Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 febbraio 2018, n. 3194

Tributi - Imposte di registro, ipotecaria e catastale - Agevolazioni fiscali - Trasferimento terreni in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati - Mancata edificazione entro cinque anni - Revoca della agevolazioni e applicazione delle sanzioni - Sopraggiunte problematiche relative alla edificabilità per la presenza di un campo elettromagnetico - Irrilevanza

 

Esposizione dei fatti di causa

 

1. Con atto del 13.5.2002 M.R. riceveva in permuta dal Comune di Pesaro un terreno edificabile sito nel territorio comunale ed il contribuente si avvaleva delle agevolazioni fiscali di cui all'articolo 33, comma 3, della Legge 388/2000.

L'Agenzia delle Entrate, accertato che sull'area acquistata non era stata effettuata alcuna edificazione entro cinque anni dall'acquisto, revocava le agevolazioni e notificava avviso di liquidazione per la somma di euro 222.936,82. Il contribuente impugnava detto avviso sostenendo che la mancata edificazione era da imputare a forza maggiore dato che, dopo l'acquisto del terreno, erano emerse problematiche relative alla edificabilità di esso per l'eccessiva vicinanza dell'erigendo fabbricato all'elettrodotto che determinava la presenza di un campo elettromagnetico che sconsigliava la costruzione di qualsiasi edificio per via dei gravi danni che avrebbero potuto derivare alla salute degli occupanti. In conseguenza di ciò il Comune aveva provveduto a trasferire la cubatura esistente su detto fondo ad altro lotto di proprietà del contribuente sito nel medesimo comparto edilizio. La commissione tributaria provinciale di Pesaro accoglieva il ricorso. Proponeva appello l'Agenzia delle Entrate e la commissione tributaria regionale delle Marche lo accoglieva parzialmente dichiarando che l'avviso di liquidazione era legittimo ma non erano dovute le sanzioni data la complessità della vicenda e la riscontrabile buona fede del contribuente.

2. Avverso alla sentenza della CTR propone ricorso per cassazione il contribuente affidato a quattro motivi. Resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate, la quale ha proposto ricorso incidentale affidato ad un motivo.

3. Con il primo motivo di ricorso principale il contribuente deduce nullità della sentenza, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., in quanto la commissione tributaria regionale ha basato il proprio convincimento su elementi tratti esclusivamente dagli atti dell'Agenzia, omettendo di motivare criticamente sulla base degli atti e delle prove versate in causa dal contribuente.

4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione agli articoli 53, comma 1, del decreto legislativo 546/92 e 342 cod. proc. civ.. Sostiene che ha errato la CTR nel rigettare l'eccezione di inammissibilità dell'appello dato che si sarebbe dovuto considerare che esso non conteneva censure specifiche alla sentenza di primo grado ma era la mera riproposizione delle questioni sollevate con la comparsa di risposta nel giudizio svoltosi innanzi alla commissione tributaria provinciale.

4. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione all'articolo 33, comma 3, della legge 388/2000. Sostiene che la CTR è incorsa in errore di diritto nel ritenere che la norma agevolativa non potesse applicarsi, posto che l'edificazione nel quinquennio aveva comunque avuto luogo, ancorché su un diverso fondo facente parte, però, del medesimo comparto edilizio. E non ha considerato la CTR la sussistenza della forza maggiore derivante dalla imprevedibilità della impossibilità di edificare sul fondo dovuta alla presenza di un elettrodotto nell'area confinante.

5. Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., per non aver la CTR chiarito gli elementi a fondamento dell'esclusione dei benefici previsti dalla norma agevolatrice e per aver attinto dai soli atti processuali della agenzia.

6. Con l'unico motivo di ricorso incidentale l'Agenzia delle Entrate deduce violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 472/1997, in quanto non sussisteva l'incertezza normativa richiesta dalla norma per disporre la disapplicazione delle sanzioni.

