Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 giugno 2016, n. 11859

Lavoro - Anzianità contributiva - Procedura di collocamento a riposo - Differimento

 

Svolgimento del processo

 

In data 31/1/2011 l'Ufficio Scolastico Regionale per la Basilicata comunicò al prof. B.F. l'avvenuto raggiungimento di 40 anni di anzianità contributiva ed il preavviso di avvio della procedura di collocamento a riposo, ai sensi dell'art. 72, comma 11, della legge n. 102/2008, a decorrere dall'1/9/2011. In data 9/2/2011 il B. chiese il differimento del collocamento in quiescenza alla data dell'1/1/2012. Detto differimento venne concesso per "facta concludentia", dacché al B. venne consentito di restare in servizio anche per l'anno scolastico 2011 - 2012. Un nuovo differimento gli venne respinto fino a quando con lettera del 4/9/2012 l'Istituto di istruzione superiore "C.L." gli comunicò la risoluzione del rapporto per raggiungimento del quarantesimo anno utile alla pensione con decorrenza dall'1/9/2012.

Il giudice del lavoro del Tribunale di Potenza accolse l'impugnativa del B. dichiarando l'illegittimità del provvedimento risolutorio, mentre la Corte d'appello di Potenza ha accolto il gravame del M.I.U.R. ed ha rigettato la domanda del B., dichiarando assorbito l'appello incidentale dal medesimo svolto.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso il B. con quattro motivi.

Il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca e l'Istituto di Istruzione Superiore "C.L." depositano esclusivamente memoria.

 

Motivi della decisione

 

1. Col primo motivo il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell'art. 72, co. 11, del d.l. 25/6/2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6/8/2008 n. 133, come successivamente modificato e sostituito, in relazione all'art. 64 del predetto decreto-legge e, più in generale, con le restanti disposizioni di esso.

Ritiene il ricorrente che la normativa in esame non riconosceva la facoltà per le amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1, di risolvere "ad nutum" il rapporto di lavoro coi dipendenti sul mero presupposto del raggiungimento dell'anzianità massima contributiva e che risultava invece necessario ancorare l'esercizio di tale potere discrezionale riconosciuto alla P.A. dalla norma in esame a criteri prefissati e ricavabili dalla complessiva lettura del quadro normativo di riferimento.

In pratica, pur ponendosi l'art. 72, comma 11, del d.l. n. 112/2008 nell'ambito di un intervento legislativo tendente a realizzare l'obiettivo di una riduzione della spesa pubblica, lo stesso doveva essere conseguito nel rispetto delle complessive finalità di razionalizzazione delle risorse umane perseguite con le restanti disposizioni dell'art. 72, e in generale con la manovra finanziaria, di cui il D.L. n. 112 del 2008, costituiva lo strumento. Ciò era tanto vero che non a caso la circolare esplicativa n. 10 del 20 ottobre 2008 della Presidenza del Consiglio dei Ministri precisava che la facoltà ivi riconosciuta doveva essere esercitata in base a prefissati criteri generali, in funzione di effettive ed apprezzabili esigenze organizzative delle amministrazioni. Invece, nel caso di specie non erano state in alcun modo specificate le ragioni giustificatrici della risoluzione del rapporto di lavoro e tali ragioni non sussistevano nemmeno con riferimento a situazioni di esubero.

2. Col secondo motivo il ricorrente si duole della violazione o falsa applicazione dell'art. 72, co. 11, del d.l. 25/6/2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6/8/2008 n. 133, come successivamente modificato e sostituito, in relazione agli artt. 1175 e 1375 cod. civ.

Il medesimo sostiene che, costituendo la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro una scelta discrezionale della P.A., l'esercizio di tale facoltà, svincolato dalla espressa indicazione delle cause giustificatrici, era suscettibile di determinare situazioni di abuso e di discriminazione e che la preoccupazione di evitare il realizzarsi di tale condizione risultava espressa nella menzionata circolare n. 10/2008 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, laddove era auspicato che ciascuna amministrazione, prima di procedere all'applicazione della disciplina, adottasse dei criteri generali in modo da seguire una linea di condotta coerente e da evitare comportamenti contraddittori o contrari a buona fede e correttezza.

3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell'art. 72, co. 11, del d.l. 25/6/2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6/8/2008 n. 133, come successivamente modificato e sostituito, in relazione agli artt. 2, 3, 4 e 97 Cost. ed alla normativa comunitaria.

Si assume che la facoltà di emettere un provvedimento di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro ad nutum e senza esternazione delle ragioni giustificative dello stesso doveva ritenersi esclusa anche dalla interpretazione costituzionalmente orientata della norma in questione e dalla considerazione dei principi espressi in sede comunitaria.

