Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 ottobre 2016, n. 20789

Cessione terreno - Imposta sulla plusvalenza - Vincolo di inedificabilità - Domanda di rimborso

 

Fatti di causa

 

A. P. ha ceduto un terreno a titolo oneroso, con atto del 5.6.2001, versando l'imposta sulla plusvalenza cosi realizzata.

Tuttavia, successivamente, ha richiesto la restituzione di quanto pagato, assumendo che un decreto ministeriale, confermato da sentenza del Tar, aveva espresso parere negativo quanto alla edificabilità di quel suolo, ed inoltre lo stesso Comune di Fumane, successivamente alla vendita, aveva impresso sul terreno un vincolo di inedificabilità.

La contribuente ha impugnato il silenzio rifiuto, ed il relativo giudizio si è concluso con sentenza di questa Corte n. 5073 del 2011, che, accogliendo il ricorso dell’Agenzia, ha rigettato la domanda di rimborso.

Nelle more l'Agenzia ha però notificato alla contribuente una cartella esattoriale avente ad oggetto il pagamento del saldo dell’imposta sulla plusvalenza, cartella impugnata dalla contribuente, con successo, in secondo grado.

Avverso la decisione della Commissione regionale propone ricorso per cassazione l'Agenzia con due motivi, mentre la contribuente non si è costituita.

 

Motivi della decisione

 

1 - Con il primo motivo l’Agenzia fa valere la violazione dall’art. 81 comma 1 del DI n. 917 del 1986.

Sostiene la ricorrente che la natura edificabile esiste solo che l’area sia inserita in un piano regolatore, anche se difettano gli strumenti attuativi, essendo sufficiente un’astratta destinazione edificatoria. I terreni compravenduti invero erano al momento della loro cessione, formalmente classificati come "aree di espansione", e dunque risultavano potenzialmente edificabili, a prescindere dal sopravvenuto annullamento dell’autorizzazione paesaggistica, che deve ritenersi irrilevante.

2 - Con il secondo motivo invece l'Agenzia ricorrente lamenta una insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e rilevante.

Infatti la decisione impugnata, pur invocando la sentenza del Tar (che ha confermato il decreto ministeriale), non ha motivato affatto circa la rilevanza di tale sentenza quanto al punto controverso, ossia la natura edificabile dei suoli venduti.

Il ricorso è fondato, ma per i motivi che seguono.

Va innanzitutto rilevato che sulla questione della natura edificabile, e dunque sulla circostanza che andasse corrisposta l’imposta sulla plusvalenza, si è formato un giudicato, a seguito della decisione di questa Corte (Sez. 5 n. 5073 del 2011), che ha deciso la causa relativa all’atto impositivo iniziale.

Precisamente, la contribuente aveva chiesto il rimborso dell’imposta pagata sulla plusvalenza, ritenendo che la natura edificabile fosse inesistente, ed aveva impugnato il silenzio rifiuto dell’Agenzia, ottenendo una sentenza favorevole in appello. Quest’ultima decisione è stata però cassata da questa Corte che, con la citata sentenza, ha invece ritenuto esistente, al momento della cessione, l’astratta edificabilità del terreno ed ininfluente la circostanza per cui era intervenuto un decreto ministeriale di annullamento del piano di lottizzazione.

In quel precedente, infatti, si è deciso che: "in base al piano regolatore generale l'astratta suscettibilità di utilizzazione edificatoria sussisteva, ed influenzava positivamente il valore commerciale dell’immobile, pur in presenza dell'incertezza indotta dal decreto ministeriale che aveva annullato l’autorizzazione sindacale al progettato piano di lottizzazione. Il decreto di annullamento era stato, dei resto, impugnato, e la relativa causa venne definita soltanto dopo la compravendita, col passaggio in giudicato della sentenza... la pendenza della lite dimostrava che l'aspettativa di edificabilità non era priva di concretezza".

Dunque, la decisione sulla istanza di rimborso ha ritenuto, con efficacia di giudicato che i fatti oggi addotti a contestazione della pretesa tributaria (non edificabilità, per via del decreto ministeriale) non hanno inciso sulla realizzazione della plusvalenza tassabile.

La causa presente ha ad oggetto il saldo (ricavato a seguito dì tassazione separata) della somma dovuta a titolo di imposta sulla plusvalenza, e la controversia sul saldo presuppone naturalmente le questioni che riguardano la somma iniziale, questioni decise con giudicato.

In sostanza, la decisione di questa causa presuppone che si affrontino due questioni: a) se la natura edificabile possa derivare dal formale inserimento in un piano regolatore, a prescindere dalla attuazione di quest’ultimo; b) se, data risposta positiva a tale questione, la natura edificabile sia comunque da escludere alla luce degli atti invocati dalla contribuente (decreto ministeriale, poi confermato dal Tar, e ordinanza comunale che appone il vincolo).

Entrambe le questioni sono state decise, come detto, dalla precedente sentenza relativa alla somma inizialmente versata, da cui la causa presente, che ha ad oggetto il pagamento del saldo, è logicamente pregiudicata.

Il ricorso va pertanto accolto, ma le spese in ragione del fatto che al momento della proposizione del ricorso, il giudicato esterno non si era formato, ed era pertanto efficace una decisione di appello favorevole al contribuente, possono compensarsi.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge il ricorso introduttivo. Spese compensate.