 

Esposizione delle ragioni della decisione

 

1. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è infondato. Invero non costituisce causa di nullità della sentenza l'aver la CTR fatto proprie le argomentazioni svolte dall'appellante che, all'evidenza, ha condiviso pervenendo all'accoglimento dell'appello. Invero la CTR ha dato conto dell'insussistenza dei presupposti dell'agevolazione da cui conseguiva l'infondatezza delle argomentazioni svolte dall'appellato.

2. Il secondo motivo è inammissibile in quanto, a fronte dell'accertamento compiuto dalla CTR in ordine al fatto che l'Ufficio aveva contestato la motivazione dei giudici di primo grado sia sull'interpretazione fornita in sentenza della cosiddetta causa di forza maggiore sia sulla capacità dell'atto amministrativo adottato dal Comune di Pisa di sostituire il lotto edificabile e di mantenere contestualmente benefici fiscali, ha proposto una censura generica laddove ha sostenuto che l'atto di appello costituiva una mera riproduzione della comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado. Il ricorrente, invero, ha omesso di indicare specificamente quali parti dell'atto di appello costituivano mera riproduzione dell'atto precedente e non contenevano argomenti di critica alla sentenza impugnata, impedendo, così, alla Corte di valutare sulla base del ricorso la fondatezza dell'assunto e demandando alla stessa il compito di analizzare l'atto richiamato al fine di rinvenire gli elementi a sostegno dell'assunto di parte.

3. Il terzo motivo è infondato. La legge numero 388 del 2000, art. 33, comma 3, prevede che sono soggetti all'imposta di registro dell'1 per cento ed alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa i trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale, a condizione che l'utilizzazione edificatoria dell'area avvenga entro cinque anni dal trasferimento. Trattandosi di una norma agevolativa, essa è di stretta interpretazione, ai sensi dell'art. 14 delle preleggi, per il che l'agevolazione non spetta nel caso di specie ove la costruzione ha avuto luogo su un lotto diverso, ancorché per effetto del trasferimento della cubatura che ineriva il lotto ricevuto in permuta, a nulla rilevando in fatto che entrambi i lotti facciano parte dello stesso comparto. Quanto all'asserita sussistenza della forza maggiore, va considerato che, anche se ciò avviene per causa indipendente dalla volontà dell'acquirente, la mancata edificazione nel quinquennio non può non costituire causa di revoca della agevolazione usufruita. La Corte di legittimità, invero, ha già affermato il principio secondo cui le agevolazioni fiscali concesse ai sensi dell'art. 33, comma 3, della I. n. 388 del 2000, rispondendo alla "ratio" di diminuire per l'acquirente edificatore il primo costo di edificazione connesso all'acquisto dell'area, devono essere revocate ogni qualvolta si verifichi la mancata edificazione nel quinquennio, salvo che la mancata edificazione sia dipesa da forza maggiore. In generale, causa di forza maggiore è soltanto quella imprevedibile e sopravvenuta che non dipende da un comportamento addebitabile anche solo a titolo di colpa nei vari gradi per es. lieve ecc. o nelle varie specie in vigilando ecc. (Cass. n. 9851 del 2017; Cass. n. 18040 del 2016; Cass. n. 864 del 2016; Cass. n. 13148 del 2016; Cass. n. 7067 del 2014).

Nella fattispecie non pare esente da imprevedibilità la impossibilità di edificare sul lotto acquistato per la vicinanza di un elettrodotto, posto che comunque tale situazione preesisteva all'acquisto anche se il contribuente ha avuto consapevolezza solo successivamente del fatto che la presenza di un campo elettromagnetico generato dall'elettrodotto sconsigliava la costruzione di qualsiasi edificio per via dei gravi danni che avrebbero potuto derivare alla salute degli occupanti.

