Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 31 marzo 2017, n. 8428

Tributi - Riscossione - Bene immobile costituito in fondo patrimoniale - Iscrizione di ipoteca - Ammissibilità - Accertamento del debito riconducibile o meno ai bisogni della famiglia, con la consapevolezza del creditore

 

Rilevato

 

che Equitalia Centro s.p.a. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell'Emilia Romagna n. 34/20/13, che ha accolto l'appello del contribuente avverso la decisione con cui era stata respinta l'impugnazione inerente l'iscrizione di ipoteca ex art. 77 D.P.R. n. 602 del 1973, eseguita in forza di diverse cartelle di pagamento, su bene immobile, sito nel Comune di Spilamberto (MO), costituito in fondo patrimoniale, rilevando la sussistenza agli atti di causa della prova dell'avvenuta "trascrizione" (rectius annotazione ex art. 162 c.c.) allo stato civile della costituzione del fondo patrimoniale, circostanza processuale esclusa dal primo giudice e facendo proprie, condividendole, le ulteriori argomentazioni svolte nella sentenza della Commissione tributaria provinciale di Modena, nonostante l'assorbente rilievo attribuito all'indimostrato adempimento pubblicitario, in merito alla dedotta illegittimità dell'iscrizione ipotecaria; che il contribuente L. I. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale anch'esso affidato ad un motivo;

 

Considerato

 

che, con il motivo di doglianza la ricorrente deduce, sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione agli artt. 77 D.P.R. n. 602 del 1973, 169 e 170 c.c., giacché il Giudice di appello avrebbe posto a fondamento della decisione, richiamando per relationem le motivazioni della sentenza di primo grado, la non configurabilità di una chiara linea di demarcazione tra esecuzione forzata ed iscrizione di ipoteca, misura al pari del pignoramento aggressiva del patrimonio del debitore, l'insuperabile difficoltà di individuare, per quanto concerne i debiti tributari, la loro estraneità ai bisogni della famiglia, l'irrilevanza sia della consapevolezza dell'Amministrazione finanziaria circa la causa originaria dell'obbligazione, che del momento di costituzione del fondo patrimoniale rispetto all'insorgere dell'obbligazione tributaria;

che contribuente, con il motivo di doglianza oggetto del ricorso incidentale, deduce, sensi dell'art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione agli artt. 91 e 92, per la mancata condanna della parte soccombente al pagamento delle spese di lite, illegittimamente compensate dal Giudice di appello per "lo sviluppo assunto dalla vertenza nei due gradi del giudizio";

che va, preliminarmente, disattesa l'eccezione di inammissibilità dei ricorso principale per nullità della procura alle liti perché apposta non a margine o in calce al ricorso, ma ad esso allegata, ed in quanto contenente una generica indicazione delle parti in causa ("... nel giudizio promosso da Equitalia Centro s.p.a. contro I. L. (A.L. 702013421 non compatibile con la necessaria specialità dell'atto in questione; che, infatti, "La procura per il ricorso per cassazione è validamente conferita, soddisfacendo il requisito di specialità di cui all’art. 365 c. p. c., anche se apposta su di un foglio separato, purché materialmente unito al ricorso e benché non contenente alcun riferimento alla sentenza impugnata o al giudizio da promuovere, in quanto, ai sensi dell'art. 83 c.p.c. (come novellato dalla legge 27 maggio 1997, n. 141), si può ritenere che l'apposizione topografica della procura sia idonea - salvo diverso tenore del suo testo - a fornire certezza della provenienza dalla parte del potere di rappresentanza e a far presumere la riferibilità della procura medesima al giudizio cui l'atto accede" (Cass. n. 29785/2008);

che, inoltre, il ricorso principale risponde al requisito dell'autosufficienza in quanto l'Agente della riscossione non si è limitato alla denuncia di un errore di diritto a norma dell'art. 360, n. 3, c. p. c., ma ha indicato in maniera adeguata la situazione di fatto della quale chiede una valutazione giuridica diversa da quella compiuta dal giudice a quo, in relazione alle motivazioni della decisione impugnata, asseritamente erronea; che il ricorso principale è fondato e merita di essere accolto, nei termini di seguito precisati, con conseguente assorbimento del motivo di ricorso incidentale; che, invero, " l'art. 170 c.c. nel disciplinare le condizioni di ammissibilità dell'esecuzione sui beni costituiti in fondo patrimoniale, detta una regola applicabile anche all'iscrizione di ipoteca non volontaria, ivi compresa quella di cui all'art. 77 del d.p.r. 3 marzo 1973 n.602. Ne consegue che l'esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo, qualora il debito facente capo a costoro sia stato contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, ovvero quando - nell'ipotesi contraria - il titolare del credito, per il quale l'esattore procede alla riscossione, non conosceva l'estraneità ai bisogni della famiglia; viceversa, l'esattore non può iscrivere l'ipoteca - sicché, ove proceda in tal senso, l'iscrizione è da ritenere illegittima - nel caso in cui il creditore conoscesse tale estraneità" (tra le altre, Cass. n.5385/2013);

