Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 novembre 2016, n. 22771

Tributi - Accertamento - Studi di settore - Grave incongruenza tra ricavi dichiarati e quelli risultanti dall’applicazione degli standard - Applicazione di una diversa percentuale media di ricarico

 

Svolgimento del processo

 

Nei confronti di P.M. venne emesso avviso di accertamento relativamente all'anno d'imposta 2002 sulla base dell'applicazione di una diversa percentuale media di ricarico. Il ricorso della contribuente venne accolto dalla CTP. La Commissione Tributaria Regionale della Campania accolse l'appello dell'Ufficio sulla base della seguente motivazione.

<Va rilevato che l'assunto dei primi giudici, secondo cui la ricorrente, nell'anno in questione, "non si è avvalsa dell'opera di alcun collaboratore familiare, per cui, venuto meno l'unico motivo su cui si basava l'accertamento del maggior reddito d'esercizio l'atto impugnato è da ritenersi nullo", non trova riscontro nella documentazione prodotta in atti dalla stessa contribuente con la presentazione del ricorso introduttivo. Infatti nel caso di specie i primi giudici hanno violato il principio processuale della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato: hanno dato valenza probatoria ad elementi e fatti non contestati dalla contribuente (l'assenza dell'opera di un collaboratore familiare) e non oggetto del petitum; invece la contestazione della presenza o meno del collaboratore familiare riguardava l'anno d'imposta 2001. Nel merito della controversia si osserva che l'Ufficio, nel proprio accertamento posto in essere ai sensi dell'art. 39, comma 1, lett. d) del d.p.r. 600/73, ha dato prova che lo scostamento rilevato evidenziava una grave incongruenza tra i ricavi dichiarati e quelli fondatamente realizzati dall'impresa; a differenza della contribuente che si è limitata a generiche contestazioni, senza fornire alcun concreto elemento utile a smentire le risultanze operate dall'Ufficio che ha proceduto al controllo indiretto dei ricavi, attraverso l'applicazione al costo del venduto (pari a  €. 61.377,00) di una percentuale media di ricarico del 65%, pari a quella dichiarata dalla parte ed a quella mediamente praticata dagli operatori dello specifico settore in esame>.

Ha proposto ricorso per cassazione la contribuente sulla base di quattro motivi.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 16, 17 e 31 d.leg. n. 546/1992 e 24 Cost. Lamenta la ricorrente che la segreteria della CTR ha omesso qualsivoglia comunicazione del decreto di fissazione di udienza, sicché la decisione è nulla.

Con il secondo motivo si denuncia violazione dell'art. 101 c.p.c.. Osserva la ricorrente che non essendo stato comunicato il decreto di fissazione dell'udienza risulta violato il principio del contraddittorio e dunque nulla è la sentenza.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 39, comma 1, lett. d) d.p.r. n. 600/1973. Osserva la ricorrente che la CTR ha accolto l'appello senza tenere conto dell'allegazione al ricorso introduttivo di copia del libro mastro regolarmente vidimato e bollato relativo all'anno in questione, dal quale si evinceva che non risultava assunto alcun collaboratore familiare, e che, circa la rilevata violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato, non sussiste vizio di extrapetizione qualora la pronuncia resti nell'ambito della res in iudicium e potendo il giudice rilevare fatti non dedotti dalle parti. Aggiunge che i ricavi erano stati registrati perfettamente ed in sintonia con le scritture contabili e che l'avviso di accertamento era nullo in quanto fondato esclusivamente sugli studi di settore (essendo necessari ulteriori elementi idonei a confermare quanto risultante dagli studi). Osserva inoltre che le cause di non adeguamento agli studi di settore erano riconducibili non all'assunzione di un collaboratore familiare, ma alla generale crisi economica.

Con il quarto motivo si denuncia violazione dell'art. 111 Cost. e del d. leg. n. 546/1992. Osserva la ricorrente che la sentenza manca di motivazione, da valutarsi unitamente alla mancata considerazione del libro mastro regolarmente vidimato e bollato, nonché per la mancanza del riferimento alle norme giuridiche a fondamento della decisione.

Il primo motivo è infondato. Sulla base dell'accesso agli atti del processo di merito, consentita dalla tipologia del vizio denunciato, risulta l'avvenuta comunicazione della data di udienza.

Il rigetto del primo motivo determina l'assorbimento del secondo motivo.

Il terzo motivo è inammissibile. Il motivo si articola in più sub-motivi. In primo luogo si denuncia la mancata considerazione della copia del libro mastro regolarmente vidimato e bollato. Trattasi di censura afferente al piano della valutazione nel merito della prova, non sollevabile con la denuncia di violazione di legge, ma al più nei termini del vizio motivazionale. Quanto alla successiva censura in termini di mancanza del vizio di extrapetizione, con riferimento alla questione dell'assenza dell'opera di un collaboratore familiare, il motivo non rispetta il canone dell'autosufficienza: la ricorrente non ha dedotto se la questione in discorso fosse stata dedotta fra i motivi di impugnazione originaria dell'atto impositivo e l'esigenza di autosufficienza è tanto più avvertita in quanto dalla sommaria esposizione dei fatti di causa l'indicazione di tale motivo nel ricorso di primo grado non traspare (anzi nella censura si parla di facoltà del giudice di rilevare fatti non dedotti dalle parti). La deduzione di perfetta registrazione dei ricavi costituisce poi apprezzamento di merito il cui esame è precluso nella presente sede di legittimità. Infine, l'ultima censura relativa agli studi di settore, resta estranea all'accertamento di fatto del giudice di merito, che ha valutato l'accertamento tributario come fondato sull'applicazione di una diversa percentuale di ricarico senza fare menzione dell'applicazione di studi di settore.

Il quarto motivo è infondato. La motivazione, quale requisito del modello legale di sentenza, risulta in modo evidente, anche per ciò che concerne le ragioni di diritto della decisione (nella motivazione si evidenzia che l'accertamento è stato posto in essere ai sensi dell'art. 39, comma 1, lett. d) del d.p.r. 600/73).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il primo motivo, con assorbimento del secondo motivo, ed il quarto motivo del ricorso, e dichiara inammissibile il terzo motivo; condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali che liquida in euro 860,00 per compenso, oltre le eventuali spese prenotate a debito.