Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 marzo 2018, n. 6889

Licenziamento disciplinare - Contestazione - Contenuto - Indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella loro materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari

 

Fatti di causa

 

1. La Corte di appello di Milano, decidendo a seguito di reclamo ed in riforma della sentenza del Tribunale di Lodi, ha dichiarato l'inefficacia del licenziamento intimato dalla C.W.W. s.r.l. a V.M. il 14 marzo 2014 e, accertata la risoluzione del rapporto di lavoro tra le parti, ha condannato la società al pagamento in favore del lavoratore di otto mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto percepita, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data del licenziamento al saldo, condannando il V. a restituire quanto in eccesso percepito rispetto all'importo sopra indicato.

Infine ha condannato la società al pagamento di metà delle spese di entrambi i gradi di giudizio, nel resto compensate.

2. La Corte territoriale, nel confermare la accertata genericità della contestazione di addebito, inidonea a far comprendere al dipendente il contenuto degli illeciti ascrittigli e precludendone la difesa - comprensione resasi possibile solo in giudizio a seguito di precisazione delle condotte ascritte al lavoratore -, ha poi ritenuto che a tale violazione dell'art. 7 dello Statuto dei lavoratori conseguisse la tutela prevista dall'art. 18 comma 6 dello Statuto stesso e non quella di cui al comma 4 riconosciuta dal Tribunale. Il giudice di appello ha osservato, infatti, che si trattava di difetto procedurale che inficiava dall'origine il procedimento disciplinare ed assorbiva, per ragioni di priorità logica, ogni questione relativa all'effettività dell'addebito.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre M. V., che articola quattro motivi ai quali resiste la C.W.W. s.r.l. che propone ricorso incidentale fondato su cinque censure. La C.W.W. s.r.l. ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ..

 

Ragioni della decisione

 

4. Le censure del ricorso principale:

4.1. Con il primo motivo di ricorso M. V. denuncia la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ.. Sostiene il ricorrente che nessuna delle parti aveva mai denunciato la violazione dell'art. 7 della legge 20 maggio 1970 n. 300 né invocato la tutela di cui all'art. 18 comma 6 della legge 20 maggio 1970 n. 300 nel testo modificato dalla legge 28 giugno 2012 n. 92.

Conseguentemente la Corte di appello sarebbe incorsa nella denunciata violazione nel dichiarare l'inefficacia del licenziamento per vizio procedurale ed applicare il comma 6 del citato art. 18.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso ci si duole dell'errata interpretazione dell'art. 18 comma 6 della legge n. 300 del 1970. Sostiene il ricorrente che, diversamente da quanto ritenute dalla Corte di appello, non era ravvisabile alcuna violazione dell'art. 7 della legge n. 300 del 1970 in quanto la genericità della contestazione disciplinare e la indeterminatezza dei fatti posti a fondamento del licenziamento non attiene ad un vizio della procedura ma integra, piuttosto, un vizio sostanziale del licenziamento che ne determina l'illegittimità per mancanza di giusta causa e non l'inefficacia, con conseguente applicazione l'art. 18 comma 4 dello Statuto.

4.3. Ancora con riguardo alla ritenuta errata applicazione dell'art. 18 comma 6 dello Statuto il ricorrente, con il terzo motivo di ricorso, nel precisare che tale disposizione deve essere applicata in via residuale atteso che, ove si riscontri un difetto di giustificazione del licenziamento, devono necessariamente essere applicati i commi 4, 5 e 7 della stessa disposizione, evidenzia che nella specie non era stata acquisita in giudizio la prova del fatto oggettivo posto a base dell'addebito disciplinare e del recesso. Sottolinea che erano emerse discrasie e contraddizioni circa lo svolgimento dei fatti, anche sotto il profilo della loro collocazione temporale, e che non era risultata confermata la reiterazione della condotta di tal che, in definitiva, la stessa non era risultata provata.

