Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE L'AQUILA - Sentenza 27 settembre 2016, n. 858

Avviso di accertamento - Compenso non dichiarato - Redditi diversi - Art. 67 c.1 lett.l T.U

 

L’Agenzia Entrate Direzione Provinciale di L’Aquila con l’appello depositato in Commissione, impugnava la Sentenza n. 210/1/1/2015 emessa dai Giudici della Commissione Tributaria Provinciale di L’Aquila, nel giudizio promosso dalla sig.ra G.L., appellata, avverso avviso di accertamento n. TA3010501769, emesso a seguito di mancata dichiarazione per l’anno d’imposta 2011 di redditi diversi ex art. 67 c.1 lett.l del T.U., introitati per la cessione del diritto di superficie, di terreni di proprietà, per la costituzione di impianti da energia rinnovabile e con il quale richiedeva maggiore imposta Irpef, Add. oltre interessi e sanzioni.

Parte appellante (l’Agenzia), nel giudizio di primo grado, contestava l’assunto di parte ricorrente, attesa la certa percezione del compenso non dichiarato e la legittima imposizione in applicazione dell’art. 67 c.1 lett. I) T.U., in conformità alla Circolare n. 36/2013, quale reddito diverso derivante dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere, atteso che la proprietà dei fondi agricoli era stata acquistata a titolo originario per successione ereditaria; contestava altresì le altre eccezioni in punto di diritto ritenendole inconferenti; chiedeva, quindi, la conferma della legittimità della pretesa erariale e il rigetto del ricorso.

Parte appellata (contribuente), nell'originario ricorso, deduceva la nullità dell’atto per errata applicazione della normativa richiamata dall'Ufficio (art. 67 c.1 lett.l T.U.) in ragione del riferimento alla prassi introdotta solo successivamente dall’Agenzia, con richiamo alla sentenza della Cassazione n. 15333/2014 che ha affermato il principio «in caso di terreno agricolo non sorge alcuna tassazione del corrispettivo percepito a seguito della cessione del diritto di superficie, salvo che non che non siano trascorsi almeno cinque anni dall’acquisto», che esclude l’assoggettamento a tassazione; eccepisce la violazione dello Statuto del contribuente, per la mancata consegna del Pvc a conclusione delle operazioni di controllo, della errata valutazione delle norme applicabili ratione temporis, e, in ordine alla illegittimità delle sanzioni irrogate e calcolo degli interessi; chiedeva quindi l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese.

La CTP di L’Aquila con la sentenza appellata, accoglieva il ricorso di parte ricorrente (oggi appellato), condividendo le motivazioni addotte, in particolare, tenendo conto che « l'atto oggetto della pretesa erariale è la costituzione di un diritto di superficie e non già un semplice obbligo di permettere, che quindi, non possa trovare applicazione l'art.67 c. 1 lett. I) del T U. n. 917/1986 ("Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente:... 1) i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere;... Nonostante le diverse valutazioni contenute nella circolare n. 36/E del 19.12.2013, è insuperabile il duplice rilievo che la nozione di "obblighi di... permettere", non possa riferirsi al diritto reale previsto dall'art. 952 cod. civ. e che l'atto costitutivo di esso non sfugge all'equiparazione disposta dall'art. 9 c. 5 del TUIR ("Ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento ... "), ferma restando l’inapplicabilità alla specie della previsione della lett. b) dell'art. 67 c. 1 del T.U.I.R»; tale motivazione trova conferma della stessa materia trattata dalla giurisprudenza di legittimità in materia di cessione infraquinquennale dei diritto di superficie (Cassazione civile sez. trib. n.15333/14; riteneva invece infondate le eccezioni di diritto, secondo lo Statuto del Contribuente, posto che nella specie, l'Agenzia delle Entrate non ha proceduto ad accessi, ispezione e verifiche presso il contribuente, ma si è limitata all’esame di atti in suo possesso (Cassazione sez. uu. n.18184/13); condannava l’Agenzia alle spese.

L’Agenzia, nel proposto appello, eccepiva la violazione degli artt. 36 D.Lgs.546/1992 e 132 cpc, per errata motivazione della sentenza, ovvero carente in termini, su un punto decisivo della controversia, in relazione alla corretta interpretazione dell'art.67 c.1 lett.l) del TUIR, nell’accogliere il ricorso disponendo l'annullamento dell'atto impugnato, non in conformità di un orientamento costante della giurisprudenza di legittimità o di una sentenza emessa dalla Suprema Corte a Sezione Unite, bensì sulla base delle motivazioni di un solo pronunciamento reso dalla Corte di Cassazione (n. 15333/14).

