Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 26 marzo 2018, n. 7431

Termine apposto al contratto -Clausola di contingentamento - Percentuali stabilite dalla legge - Allegazioni della società

Rilevato

 

che con sentenza in data 24 gennaio 2014 la Corte di Appello di Ancona ha riformato la sentenza del Tribunale di Fermo ed ha dichiarato nullo il termine apposto al contratto intercorso tra S.P. e Poste Italiane s.p.a. nel periodo dal 21 giugno al 15 settembre 2007 ai sensi dell'art. 2 comma 1 bis d.lgs. n. 368 del 2001 e ss.mm . avendo accertato che non era stata offerta la prova dell'avvenuto rispetto della clausola di contingentamento prevista dalla legge stessa.

che avverso tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso affidato a cinque motivi. S.P., pur ritualmente citata è rimasta intimata.

 

Considerato

 

che con le censure investono:

1. La violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 cod. proc. civ. e degli artt. 1372 primo comma e 2697 cod. civ. in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. e l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all'art. 360 primo comma n. 5 cod. proc. civ. per avere la Corte di merito omesso la valutazione della denunciata risoluzione per mutuo consenso dei contratti.

2. La violazione e falsa applicazione dell'art. 414 n. 5 cod. proc. civ. e dell'art. 2697 cod. civ. in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 e n. 5 cod. proc. civ. per avere la Società allegato e documentato l'avvenuto rispetto della percentuale di contingentamento mentre la lavoratrice non aveva specificatamente contestato i fatti allegati di tal che gli stessi dovevano essere ritenuti provati. Inoltre il calcolo era stato effettuato tra dati omogenei sia per teste che con riguardo al Full Time Equivalent e dimostrava che la percentuale del contingentamento non era stata mai superata.

3. La violazione e falsa applicazione dell'art. 414 n. 5 cod. proc. civ. e dell'art. 2697 cod. civ. in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 e n. 5 cod. proc. civ. per avere la Società assolto all'onere di provare di aver provveduto alle informative alle organizzazioni sindacali che peraltro non incidono sulla validità dei termini ma rivelano, semmai, una condotta antisindacale.

4. La violazione e falsa applicazione dell'art. 414 n. 5 cod. proc. civ. e dell'art. 2697 cod. civ. in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 e n. 5 cod. proc. civ. per avere la Società dimostrato anche tramite testi il rispetto delle percentuali di contingentamento.

5. La violazione e falsa applicazione dell'art. 32 commi 5 e 6 della legge n. 183 del 2010 e dell'art. 8 della legge n. 604 del 1966 e l'omessa valutazione, nel quantificare l'indennità, degli accordi collettivi nazionali allegati che avrebbero dovuto determinare la Corte dimezzarla.

Che il secondo ed il quarto motivo di ricorso, che investono la statuizione della sentenza che accerta il mancato rispetto della clausola di contingentamento, devono essere esaminati congiuntamente e sono fondati restandone assorbito l'esame delle altre censure.

Che , infatti, la Corte territoriale pur ritenendo correttamente che fosse onere del datore di lavoro offrire la prova di aver rispettato, nel procedere ad assunzioni a termine, le percentuali di contingentamento stabilite dalla legge, non ha dato conto se le allegazioni della società sul punto, riassunte in prospetti redatti e depositati in giudizio, erano state oggetto di specifica contestazione da parte della lavoratrice e perché le dichiarazioni rese dai testi escussi in primo grado non fossero idonee a confermarne il contenuto. La sentenza sviluppa una motivazione avulsa dalla concreta fattispecie e del tutto astratta ipotizzando la necessità di mezzi di prova diversi e più adeguati senza tuttavia chiarire perché le prove in concreto offerte non fossero idonee allo scopo. Sotto altro profilo poi, nel dare atto dell'esistenza di scarti numerici esigui che, a suo avviso, dimostrerebbero ancora una volta l'inattendibilità dei dati stessi (ma non si comprende perché), non spiega quale sia stato il criterio di calcolo adottato. Al riguardo va rammentato che l'art. 2, comma 1-bis, del d.lgs. n. 368 del 2001, nel prevedere che il numero dei lavoratori assunti a termine dalle imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste non può superare il limite percentuale del quindici per cento dell'organico aziendale, si criterio quantitativo "per teste", dovendosi escludere il computo dei contratti a tempo determinato "part-time" fino alla concorrenza dell'orario pieno, ossia secondo il criterio cd. "full time equivalent", previsto dall'art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 61 del 2000 al fine di facilitare il calcolo dell'organico in sede di recepimento della direttiva 1997/81/CE e in vista della prevedibile estensione del lavoro a tempo parziale, ma non anche ai fini della disciplina dei limiti di utilizzo del contratto a tempo determinato, che ha una specifica "ratio", riconducibile alla finalità antiabusiva della direttiva 1999/70/CE.(cfr. Cass. 15/01/2018 n. 753)

Che in definitiva la sentenza con riferimento alle censure sopra esaminate deve essere cassata e rinviata alla Corte di merito che procederà ad un nuovo esame delle censure aventi ad oggetto la clausola di contingentamento e valutando nuovamente la prova dell'avvenuto rispetto alla luce dei principi sopra esposti. Alla Corte del rinvio è del pari demandata la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il secondo ed il quarto motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.