Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 28 marzo 2018, n. 7736

Licenziamento disciplinare - Eccezione di tardività della contestazione - Proporzionalità della sanzione - Valutazione operata dalla Corte di merito congrua sul piano logico e giuridico

 

Fatti di causa

 

Con sentenza del 28 ottobre 2015, la Corte d'Appello di Firenze confermava la decisione resa dal Tribunale di Firenze e rigettava la domanda proposta da E.R. nei confronti di B.M. S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli per aver egli, adibito a mansioni di allestimento dei lotti di produzione, spostato una sacca contenente prodotti farmaceutici destinati all'infusione dal carrello su cui era posta nell'ambito del lotto ivi allestito ad altro carrello recante sacche di un diverso lotto.

La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto infondata l'eccezione di tardività della contestazione disciplinare, provata la condotta pur sulla base di elementi meramente presuntivi non risultando questa dalle riprese della telecamere posta nella cella frigorifera ove lo spostamento era avvenuto e proporzionata la sanzione irrogata alla gravità della condotta addebitata.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il R., affidando l'impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la Società che ha poi presentato memoria.

 

Ragioni della decisione

 

Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., per aver basato il giudizio su presunzioni desunte da altri fatti non noti ma aventi a loro volta natura presuntiva.

Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2106, 2119, 2697 c.c. e 52 del CCNL per gli addetti all'industria chimica, il ricorrente deduce l'erroneità del giudizio di proporzionalità della sanzione operato senza il rispetto dei criteri a questi fini indicati dalla giurisprudenza di questa Corte.

Il primo motivo deve ritenersi inammissibile avendo la Corte territoriale, nell'illustrazione dell'iter logico-argomentativo seguito, dato ampiamente conto della precisione e concordanza degli elementi presuntivi presi in considerazione, dati da fatti tutti noti in quanto direttamente verificati anche tramite l'espletamento della prova testimoniale (significativa in tal senso la smentita ivi acclarata della giustificazione addotta per la mancata accensione della luce nella cella frigorifera, tra l'altro, non addotta nell'immediatezza della contestazione) per risalire all'unico fatto ignoto, in quanto non direttamente suscettibile di accertamento per l'inadeguato posizionamento della telecamera nella cella frigorifera, del compimento della mancanza addebitata da parte del ricorrente, cosa rispetto alla quale ogni diversa valutazione dei medesimi elementi qui operata dal ricorrente si risolve nel sollecitare qui un nuovo giudizio di merito.

Di contro infondato si rivela il secondo motivo, dal momento che anche in questo caso la valutazione circa la proporzionalità della sanzione è operata dalla Corte territoriale in termini congrui sul piano logico e giuridico, avendo questa desunto la gravità della condotta dalle caratteristiche oggettive della stessa, dall'irrilevanza dell'elemento intenzionale che da quelle consegue, dalla connessione della condotta medesima con le mansioni normalmente affidate, dalla peculiare incidenza che per tale motivo la condotta medesima esercita sul permanere del vincolo fiduciario.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200, 00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.