Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 29 settembre 2016, n. 19322

Pensione di vecchiaia - Ex lavoratore agricolo - Riliquidazione - Accredito dei contributi - Effettivo svolgimento dell’attività di bracciante

 

Svolgimento del processo

 

1. - Con sentenza depositata in data 7 giugno 2010 la Corte di appello di Catania ha rigettato l'appello proposto da S.D.M. contro la sentenza resa dal Tribunale della stessa sede, che aveva rigettato la sua domanda diretta ad ottenere la riliquidazione della pensione di vecchiaia, quale ex lavoratore agricolo a decorrere dal mese di agosto del 1999, con il computo dei contributi versati dal 1986 al 1992, e illegittimamente esclusi dall’lnps.

2. - La Corte territoriale, condividendo il ragionamento svolto dal primo giudice, ha ritenuto che la cancellazione del ricorrente dagli elenchi dei lavoratori agricoli per gli anni dal 1986 al 1990 e per il 1992 e la mancata dimostrazione da parte dello stesso di aver effettivamente espletato l'attività di bracciante nei suddetti anni non consentivano l'accredito dei relativi contributi e rendevano infondata la domanda di riliquidazione della prestazione. In particolare, la sentenza del Pretore di Acireale del 6 agosto 1997, che aveva assolto il D.M. dal delitto di truffa, riguardava esclusivamente il 1991, e per tale anno l’Inps aveva provveduto atta reiscrizione del lavoratore e al riconoscimento dei contributi relativi; quanto agli altri anni, invece, era stato accertato in modo incontrovertibile, stante la mancata proposizione di gravame avverso il relativo capo della sentenza, il fatto che l'appellante era stato cancellato dagli elenchi anagrafici con provvedimento del febbraio del 1996, comunicato al ricorrente, né risultava che la cancellazione fosse stata impugnata in sede amministrativa o giurisdizionale, così maturandosi il termine di decadenza di centoventi giorni per la proposizione dell'azione giudiziaria, come previsto dall'art. 22 del D. L. n. 7/1970, convertito in L. n. 83/1970. Inoltre, non sussisteva alcun onere dell’Inps di sollecitare l'interessato ad avanzare la richiesta di reiscrizione.

3. Contro la sentenza, il D.M. propone ricorso per cassazione fondato su un unico motivo, cui resiste l'Inps con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

1. Il motivo è fondato sulla violazione e falsa applicazione dell'art. 22 del D.L. 2 febbraio 1970, n. 7, dell'art. 12 del R.D. 24 settembre 1940, n. 1949, e dell'art. 112 c.p.c. In particolare il ricorrente lamenta che la Corte ha dato per dimostrato che il provvedimento di cancellazione dagli elenchi dei braccianti agricoli relativamente agli anni 1986-1992 fosse stato portato a sua conoscenza: ciò, invece, non era avvenuto, con la conseguenza che non poteva essere dichiarata l'improponibilità della domanda per mancata impugnazione del provvedimento, a lui mai comunicato. Tale eccezione, inoltre, non era stata sollevata dall'Inps ed il suo rilievo d'ufficio violava il disposto dell'art. 112 c.p.c. Ancora, nessuna delle comunicazioni inviate dall’Inps e in particolare la raccomandata dell'8/7/2005 conteneva l'invito ad esso ricorrente di richiedere la reiscrizione o di proporre reclamo amministrativo nei termini di cut all'art. 12 del RD citato o dell'art. 22 del D.L. n. 7/1970.

2. Il motivo è infondato oltre a presentare profili di inammissibilità. È incontestato tra le parti che la sentenza del pretore di Acireale ha riguardato esclusivamente l'attività di lavoro del D.M. svolta nel 1991, sicché correttamente la Corte ha escluso che essa potesse valere a determinare la reiscrizione del lavoratore e il conseguente accredito dei contributi per gli anni precedenti e per il 1992.

3. La stessa Corte ha poi ritenuto "incontrovertibile" per essere stato accertato dal Tribunale e non essere stato oggetto di impugnazione (pagina 4 della sentenza) che la cancellazione dagli elenchi anagrafici dei braccianti agricoli per gli anni tra il 1986 1990 e il 1992 è stata disposta con provvedimento del febbraio del 1996, comunicato all'interessato.

