Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 09 febbraio 2018, n. 3203

Tributi - INVIM - Accertamento - Complesso alberghiero - Compravendita - Contenzioso tributario

 

Esposizione dei fatti di causa

 

1. In data 4 agosto 1986 veniva notificato alla società S.A.M.S.A. s.p.a., ora E. s.r.l., l'avviso di accertamento con il quale l'ufficio del registro di Roma aveva rettificato ai fini Invim il valore finale dichiarato in dipendenza della compravendita relativa ad un complesso alberghiero sito in Monteluco di Spoleto. Proponeva ricorso la contribuente lamentando la carenza di motivazione dell'avviso di accertamento ed il mancato riconoscimento di spese incrementative. La commissione tributaria di primo grado di Roma accoglieva il ricorso. Proposto appello da parte dell'ufficio, la commissione tributaria di secondo grado lo accoglieva. La società proponeva ricorso alla commissione tributaria centrale che lo rigettava sul rilievo che il motivo di ricorso fondato sul vizio di ultrapetizione - basato sul fatto che la commissione tributaria di secondo grado non si era pronunciata sulla domanda dell'ufficio appellante relativa alla validità dell'accertamento perché sufficientemente motivato ed aveva, invece, basato la decisione unicamente sul merito delle spese incrementative, argomento non richiesto nell'appello - non era fondato in quanto dal contenuto dell'atto d'appello dell'ufficio si ricavava che quest'ultimo aveva insistito sia sulla validità dell'avviso di accertamento che sulla sua equità, intendendosi con ciò riaffermare la legittimità dell'atto impositivo sia sotto il profilo della sufficiente motivazione che delle ragioni di merito poste a fondamento della pretesa tributaria.

2. Avverso la sentenza della commissione tributaria centrale propone ricorso per cassazione la società E. s.r.l. fondato su due motivi. L'agenzia delle entrate si è costituito in giudizio al solo fine dell'eventuale partecipazione all'udienza di discussione ai sensi dell'articolo 370, comma 1, cod. proc. civ.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce nullità della sentenza, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., in relazione all'articolo 112 cod. proc. civ., in quanto la commissione tributaria centrale ha omesso di pronunciarsi sul motivo di ricorso proposto in merito al mancato riconoscimento delle spese incrementative.

4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per aver la commissione tributaria centrale ritenuto implicitamente legittimo il mancato riconoscimento da parte dell'ufficio del registro delle spese incrementative indicate dalla società nel ricorso alla commissione tributaria di primo grado.

 

Esposizione delle ragioni della decisione

 

1. Il primo motivo di ricorso è fondato. Occorre premettere che la commissione tributaria centrale era tenuta a pronunciarsi anche in ordine alla questione della riconoscibilità delle spese incrementative. Ciò in quanto la Corte di legittimità ha più volte affermato il principio secondo cui la commissione tributaria centrale è competente anche in ordine alle questioni di fatto, escluse soltanto quelle relative a valutazione estimativa, le quali, in sede di ripartizione interna di attribuzioni fra gli organi della giurisdizione speciale tributaria, sono soltanto quelle che attengono alla esistenza o quantificazione del reddito, del cespite, od, in genere, della base imponibile e dei presupposti materiali ed oggettivi del tributo. Non eccede, pertanto, i limiti dei suoi poteri di cognizione la Commissione Tributaria Centrale che esamini la questione della riconoscibilità o meno delle spese incrementative esposte nella dichiarazione dell'I.N.V.I.M., dal momento che in tale decisione è ravvisabile la soluzione di una questione di diritto, effettuata sulla base di una situazione di fatto (riconoscimento del diritto alla deduzione, per effetto della documentazione prodotta), con esclusione di ogni problema di valutazione estimativa ( Cass., Sez. U., n. 5250 del 24/10/1985; Cass. n. 2688 del 26/03/1996 ). Ed è stato, altresì, osservato che, nella disciplina del contenzioso tributario anteriore al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, il giudizio dinanzi alla commissione tributaria centrale è regolato come un ordinario giudizio di merito, con le limitazioni imposte dall'art. 26 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, e quindi riconducibile al modello dell'appello, con la conseguenza che l'onere di specificità dei motivi può ritenersi soddisfatto qualora il ricorrente abbia proposto soluzioni contrastanti con quelle poste a base della decisione impugnata, purché dal contesto dell'atto appaia evidente che con lo stesso sono state mosse critiche a tale decisione ( Cass. n. 28678 del 23/12/2005; Cass. n. 188 del 21/01/1985 ).

Nel caso che occupa la ricorrente, con il ricorso proposto alla commissione tributaria centrale, il cui testo è stato trascritto nel ricorso qui proposto in ossequio al principio dell'autosufficienza, si era doluta non solo del vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata ma anche del mancato riconoscimento delle spese incrementative sostenute in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge istitutiva dell'Invim, di cui non aveva conservato la documentazione non sussistendo, all'epoca, l'obbligo di conservazione.

La CTR ha omesso di pronunciarsi su tale motivo, pur essendovi tenuta.

2. Il ricorso va, dunque, accolto e l'impugnata decisione va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio che, adeguandosi ai principi esposti, procederà alle necessarie verifiche e deciderà nel merito oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità.

3. Il secondo motivo di ricorso rimane assorbito.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa l’impugnata decisione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio.