Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 ottobre 2016, n. 21293

Accertamento induttivo - Attività di commercio al dettaglio ed all'ingrosso di generi alimentari - Tenuta irregolare della contabilità aziendale

 

Svolgimento del processo

 

Nei confronti di A.A.A. s.r.l., esercente l'attività di commercio al dettaglio ed all'ingrosso di generi alimentari, venne emesso avviso di accertamento in relazione all'anno 2003 di maggiori ricavi per euro 64,178,00 sulla base di ricostruzione analitico-induttiva. Il ricorso della contribuente venne disatteso. L'appello della contribuente venne accolto dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana sulla base della seguente motivazione.

Legittimo, come ritenuto dalla commissione di primo grado, è il ricorso all'accertamento induttivo per la tenuta irregolare della contabilità aziendale. L'accertamento induttivo deve però basarsi su elementi certi, precisi e concordanti e non fondarsi su semplici presunzioni o calcoli generici e unilaterali. "Nel caso in esame la determinazione dei ricavi si è basata su ‘presunzioni’ di ‘resa’, di ‘ricavato’ e di ‘ricarico’, calcolati a tavolino dall'Agenzia delle Entrate, in misura fissa e predeterminata, senza tener conto delle condizioni soggettive del venditore, del particolare tipo di prodotti e delle qualità del mercato. In particolare, è stata presunta una resa a peso morto di animale vivo, è stato presunto che da tale peso morto siano state ricavate certe quantità di carne, mentre la resa a peso morto di un animale vivo varia da animale ad animale, da periodo a periodo, da razza a razza, ecc., e non può quindi concretizzarsi in una percentuale fissa; inoltre la percentualizzazione del ricavato dall'animale morto può essere soggetta alla capacità del macellaio, alla richiesta del mercato e della clientela; come la scarnificazione dell’animale può essere diversa da zona a zona, da venditore a venditore e da momenti di mercato. Inoltre, sono stati presunti prezzi di ricarico e quindi prezzi di vendita neppure riferiti all'anno esaminato... I ricavi sono stati determinati non su elementi certi, ma solo su presunzioni: presunzioni sulla resa, sul ricavato e sui prezzi. Le fatture di acquisto sono state utilizzate dall'Ufficio solo per determinare il quantum su cui basare tutte le predette presunzioni; esse quindi rappresentano una prova certa solo in riferimento alla quantità della merce acquistata (che non è in discussione nella presente controversia), ma non certamente in riferimento ai ricavi (basati solo su presunzioni e non su prove certe)".

Ha proposto ricorso per cassazione l'Agenzia delle Entrate sulla base di due motivi. Resiste con controricorso la contribuente.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, n. 4 d.p.r. n. 600/1973 e 54, comma 2, d.p.r. n. 633/1972, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c. Osserva la ricorrente che in base alle disposizioni citate l'Ufficio ben può procedere all'accertamento di attività non dichiarate mediante presunzioni (valide anche se il fatto ignoto sia deducibile dai fatti noti sulla base dell’id quod plerumque accidit) e che la CTR ha affermato che la ricostruzione è illegittima perché fondata non su elementi certi, ma su presunzioni.

Il motivo è fondato. La CTR ha riconosciuto per un verso la legittimità del ricorso all'accertamento induttivo per la tenuta irregolare della contabilità aziendale, per l'altro ha negato che l'accertamento induttivo possa basarsi su presunzioni ed ha affermato che può basarsi solo su "elementi certi". In tal modo ha violato le disposizioni indicate nella rubrica della censura, le quali consentono il ricorso a presunzioni, purché gravi, precise e concordanti, in presenza di tenuta irregolare della contabilità, fino alla possibilità di presunzioni prive dei requisiti predetti laddove risulti una inattendibilità nel loro complesso delle scritture contabili per il carattere grave, numeroso e ripetuto delle irregolarità.

Resta comunque fermo che l'inferenza probabilistica dei fatti costitutivi della pretesa tributaria ignoti da quelli noti procede attraverso un legame che non deve essere di necessarietà assoluta, essendo sufficiente che il fatto noto sia desumibile da quello ignoto sulla base di un giudizio di probabilità basato sull’id quod plerumque accidit (fra le tante Cass. 3 maggio 2002, n. 6340; 7 gennaio 1999, n. 51). Anche sotto quest'aspetto la valutazione in termini di certezza degli elementi su cui basare la determinazione dei ricavi risulta in violazione di legge.

Con il secondo motivo si denuncia insufficiente ed illogica motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. Osserva la ricorrente che nelle controdeduzioni in appello era stata evidenziata l'inconsistenza dell'affermazione della contribuente in ordine alla variabilità della percentuale di resa di un animale (da razza a razza, da periodo a periodo, ecc.), acriticamente recepita dalla CTR, in quanto la determinazione effettuata dai verificatori era il risultato di una ricostruzione analitica, peraltro tendente al ribasso, formatasi sui dati provenienti dalla documentazione della stessa contribuente, e dunque dalla concreta realtà aziendale, ed i prezzi applicati erano stati desunti in contraddittorio con il contribuente, procedendo a riduzioni e arrotondamenti in favore della parte, confrontando il listino dei prezzi in uso nell'anno in corso e tenendo conto di tutte le variabili indicate dalla CTR. Aggiunge che la CTR ha limitato il proprio esame al settore della macelleria, senza considerare quello agro-alimentare, più rilevante dal punto di vista economico.

Il motivo è fondato. In sede di controdeduzioni in appello fa ricorrente aveva analiticamente indicato la procedura di determinazione dei ricavi, sia per il settore della macelleria che per quello agro-alimentare, svolta in contraddittorio con la contribuente sulla base degli elementi contabili forniti dalla stessa parte, al netto di possibili scarti, cali di resa e distruzioni periodiche, e, per quanto riguarda in particolare il settore della macellazione, distinguendo fra commercio al dettaglio ed all'ingrosso ed in rapporto al singolo taglio di carne o di mezzene. La motivazione della decisione impugnata, imperniata su una valutazione in termini di determinazione di una percentuale astratta, disancorata dalle caratteristiche del venditore e del prodotto, non consente di apprezzare se le circostanze di fatto evidenziate dalla ricorrente siano state contemplate nel procedimento logico della decisione (peraltro la valutazione è incentrata solo sul settore della macelleria e non risulta considerato quello agro-alimentare). L'attribuzione di astrattezza alla determinazione dei ricavi da parte dell'Ufficio pare aprioristica ed anch'essa astratta in quanto non basata sulla confutazione dell'attività concretamente svolta dai verificatori, secondo quanto risultante dalle deduzioni in appello dell'odierna ricorrente. Di qui il carattere gravemente deficitario del percorso motivazionale.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.