4. Il quarto motivo è inammissibile. Deve premettersi che la sentenza impugnata risulta emessa in data successiva al 12 settembre 2012, sicché trova applicazione il nuovo dettato dell'art. 360 n. 5 c.p.c.. Proprio a seguito della riformulazione dell'art. 360 c.p.c., ed al fine di chiarire la corretta esegesi della novella, sono intervenute le Sezioni Unite della Corte che, con la sentenza del 7 aprile 2014 n. 8053, hanno ribadito che la riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciarle in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione, ed è solo in tali ristretti limiti che può essere denunziata la violazione di legge, sotto il profilo della violazione dell'art. 132 co. 2 n. 4. Nella fattispecie, atteso il tenore della sentenza impugnata, deve escludersi che ricorra un'ipotesi di anomalia motivazionale riconducibile ad una delle fattispecie che, come sopra esposto, in base alla novella consentono alla Corte di sindacare la motivazione. Infatti occorre altresì evidenziare che "L'omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie", e che pertanto nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il "come" e il "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua "decisività", fermo restando che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 23678/2016; Cass. n. 8054/2014; Cass. n. 8053/14).

5. Venendo all'esame del ricorso incidentale, si osserva che la Corte di legittimità (cfr. Cass. n. 13076 del 24/06/2015; Cass. n. 4394 del 24/2/2014; Cass. n. 3113 del 12/2/2014; Cass. n. 24670 del 28/11/2007) è ripetutamente intervenuta a definire l'ambito di non debenza delle sanzioni enunciando i seguenti principi di diritto: per "incertezza normativa oggettiva tributaria" deve intendersi la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell'azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall'impossibilità, esistente in sé ed accertata dal giudice, d'individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie; l'incertezza normativa oggettiva costituisce una situazione diversa rispetto alla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto come emerge dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6 che distingue in modo netto le due figure dell'incertezza normativa oggettiva e dell'ignoranza (pur ricollegandovi i medesimi effetti) e perciò l'accertamento di essa è esclusivamente demandata al giudice e non può essere operato dalla amministrazione; l'incertezza normativa oggettiva non ha il suo fondamento nell'ignoranza giustificata, ma nell'impossibilità, abbandonato lo stato d'ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria. L'essenza del fenomeno dell'incertezza normativa oggettiva si può rilevare attraverso una serie di fatti indice, che spetta al giudice accertare e valutare nel loro valore indicativo, e che sono stati individuati a titolo di esempio e, quindi, non esaustivamente: 1) nella difficoltà d'individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni di legge; 2) nella difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) nella difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) nella mancanza di informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà; 5) nella mancanza di una prassi amministrativa o nell'adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) nella mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) nella formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei Giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte costituzionale; 8) nel contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) nel contrasto tra opinioni dottrinali; 10) nell'adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente. Tali fatti indice devono essere accertati, esaminati ed inseriti in procedimenti interpretativi della formazione che siano metodicamente corretti e che portino inevitabilmente a risultati tra loro contrastanti ed incompatibili. Costituisce, quindi, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ossia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione".

Nella fattispecie la normativa applicabile fornisce elementi adeguati e sufficientemente chiari per la determinazione dei casi di spettanza dell'agevolazione, per il che appare sussistente la sola incertezza derivata da condizioni soggettive del contribuente, mentre è da escludere l'errore dovuto ad interpretazione errata della normativa o la diversa interpretazione dei fatti di causa, sola condizione che legittimerebbe lo sgravio delle sanzioni.

6. Dall'accoglimento del ricorso incidentale deriva che l'impugnata sentenza va cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell'art. 384, comma 2, cod. proc. civ., ed il ricorso originario del contribuente va rigettato. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti per il consolidarsi dei principi giurisprudenziali sui punti controversi in epoca successiva alla proposizione del ricorso e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

7. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l'art. 13, comma 1 quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso incidentale dell'Agenzia delle Entrate, rigetta il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna il ricorrente a rifondere all'Agenzia delle Entrate le spese processuali di questo giudizio che liquida in complessivi euro 7.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.