Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 luglio 2018, n. 18933

Tributi - IVA - Tardivo versamento - Curatela fallimentare - Cartella di pagamento per sanzioni e interessi - Nullità - Esenzione sanzionatoria ex art. 6-bis D.L. n. 328/97 conv. in L. n. 410/97

 

Fatti rilevanti e ragioni della decisione

 

1. L'Agenzia delle Entrate propone cinque motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 158/29/10 del 13 luglio 2010, con la quale la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittima la cartella di pagamento notificata al Fallimento E. Spa a titolo di interessi e sanzioni per tardivo versamento IVA (terzo trimestre 2001), su fattura emessa e contabilizzata dal Fallimento stesso in data 1^ settembre 2001 (liquidazione automatizzata ex articolo 36 bis d.P.R. 600/73).

La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, ha ritenuto che: - il ritardo nel versamento dell'Iva fosse nella specie 'lieve’, perché di soli quattro giorni (20 settembre in luogo del 16), con conseguente limitato danno erariale; - una valutazione di equità sostanziale della vicenda deponesse per ascrivere tale ritardo alla ragioni burocratiche riconducibili alle modalità di gestione della procedura concorsuale; - fosse comunque rilevante (come già ritenuto con decisione resa in un distinto ma analogo giudizio, non impugnata dall'amministrazione finanziaria) la disciplina di cui all'articolo 6 bis L. 410/97 (esclusione di sanzioni ed interessi in caso di ritardi nel versamento di imposte da parte di procedure concorsuali).

Nessuna attività difensiva è stata posta in essere, in questa sede, dal Fallimento intimato.

L'Agenzia delle Entrate ha depositato memoria.

2.1 Con il primo ed il secondo motivo di ricorso si lamenta - ex art. 360, 1^ co. n. 4 cod.proc.civ. - nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell'articolo 112 cod.proc.civ.. Per avere la Commissione Tributaria Regionale posto a base della decisione determinate cause di non applicazione delle sanzioni e degli interessi: - (primo motivo) tardivamente dedotte, perché richiamate ex adverso non nel ricorso introduttivo avverso la cartella di pagamento, ma soltanto con le 'brevi note’ depositate nel corso del primo grado di giudizio (art. 6 bis I. 410/97 cit.); - (secondo motivo) mai dedotte mediante allegazione dei relativi presupposti di fatto (mancanza di colpa nel ritardo, ovvero mancanza di danno erariale).

Con il terzo motivo di ricorso si deduce - ex art. 360, 1^ co. n. 5 cod.proc.civ. - motivazione contraddittoria; per avere la commissione tributaria regionale, da un lato, riconosciuto la 'colpevolezza' della curatela fallimentare nel ritardato versamento dell'Iva e, dall'altro, poi ascritto tale ritardato versamento a 'complesse ragioni burocratiche' proprie della gestione della procedura concorsuale.

Con il quarto e quinto motivo di ricorso si lamenta - rispettivamente ex art. 360, 1^ co. nn. 4 e 3 cod.proc.civ. - nullità della sentenza e del procedimento, nonché error in judicando per violazione di legge sostanziale. Per avere la regionale deciso la controversia facendo richiamo, in contrasto con gli articoli 112 e 113 cod.proc.civ., all'equità sostanziale e, dunque, mediante esercizio di un potere equitativo pacificamente inammissibile in materia tributaria.

2.2 Tali doglianze sono infondate.

Va intanto osservato, in rigetto degli ultimi due motivi di ricorso, che la commissione tributaria regionale, pur facendo riferimento a considerazioni del tutto generiche di equità sostanziale (assenza di colpa nel ritardo; trascurabilità di quest'ultimo; insussistenza di danno erariale), non ha affatto inteso fondare la propria decisione su queste ultime.

Vero è che il giudice di appello ha invece ritenuto l'illegittimità della cartella di pagamento opposta (come già stabilito dal primo giudice) all'esito dell'applicazione al caso di specie di una determinata norma di diritto; integrante la causa di esenzione sanzionatoria di cui all'articolo 6 bis d.l. 328/97 conv. in I. 410/97 cit. (così come già ritenuto in altra occasione "avente identità di parti e fattispecie rispetto all'attuale").

Deve pertanto ritenersi che il richiamo, sebbene improprio, alle categorie della giustizia equitativa ex articolo 113, 2^ co., cod.proc.civ. sia stato dal giudice regionale operato quale mero 'obiter dictum', senza in alcun modo assurgere a vera e propria ragione decisoria; dal che consegue l'insussistenza della denunciata violazione del principio di inammissibilità di giudizio equitativo in materia tributaria.

2.3 Ciò premesso, non si ravvisano nemmeno le altre violazioni lamentate.

Va infatti considerato che in base all'art. 6-bis d.l. cit.: "Per le procedure concorsuali in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto non si applicano le sanzioni di cui all'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e all'articolo 92 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, né gli interessi, a condizione che l'imposta dovuta venga versata in un'unica soluzione entro trenta giorni: (...) c) dalla data del decreto di esecutività del piano di riparto di cui all'articolo 111 del medesimo regio decreto n. 267 del 1942, nel caso di fallimento; (...)".

L'applicabilità nella specie di quest'ultima previsione non poteva ritenersi preclusa dal fatto che essa venne dal Fallimento dedotta per la prima volta (a seguito del cambio di difensore) soltanto nel corso del primo grado di giudizio, e non nel ricorso introduttivo.

Da un lato, con tale deduzione il Fallimento richiamò un elemento prettamente normativo della fattispecie di esenzione sanzionatoria (tanto più che non era in discussione che la procedura concorsuale in oggetto fosse pendente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame); di per sé integrante non un nuovo motivo di opposizione né un'eccezione in senso stretto, quanto mera difesa in diritto.

D'altro lato, con essa il Fallimento non intese tanto far valere l'effetto agevolativo rappresentato dalla possibilità di ancora fruire della dilazione di pagamento entro il termine di 30 giorni dalla esecutività del piano di riparto finale, quanto rimarcare come tale effetto agevolativo si fosse in realtà già completamente verificato e consumato, perché il pagamento Iva, sebbene tardivo, era nella specie già da tempo avvenuto. Posizione difensiva, quest'ultima, che risulta evidente là dove nelle 'brevi note’ (riportate per autosufficienza nel ricorso per cassazione:pag.m 7) il difensore del Fallimento lamentava l'inerzia dell'ufficio delle entrate, il quale non aveva preso atto dell'avvenuto versamento dell'Iva ben prima della scadenza ammessa dall'art. 6 bis cit.. Non si verteva, dunque, dell'esercizio di un'opzione agevolativa, quanto di far valere gli effetti puramente conseguenziali e strettamente giuridici di un fatto materiale (il pagamento quattro giorni dopo la scadenza) già verificatosi; e risultante fin dal ricorso introduttivo, essendo stato quest'ultimo proposto avverso una cartella che, proprio per tale ragione, aveva ad oggetto non l'imposta ma esclusivamente sanzioni ed interessi.

In definitiva, il ricorso va rigettato, atteso che: a. il giudice di merito ha deciso la controversia secondo diritto e non secondo equità; b. le regole di diritto ritenute a tal fine rilevanti risultano essere state correttamente applicate, tanto in procedendo quanto in judicando.

Nulla si dispone sulle spese, stante la mancata partecipazione al giudizio del Fallimento intimato.

 

P.Q.M.

 

- rigetta il ricorso.