che in base all'attuale normativa - la quale ha ristretto l'ambito applicativo dell'art. 77 D.P.R. n. 602 del 1973, introducendo specifici limiti di valore al di sotto dei quali l'iscrizione della formalità non è consentita, e prescrivendo all'agente per la riscossione, con l'art. 77 D.P.R. n. 602 del 1973, come novellato dall'art. 7, comma 2, lett. u) bis D.L. n. 70 del 2011, convertito in Legge n. 106 del 2011, l'invio al contribuente di una preventiva comunicazione - si può iscrivere ipoteca solo nei casi in cui ricorrano le condizioni per procedere all'esecuzione forzata; che l'ipoteca (come il fermo amministrativo dei beni mobili registrati), infatti, anche se non è un atto esecutivo, dovendosi piuttosto parlare, come evidenziato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 1535/2015, di "un atto riferito ad una procedura alternativa all'esecuzione forzata vera e propria", deve sottostare alle condizioni indicate dall'art. 170 c.c. in quanto atto preordinato alla esecuzione forzata - la quale potrà in concreto anche mancare - che presuppone la formazione di un valido titolo esecutivo, idoneo a consentire l'avvio dell'espropriazione dei beni del debitore, ossia il ruolo che, ai sensi dell'art. 49, comma 1, D.P.R. n. 602 del 1973, l'ufficio impositore consegna al concessionario, ovvero l'avviso di accertamento, nei casi previsti dall'art. 29 D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010, quando cioè la riscossione coattiva debba avvenire in forma semplificata senza ruolo e conseguente notificazione della cartella di pagamento;

che non ha alcun pregio l'argomentazione - supportata da isolata giurisprudenza (Cass. n. 10794/2016) - secondo cui l'applicabilità dell'art. 170 c.c. all'iscrizione di ipoteca di cui all'art. 77 D.P.R. n. 602 del 1973 sarebbe impedita dalla alternatività della misura cautelare all'esecuzione forzata vera e propria, che va intesa nel senso che il concessionario agente per la riscossione può iscrivere ipoteca quando vi siano elementi idonei a configurare l'urgenza della cautela, e non nel senso che quest'ultima misura sia addirittura avulsa dalle regole che governano il titolo esecutivo presupposto, stante il collegamento - non rescindibile - tra ipoteca ed esecuzione immobiliare;

che questa Corte ha, inoltre, ribadito che il criterio identificativo dei crediti che possono essere realizzati esecutivamente sui beni conferiti nel fondo va ricercato non già nella natura delle obbligazioni, ma nella relazione esistente tra il fatto generatore di esse e i bisogni della famiglia (Cass. n.3738/2015, n.15886/2014); che spetta al giudice di merito di accertare - in fatto - se il debito in questione si possa dire contratto per soddisfare i bisogni della famiglia, con la precisazione che, se è vero (Cass. n. 12998/2006) che tale finalità non si può dire sussistente per il solo fatto che il debito sia sorto nell'esercizio dell'impresa, è vero altresì che tale circostanza non è nemmeno idonea ad escludere, in via di principio, che il debito si possa dire contratto, appunto, per soddisfare tali bisogni (Cass. n. 3738/2015 cit. la quale, in adesione a [§Cass. n. 4011/2013§], ha, pertanto, ritenuto che, in quest'ottica, non potranno essere sottratti all'azione esecutiva dei creditori i beni costituiti per bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione del loro tenore di vita familiare, così da ricomprendere anche i debiti derivanti dall'attività professionale o di impresa di uno dei coniugi qualora il fatto generatore dell'obbligazione sia stato il soddisfacimento di tali bisogni, da intendersi nel senso ampio testé descritto);

che la CTR, nel ritenere illegittima l'iscrizione ipotecaria ex art. 77 D.P.R. n.602 del 1973, si è discostata da tali principi, soprattutto ove si consideri che la statuizione concernente la riconducibilità del debito alle esigenze della famiglia è basata su un accertamento in fatto, non censurabile in cassazione se congruamente motivato (Cass. n. 933/2012; n. 12730/2007), nel caso di specie del tutto omesso sull'erroneo rilievo della assoluta non aggredibilità, mediante iscrizione di ipoteca, dei beni costituti in fondo patrimoniale, da parte dell'Agente di riscossione, in relazione ad un debito tributario, per cartelle di pagamento rimaste insolute, senza neppure considerare che l'onere della prova dei presupposti di applicabilità dell'art. 170 c. c. grava, per giurisprudenza consolidata, su chi intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale e non sull'Agente di riscossione (Cass. n. 5385/2013, n. 4011/2013, citate);

che, pertanto, assodato che l'iscrizione di ipoteca può essere ricondotta al novero degli atti ricompresi nell'ambito di applicazione dell'art. 170 c.p.c., latamente inteso, la sentenza impugnata va cassata, e poiché il credito riguarda importi dovuti a titolo di tributi, il giudice di merito, cui si rinvia il presente giudizio, dovrà accertare se il debito sia o meno riconducibile ai bisogni della famiglia, sussistendone la consapevolezza del creditore, con la precisazione che tale finalità non può essere esclusa, in via di principio, per il solo fatto che il debito sia sorto nell'esercizio dell'impresa o della professione;

Al giudice di rinvio va rimessa anche la liquidazione delle spese del giudizio dì legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, dichiara assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell'Emilia Romagna, altra sezione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi dell'art. 13, co. 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1-bis dello stesso art. 13.