. In tal modo, il giudice di appello è incorso nel vizio motivazionale denunciato dalla ricorrente.

2. Con il secondo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 421, della I. n. 311 del 2004 e dell'art. 10 della I. 289 del 2000, per avere erroneamente la C.T.R. ritenuto che l'atto di recupero del credito d'imposta costituisse atto di riscossione e non di accertamento, in quanto tale sottratto alla proroga biennale dei termini di cui agli artt. 43 d.P.R. n. 600/73 e 56 d.P.R. n. 633/72 prevista dall'art. 10 della I. n. 289/2002.

Il motivo è fondato.

L'art. 10 della I. n. 289/2002, nella formulazione vigente ratione temporis, stabilisce che, per i contribuenti che non si avvalgono delle disposizioni di cui agli artt. da 7 a 9 della legge medesima, i termini di cui artt. 43 d.P.R. n. 600/73 e 56 d.P.R. n. 633/72 sono prorogati di due anni.

Contrariamente all'assunto della C.T.R., la richiamata disposizione trova piena applicazione nel caso di specie, posto che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, l'avviso di recupero del credito d'imposta illegittimamente compensato, costituisce manifestazione della volontà impositiva da parte dello Stato al pari degli avvisi di accertamento o di liquidazione (Cass. n. 19561 del 2014; n. 8033 del 2011).

3. Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.