Quindi, il rispetto del dovere di imparzialità comportava che non dovevano essere operate scelte discriminatorie, quali quelle fondate sulla considerazione dell'età del lavoratore, con violazione della Direttiva 2000/78/CE sulla parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro, dell'art. 13 del Trattato istitutivo della Comunità Europea e dell'art. 6 del Trattato istitutivo dell'Unione Europea.

4. Oggetto del quarto motivo è la violazione o falsa applicazione dell'art. 72, co. 11, del d.l. 25/6/2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6/8/2008 n. 133, come successivamente modificato e sostituito, in relazione agli artt. 14 e 15 del d.p.r. 8/3/1999 n. 275, nonché la doglianza di insussistenza del preavviso di risoluzione o di un valido ed efficace preavviso.

Si segnala che in applicazione dell'impianto normativo sopra descritto il M.I.U.R. ha precisato le modalità di esercizio della facoltà di risoluzione unilaterale del contratto di lavoro da parte dell'amministrazione scolastica periferica nelle Direttive n. 13 del 2.2.2009 e n. 94 del 4.12.1999, demandando all'Ufficio Regionale di segnalare la sussistenza di posizioni lavorative suscettibili di possibile risoluzione ed al Dirigente Scolastico, in via esclusiva, il compito di verificare compiutamente la posizione lavorativa e, se del caso, attivare la procedura di risoluzione del contratto con l'emissione finale del relativo preavviso entro il termine di sei mesi antecedenti l'inizio dell'anno scolastico. Orbene, nel caso di specie tale iter procedimentale non era stato osservato, poiché non risultava emesso o comunque validamente inoltrato ad esso ricorrente il preavviso di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro.

Osserva la Corte che i predetti motivi possono essere esaminati congiuntamente essendo ad essi comune la questione che investe l'interpretazione delle specifiche previsioni normative di cui al D.L. n. 112 del 2008, art. 72, comma 11, convertito nella legge n. 133/08.

Ebbene, la previsione del mantenimento in servizio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo risale al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, (norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici a norma della L. 23 ottobre 1992, n. 421, art. 3) che all'art. 16 (prosecuzione del rapporto di lavoro) stabiliva per il settore del pubblico impiego che "È in facoltà dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore della L. 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsti". Successivamente è intervenuto il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella L. 6 agosto 2008, n. 133, emanata in materia di sviluppo economico, semplificazione, competitività, stabilizzazione della finanza pubblica e perequazione tributaria, che nel capo II (contenimento della spesa per il pubblico impiego) del titolo III (stabilizzazione della finanza pubblica) contiene la norma di cui all'art. 72, concernente il personale in servizio presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le Agenzie fiscali, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, gli Enti pubblici non economici, le Università, le Istituzioni ed Enti di ricerca nonché gli enti di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 70, comma 4, prossimo al compimento dei limiti di età per il collocamento a riposo.

Tale norma, al settimo comma, disciplina l'ipotesi della domanda di trattenimento in servizio, stabilendo che "Al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 16, comma 1, e successive modificazioni, dopo il primo periodo sono aggiunti i seguenti: In tal caso è data facoltà all'amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi. La domanda di trattenimento va presentata all'amministrazione di appartenenza dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti il compimento del limite di età per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento. "Di seguito, l'ottavo comma della stessa norma prescrive che sono fatti salvi i trattenimenti in servizio in essere alla data di entrata in vigore (del presente decreto e quelli disposti con riferimento alle domande di trattenimento presentate nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto). Infine, all'undicesimo comma dello stesso art. 72 è previsto che "Nel caso di compimento dell'anzianità massima contributiva di 40 anni del personale dipendente, le pubbliche amministrazioni di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 1, comma 2, possono risolvere, fermo restando quanto previsto dalla disciplina vigente in materia di decorrenze dei trattamenti pensionistici, il rapporto lavoro con un preavviso di sei mesi. Con appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previa delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti i Ministri dell'interno, della difesa e degli affari esteri, sono definiti gli specifici criteri e le modalità applicative dei principi della disposizione di cui al presente comma relativamente al personale dei comparti sicurezza, difesa ed esteri, tenendo conto delle rispettive peculiarità ordinamentali.) Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano a magistrati e professori universitari".