L'opposta decisione offre un'interpretazione del tutto errata e inconferente circa il regime tributario dei proventi corrisposti in ragione della concessione del diritto di superficie di terreni non edificagli, e pertanto va riformata.

Rileva che alla fattispecie, ai fini della qualificazione tributaria da attribuire al corrispettivo conseguito dalla cessione del diritto di superficie, sono da applicare le norme fiscali che disciplinano la cessione a titolo oneroso di beni immobili. Al riguardo ricorda che l'art. 67 c.1 lett. b) TUIR include tra i redditi diversi le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni. Detto articolo ha la finalità di sottoporre a tassazione le cessioni di beni immobili che hanno presumibili connotazioni di carattere speculativo, non assoggettando a imposizione le cessioni intervenute oltre il quinquennio dall'acquisto; osserva che il diritto di superficie è un diritto reale di godimento stabilito ai sensi dell'art. 952 del codice civile, esplicandone le interpretazioni proprie e deducendo che, non essendovi una definitiva compressione del diritto di proprietà, tale costituzione produce effetti economici assimilabili a quelli derivanti da qualsiasi altra concessione di un diritto personale di godimento su un determinato bene, e quindi assoggettabile alla tassazione secondo il criterio adottato dall’Amministrazione finanziaria, e ampiamente illustrato con la circolare n. 36/E del 2013, emanata a seguito di numerose richieste da parte da soggetti interessati, ove è stato ribadito che i compensi percepiti dal titolare del fondo a seguito della costituzione del diritto di superficie acquisito a titolo originario devono essere ricondotti alla diversa fattispecie recata dall'art. 67 c.1 lett. I) TUIR, vale a dire tra i redditi diversi derivanti dall'assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere.

Sostanzialmente, rappresenta che nella logica del perseguimento dell’equità fiscale, non ritiene ragionevole che i proventi percepiti da soggetti privati, per la concessione del diritto di superficie (parte dell’indice di capacità contributiva fossero assolutamente sottratti a tassazione, con conseguente disparità di trattamento rispetto ai titolari di attività d’impresa, per i quali invece, l’operazione è in ogni caso imponibile; chiede quindi la riforma della sentenza con condanna alle spese di entrambi i giudizi.

Resisteva la sig.ra L.G. rappresentata e difesa dagli avv.ti R.D.L. e P.S., evidenziando i seguenti profili di illegittimità dell’atto per l’errata posizione interpretativa dell’Ufficio.

Quanto sostenuto dall’Amministrazione nel giudizio di primo grado, e riproposto nell'atto di appello, riguarda la sostenuta "assimilazione" della cessione del diritto reale di superficie all'assunzione di un obbligo di fare, non fare o permettere. Seguendo tale ricostruzione, gli effetti del contratto a effetti reali equivarrebbero a quelli del contratto da effetti obbligatori, con tutte le conseguenze del caso a livello fiscale; però la detta assimilazione appare una evidente forzatura sul piano giuridico, ed appare ancor più singolare che tale tentativo di "trasformazione", palesemente difforme alla chiara previsione legislativa, sia preordinato al solo fine di ricavare maggiori introiti tributarie, non espressamente dovuti per legge.

Nel richiamare l'art. 23 Cost., osserva che alcuna norma di legge, prevede imposizione fiscale sul corrispettivo della cessione di un diritto reale di superficie su un terreno agricolo acquisito per successione e da più di cinque anni, così espressamente accertato nel caso in trattazione. -Dopo aver chiarito l’inconferenza di tale "assimilazione" (cessione del diritto di permettere), conseguentemente ne deriva l’inapplicabilità dell'art. 67 c.1, lett. L del TUIR più volte richiamato, al corrispettivo della cessione del diritto di superficie; ritiene inoltre che per l’oggetto della controversia, non può essere neanche applicato l‘art.67 c.1 lett. b) del Tuir, in quanto per la persona fisica il corrispettivo derivante dalla cessione del diritto di superficie costituisce reddito diverso qualora si tratti di area fabbricabile; in caso di terreno agricolo, invece, nessuna tassazione può essere applicata, salvo che non siano trascorsi almeno cinque anni dall'acquisto. La ratio della norma in esame è individuabile nell'attrazione a tassazione delle operazioni di compravendita di immobili caratterizzate da un intento speculativo, ovvero finalizzate esclusivamente all'ottenimento di profitto, indicando l’atto di cessione per cui è causa non rientra che le ipotesi previste, affinché si realizzi una plusvalenza tassabile.