4. Nel suo controricorso l’Inps ha trascritto letteralmente la parte della sentenza del Tribunale in cui si afferma che "l’Inps ha comunicato aI ricorrente la cancellazione dall'elenco dei braccianti agricoli con provvedimento del febbraio del 1996 per il periodo dal 1986 al 1992 e, pertanto i contributi versati in tale periodo non sono stati indicati. Il ricorrente non ha proposto domanda per ottenere fa reiscrizione nell'elenco dei braccianti agricoli, tra l'altro nel presente giudizio il ricorrente non ha in alcun modo documentato l’esistenza del rapporto di lavoro e il numero di contributi versati in tale periodo" Il giudizio di "incontrovertibilità" è dunque corretto, in mancanza di indicazioni da parte del ricorrente di aver proposto uno specifico motivo di doglianza avverso questo accertamento fattuale, con la precisa indicazione dei termini del motivo, dell'atto in cui esso sarebbe stato proposto e degli elementi per una sua facile reperibilità nel presente giudizio.

5. A fronte della definitività del provvedimento di cancellazione e dell'incontrovertibilità del dato relativo alla sua comunicazione all'interessato, è corretta la declaratoria di improcedibilità della domanda per il decorso del termine di centoventi giorni previsto dal D.L. citato.

6. Il D.L. n. 7 del 1970, art. 22, conv. nella L. n. 83 del 1970 dispone che contro i provvedimenti definitivi adottati in applicazione del predetto decreto, l’interessato (sia esso il privato o l'ente gestore degli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli) può proporre azione giudiziaria nel termine di centoventi giorni dalla notifica ovvero dal momento in cui ne abbia avuto conoscenza.

7. La giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che il termine ha natura di decadenza sostanziale (in quanto relativo al compimento di un atto di esercizio di un diritto soggettivo), così da non essere suscettibile di sanatoria ai sensi della L. n. 533 del 1973, art. 8 (fra tante, Cass. 1 ottobre 1997 n. 9595; Cass., 21 aprile 2001 n. 5942; Cass., 8 novembre 2003 n. 16803; Cass., 10 agosto 2004 n. 15460, 18 maggio 2005 n. 10393; Cass., 5 giugno 2009, n. 13092).

8. Ha inoltre ritenuto che la decadenza, salvo il limite del giudicato interno, è rilevabile dal giudice di ufficio in ogni stato e grado del giudizio, ai sensi dell'art. 2969 c.c. riguardando una materia - come quella della iscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli - sottratta alla disponibilità delle parti. Questa interpretazione è stata ritenuta dalla Corte costituzionale - con sentenza n. 192 del 2005, che ha modificato l'orientamento assunto dalla stessa Corte nella sentenza n. 88 del 1988 - non in contrasto con i precetti degli artt. 3 e 38 Cost., In base al rilievo che la previsione degli indicati termini decadenziali, per contestare in sede giurisdizionale i provvedimenti di iscrizione o di mancata iscrizione ovvero di cancellazione dagli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli, è giustificata dall’esigenza di accertare nel più breve tempo possibile la sussistenza del diritto all'iscrizione, avuto riguardo al fatto che essa costituisce presupposto per l'accesso alle prestazioni previdenziali (quali l'indennità di malattia e di maternità), collegate al solo requisito assicurativo, e titolo per l'accredito, in ciascun anno, dei contributi (corrispondenti al numero di giornate risultante dagli elenchi stessi) (in tal senso, Cass., 13092/2009, cit.; cfr. sulla rilevabilità d'ufficio della decadenza ex art. 47 D.P.R. n. 639 del 1970, Cass., 9 settembre 2011, n. 18528; v. pure Cass., 12 maggio 2015, n. 9622).

9. Né la decadenza può dirsi esclusa per il fatto che l'Inps non abbia sollecitato li potere impugnatorio da parte del lavoratore agricolo, in difetto di una norma che espressamente imponga un tale onere di sollecitazione a carico dell'ente previdenziale.

10. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato. In applicazione del criterio della soccombenza e in mancanza della dichiarazione prevista dall'art. 152 disp.att. c.p.c. (nel testo riformato dalla legge n. 326/2003, applicabile ratione temporis, essendo stato ricorso depositato in data 9/3/2006) perché la parte possa beneficiare dell'esenzione dal pagamento delle spese processuali, il D.M. deve essere condannato al pagamento delle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in € 2.600,00 di cui € 100 per esborsi, oltre al 15% di spese generali e altri accessori di legge.