Tale essendo il quadro normativo di riferimento, dallo stesso si ricava che è una facoltà per l'amministrazione, da esercitarsi in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, quella di accogliere la domanda di trattenimento in servizio in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti, il tutto in funzione dell'efficiente andamento dei servizi; tuttavia, a fronte di trattenimenti in servizio già autorizzati ed in essere alla data di entrata in vigore del D.L. n. 118 del 2008, convenuto nella L. n. 133 del 2008, o disposti con riferimento alle domande di trattenimento presentate nei sei mesi successivi alla sua data di entrata in vigore, la norma di cui all'art. 72, comma 8, dello stesso decreto prevede espressamente la loro salvezza.

Ebbene, questa Corte è intervenuta in materia statuendo (Cass. Sez. Lav. n. 12488 del 17/6/2015) che "in tema di collocamento a riposo d'ufficio nel lavoro pubblico contrattualizzato, qualora il dipendente, alla data del 31 dicembre 2011, abbia maturato i requisiti dei 65 anni di età ovvero di 40 anni di contribuzione ovvero, ancora, abbia raggiunto "quota 96" ai sensi dell'art. 1, comma 6, lett. c), della legge 23 agosto 2004, n. 243, come novellato dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247, trova applicazione il regime pensionistico previgente alla riforma attuata con l'art. 24 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, conv. in legge 22 dicembre 2011, n. 214, come interpretato dall'art. 2, commi 4 e 5, del d.l. 31 agosto 2013, n. 101, conv. in legge 30 ottobre 2013, n. 125, sicché è legittima la risoluzione del rapporto di lavoro ai sensi dell'art. 72, comma 11, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, conv. in legge 6 agosto 2008, n. 133." In effetti, con il D.L. n. 138 del 2011, art. 1, comma 16, conv. con L. n. 148 del 2011, è stato disposto che "le disposizioni di cui al D.Lgs. 25 giugno 2008, n. 112, art. 72, comma 11, convertito con L. 6 agosto 2008, n. 133, si applicano anche negli anni 2012, 2013 e 2014".

Il successivo D.L. n. 201 del 2011, art. 24, conv. con L. n. 214 del 2011, al comma 2, ha stabilito che "a decorrere dal 1 gennaio 2012, con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere da tale data, la quota di pensione corrispondente a tali anzianità è calcolata secondo il sistema contributivo". Lo stesso articolo al comma 3, ha disposto che "il lavoratore che maturi entro il 31 dicembre 2011 i requisiti di età e di anzianità contributiva, previsti dalla normativa vigente, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, ai fini del diritto all'accesso e alla decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità, consegue il diritto alla prestazione pensionistica secondo tale normativa e può chiedere all'ente di appartenenza la certificazione di tale diritto. A decorrere dal 1 gennaio 2012 e con riferimento ai soggetti che, nei regimi misto e contributivo, maturano i requisiti a partire dalla medesima data, le pensioni di vecchiaia, di vecchiaia anticipata e di anzianità sono sostituite, dalle seguenti prestazioni: a) "pensione di vecchiaia", conseguita esclusivamente sulla base dei requisiti di cui ai commi 6 e 7, salvo quanto stabilito ai commi 14, 15 bis e 18; b) "pensione anticipata", conseguita esclusivamente sulla base dei requisiti di cui ai commi 10 e 11, salvo quanto stabilito ai commi 14, 15 bis, 17 e 18". Nel contempo, lo stesso citato art. 24, comma 20, ha stabilito che "resta fermo che l'attuazione delle disposizioni di cui al D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 72, convertito con modificazioni con L. 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni e integrazioni, con riferimento ai soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento a decorrere dal 1 gennaio 2012, tiene conto della rideterminazione dei requisiti di accesso al pensionamento come disciplinata dal presente articolo".

Peraltro, il comma 14, dello stesso citato art. 24, ha stabilito che "Le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi ai soggetti che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2011, ai soggetti di cui alla L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 9, e successive modificazioni e integrazioni, nonché nei limiti delle risorse stabilite ai sensi del comma 15 e sulla base della procedura ivi disciplinata, ancorché maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011:

e) ai lavoratori che alla data del 4 dicembre 2011 hanno in corso l'istituto dell'esonero dal servizio di cui al D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 72, comma 1, convertito con modificazioni con legge 6 agosto 2008, n. 133; ai fini della presente lettera, l'istituto dell'esonero si considera comunque in corso qualora il provvedimento di concessione sia stato emanato prima del 4 dicembre 2011; dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati il citato D.L. n. 112 del 2008, art. 72, commi da 1 a 6, che continuano a trovare applicazione per i lavoratori di cui alla presente lettera.

Sono altresì disapplicate le disposizioni contenute in leggi regionali recanti discipline analoghe a quelle dell'istituto dell'esonero dal servizio".