Ripropone in fine gli ulteriori motivi di doglianza inerenti le violazione di legge e dichiarati assorbiti dai giudici di prime cure.

Chiede quindi, il rigetto dell’appello con conferma della sentenza n. 210/1/15 con condanna alle spese, diritti e onorari del presente grado di giudizio.

La causa viene decisa all’udienza del dì 12 aprile 2016, come da separato processo verbale. Osserva il Collegio che l’appello dell’Agenzia va rigettato.

Dall’esame degli atti di appello, e come rappresentato dall’Agenzia, il Collegio rileva che la materia del contendere verte sul principio di tassazione di redditi, in specie, di compensi percepiti dal titolare del fondo a seguito della costituzione del diritto di superficie, per la realizzazione di impianti per la produzione di energia rinnovabili, e, della loro assoggettabilità o meno a tassazione secondo la tesi dell’Agenzia, ai sensi dell'art.67 c.1 lett. I) TUIR, vale a dire tra i redditi diversi derivanti dall'assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere.

Osserva il Collegio, che la contestazione esposta dall’appellante, è incentrata su un solo motivo di doglianza, quello cioè, della carenza su un punto decisivo della controversia, circa la corretta interpretazione dell'art.67 c.1 lett.l) del TUIR, perché emessa non in conformità ad un orientamento costante della giurisprudenza di legittimità o di una sentenza emessa dalla Suprema Corte a Sezione Unite, bensì sulla base delle motivazioni di un solo pronunciamento reso dalla Corte di Cassazione (n. 15333/14); ritiene quindi che l’interpretazione sia errata ed inconferente nell’inquadramento del regime tributario cui assoggettare i proventi corrisposti in ragione della concessione del diritto di superficie di terreni non edificabili.

Il Collegio, esaminati gli atti, ritiene inconferenti le motivazioni addotte dall’Agenzia, in quanto, correttamente, i Giudici di prime cure, ha pienamente e compiutamente motivato l’accoglimento del ricorso, individuando le ragioni della non applicabilità del regime tributario asseritamente applicato dall’Agenzia « omissis ... che l'atto costitutivo di esso non sfugge all'equiparazione disposta dall'art. 9 c. 5 del TUIR ("Ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento... "), ferma restando l’inapplicabilità alla specie della previsione della lett. b) dell'art. 67 c. 1, del TUIR»; ciò dopo aver considerato che comunque, alla fattispecie, non poteva trovare applicazione l'art.67 c. 1 lett. I) del T U. n. 917/1986 ("Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente:... 1) i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere; ... pertanto, a ben vedere, la sentenza evidenzia l’attività motivazionale attraverso cui sono state riconosciute legittime, le eccezioni del ricorrente. Solo ad abuntantiam, i Giudici di prime cure, rappresentavano che le medesime eccezioni, trovavano conferma nella recente senza della Cassazione n. 15333/2014.

Circa la precisa e univoca sentenza di legittimità, in materia di cessione di diritto di superficie il Collegio, ritiene che non sia affatto di pregio, la contestazione dell’Agenzia, perché in assenza di altre decisioni, la stessa possa ritenersi non meritevole di apprezzamento; ciò in quanto l’indirizzo delineato dalla giurisprudenza citata, attualmente privo di contrasto decisionale, è stato debitamente valutato e pienamente efficace, ai fini degli elementi in atti del giudizio.

Pertanto, con riferimento ai motivi di appello, il Collegio, ritiene non pertinenti le dedotte censure avverso la sentenza, atteso che, i giudici di prime cure, nell’accogliere il ricorso proposto dal ricorrente hanno addotto motivazioni conformi al dettato legislativo, in merito alla tassazione dei compensi percepiti per la cessione di diritto di superficie su terreni non edificabili, e quindi conferma la non assoggettabilità al regime dell'art.67 c.1 lett.l) del TUIR e conferma il dispositivo della sentenza n. 210/1/15.

La Commissione rigetta l’appello; le spese seguono la soccombenza e condanna l’Agenzia a rifondere le spese di giudizio che si liquidano in € 5.000,00 oltre diritti se dovuti.

 

P.Q.M.

 

Rigetta l’appello. Condanna spese.