Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 dicembre 2016, n. 25962

IRAP - Istanza di rimborso - Presupposto impositivo - Verifica della sussistenza - Accertamento

 

Fatto e diritto

 

Costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.

1. In fattispecie relativa a diniego di rimborso Irap anni 2006-2010, con il primo motivo di ricorso il contribuente deduce "violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 15.12.1997, nonché alla Circolare ministeriale n. 141/1998, all’art. 48 della legge 23.12.1978 n. 833, all’art. 22 del D.P.R. 28 luglio 2000 n. 270, al d.lgs. n. 502 del 30.12.1997, per avere la C.T.R. desunto il presupposto impositivo ai fini Irap dell’esistenza di una struttura organizzata "per la presenza di un lavoratore dipendente" (segretaria) e di "beni-macchinari locati ed oggetto di ammortamento" (strumenti di diagnosi), oltre che sulla presenza di un reddito elevato, quando invece gli esercenti le cd. professioni protette (come nel caso di specie il medico convenzionato) "sono esclusi da tassazione IRAP quale che sia il livello dell’apparato organizzativo utilizzato ... ogniqualvolta quest’ultimo non sia in grado di funzionare da solo o a prescindere dalla persona del professionista".

2. Con il secondo mezzo lamenta invece l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., per avere il giudice d’appello trascurato le peculiarità della professione medica convenzionata in concreto esercitata.

3. Il terzo motivo attiene alla nullità della sentenza "di cui al n. 4 dell’art. 360 c.p.c., in relazione all’art. 111 Cost. ed agli artt. 132 c.p.c., 118 disp.att. c.p.c. e 36 d.lgs. 31.12.1992 n. 54", per avere la C.T.R. omesso "deI tutto di illustrare le motivazioni logico giuridiche del ragionamento adottato".

4. Il Collegio, acclarata l’infondatezza dell'ultimo motivo - poiché la motivazione della sentenza impugnata non risulta né inesistente, né apparente - ritiene invece meritevoli di accoglimento i primi due, esaminabili congiuntamente in quanto connessi.

5. Sul tema in discussione, invero, con la recente sentenza 10 maggio 2016, n. 9451, le Sezioni Unite di questa Corte hanno definitivamente chiarito: I) che "a norma del combinato disposto del d.Igs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, primo periodo, e art. 3, comma 1, lettera c), l'esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui all'art. 49, comma 1 (nella versione vigente fino al 31/12/2003), ovvero all'art. 33, comma 1 (nella versione vigente dal 1/1/2004), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è escluso dall'applicazione dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzate"; II) che "il requisito della autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell' organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui", in modo da superare "la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive"; III) che il relativo "accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato".

6. Nel caso di specie, il giudice d’appello si è limitato a registrare la presenza di varie voci di spesa indicate nella dichiarazione dei redditi - "quote di ammortamento e spese per l’acquisto di beni di costo unitario non superiore a euro 516,46", "spese per canoni di locazione finanziaria relativa a beni mobili", "spese per prestazioni di lavoro dipendente e assimilato", nonché "compensi corrisposti a terzi per prestazioni direttamente afferenti l'attività professionale" - desumendone tout court che il medico si serviva "stabilmente di risorse umane e materiali aventi un certo costo (le singole voci di spesa non sono mai di importo basso", e dunque di una struttura organizzativa funzionale all’espletamento dell’attività svolta nel "suo studio di medicina generale", dalla quale ritraeva peraltro un reddito "sempre abbastanza alto (si va da 126.811 € a 114. 938 €)".

7. Al contrario, seguendo il richiamato indirizzo normofilattico, i giudici regionali avrebbero dovuto accertare in concreto che il medico, quale responsabile di un’autonoma struttura organizzativa, avesse impiegato beni strumentali eccedenti, secondo L’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio della propria attività in assenza di organizzazione, e che si fosse avvalso in modo non occasionale di lavoro altrui, in misura tale da superare "la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive".

8. La sentenza d’appello va quindi cassata con rinvio per nuovo esame alla luce dei principi sopra riepilogati.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.