In tale quadro, risultava già che il citato art. 72, comma 11, riguardante la risoluzione unilaterale del rapporto al raggiungimento della massima anzianità contributiva, non era stato intaccato dal D.L. n. 201 del 2011, (che aveva invece abrogato l'istituto dell'esonero, fatto salvo per i lavoratori che lo avessero in corso) ed era stato, anzi prorogato per il triennio 2012/2014 con il D.L. n. 138 del 2011. Infine è nuovamente intervenuto il legislatore con il D.L. n. 101 del 2013, art. 2, commi 4 e 5, convertito con modificazioni dalla L. n. 125 del 2013, disponendo che "Il D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 24, comma 3, primo periodo, convertito in L. 22 dicembre 2011, n. 214, si interpreta nel senso che il conseguimento da parte di un lavoratore dipendente delle pubbliche amministrazioni di un qualsiasi diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011 comporta obbligatoriamente l'applicazione del regime di accesso e delle decorrenze previgente rispetto all'entrata in vigore del predetto art. 24" e che "il D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 24, comma 4, secondo periodo, convertito in L. 22 dicembre 2011, n. 214, si interpreta nel senso che per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni il limite ordinamentale, previsto dai singoli settori di appartenenza per il collocamento a riposo d'ufficio e vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge stesso, non è modificato dall'elevazione dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia e costituisce il limite non superabile, se non per il trattenimento in servizio o per consentire all'interessato di conseguire la prima decorrenza utile della pensione ove essa non sia immediata, al raggiungimento del quale l'amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro o di impiego se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione".

Alla luce, quindi, di tale norma interpretativa deve ritenersi che al dipendente pubblico che al 31-12-2011, abbia maturato 65 anni di età ovvero 40 anni di contribuzione ovvero abbia raggiunto quota 96 ai sensi della L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 6, lett. c), come novellato dalla L. n. 247 del 2007, si applicano, ai fini del trattamento pensionistico, obbligatoriamente il regime di accesso e le decorrenze previgenti alla riforma, con la conseguenza che, per il detto dipendente, trovano anche applicazione le precedenti disposizioni, ivi compreso l'art. 72, comma 11 citato. In sostanza il dipendente con diritto a pensione maturato entro il 31-12-2011, non può esercitare una opzione per il nuovo regime, ma soggiace comunque obbligatoriamente al regime previgente.

Correttamente, quindi, nel caso di specie, considerato che il B. aveva già maturato il diritto a pensione a decorrere dall'1-9-2011, la Corte di merito ha ritenuto legittima la risoluzione del rapporto adottata con nota del 31/1/2011, dopo aver precisato che in relazione alla concessione della richiesta proroga di un anno del rapporto di servizio all'1/9/2012 avanzata dal medesimo interessato non si rendeva necessario l'invio da parte dell'amministrazione di un nuovo preavviso di recesso: invero, restava efficace quello comunicato con la precedente nota quale valida manifestazione della volontà dell'amministrazione di recedere unilateralmente dal contratto per effetto dell'avvenuto raggiungimento, da parte del lavoratore, dei quaranta anni di contribuzione ex art. 72, comma 11, del d.l. n. 112/2008.

Quanto alla lamentata violazione delle direttive comunitarie è agevole osservare che è stato già chiarito (Cass. sez. lav. n. 22023 del 28/10/2015) che "il collocamento a riposo d’ufficio nel lavoro pubblico contrattualizzato, previsto dall'art. 72, comma 11, del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif. dalla I. n. 133 del 2008, in ragione del raggiungimento dell'anzianità massima contributiva di quaranta anni, non contrasta con l'art. 6 della direttiva 2000/78/CE, attuata dal d.lgs. n. 216 del 2003, come interpretato dalla Corte di giustizia, che offre agli Stati membri la possibilità di prevedere, nell'ambito del diritto nazionale, forme di disparità di trattamento fondate sull'età quando siano "oggettivamente e ragionevolmente" giustificate da una finalità legittima qual'è la politica del lavoro e del relativo mercato o della formazione professionale, purché i mezzi per il raggiungimento di tale scopo siano necessari e appropriati."

Ne consegue che il ricorso va rigettato.

Nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio in quanto l'amministrazione intimata non ha svolto alcuna attività difensiva, essendosi limitata a depositare una memoria attraverso la quale ha semplicemente rappresentato di voler essere ascoltata all'udienza di discussione alla quale, peraltro, non ha partecipato.

Ricorrono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del contributo unificato di cui in dispositivo ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115/2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.