4.4. Con l'ultimo motivo del ricorso principale, infine, è denunciato l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360 primo comma n. 5 cod. proc. civ.. Sostiene il ricorrente che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto del fatto che il datore di lavoro, per architettare le accuse a carico del V. con riguardo alla natura inopportuna e violenta della condotta tenuta sul lavoro, era ricorso ad artifici ed a provocazioni senza, tuttavia, riuscire a dimostrarla. Conseguentemente, anche sotto tale profilo, secondo il ricorrente era risultata dimostrata l'illegittimità del licenziamento non sorretto da una giusta causa.

5. Le censure del ricorso incidentale:

5.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale la società C.W.W. s.r.l. ha censurato la sentenza per avere, in violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. e con omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, trascurato di pronunciare sull'eccezione, ritualmente formulata in appello, circa la natura impugnatoria del giudizio di opposizione disciplinato dall' art. 1 comma 51 della legge 28 giugno 2012 n. 92 e sulla conseguente inammissibilità delle questioni, genericamente ed onnicomprensivamente richiamate, non ritualmente e specificatamente sottoposte al giudice dell'opposizione.

5.2. Con il secondo motivo di ricorso, poi, è denunciata la violazione e falsa applicazione dell'art. 7 della legge n. 300 del 1970. Ad avviso della società avrebbero errato sia il giudice dell'opposizione che la Corte del reclamo nel ritenere generica la contestazione che, invece, correttamente, nella fase sommaria era stata ritenuta sufficientemente specifica sul rilievo che la condotta era sufficientemente dettagliata così da consentire al lavoratore il pieno spiegamento del suo diritto di difesa.

5.3. Il terzo motivo del ricorso incidentale investe la decisione per non avere preso posizione sulla fondatezza dell'addebito sebbene sia davanti al Tribunale in sede di opposizione sia davanti alla Corte di appello in sede di reclamo fosse stata al riguardo formulata una specifica censura e chiesto un nuovo esame dell'istruttoria oltre che una sua reiterazione.

5.4. Il quarto motivo del ricorso incidentale attiene alla sussistenza della giusta causa di licenziamento e denuncia una violazione e falsa applicazione dell'art. 2119 cod. civ. e dell'art. 1 della legge n. 604 del 15 luglio 1966 oltre che l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 e 5 cod. proc. civ..

5.5. Con l'ultimo motivo, infine, si insiste nel ritenere comunque sussistente un giustificato motivo soggettivo di licenziamento in applicazione dell'art. 3 della legge n. 604 del 1966.

6. Ritiene il Collegio che sia logicamente preliminare l'esame del secondo motivo del ricorso incidentale, che investe la decisione nella parte in cui ha ritenuto che la contestazione disciplinare dalla quale era scaturito il licenziamento fosse generica restandone così viziato il provvedimento espulsivo.

6.1. Va in proposito rammentato che, a norma dell'art. 7 della legge 20 maggio 1970 n. 300, la previa contestazione dell'addebito ha lo scopo di consentire al lavoratore la sua immediata difesa. La contestazione disciplinare deve delineare l'addebito così come individuato dal datore di lavoro e tracciare i contorni della condotta ritenuta disciplinarmente rilevante, in modo tale da perimetrare anche l'ambito dell'attività difensiva del lavoratore, salva la successiva verifica da parte del giudice dell'idoneità della condotta contestata a costituire giusta causa o giustificato motivo soggettivo di recesso. Devono dunque essere fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella loro materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque violazioni dei doveri di cui agli artt. 2104 e 2105 cod. civ.. La contestazione inviata al lavoratore, pur senza essere analitica, deve contenere l'esposizione dei dati e degli aspetti essenziali del fatto materiale posto a base del licenziamento, restando la verifica della sussistenza del requisito anzidetto rimessa al giudice del merito, il cui apprezzamento, se congruamente e correttamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità (vedi Cass. 8/4/2016 n. 6898, 12/01/2017 n. 619, ma già 05/08/2010 n. 18279 ed ivi ulteriori richiami).

6.2. Tanto premesso, ritiene il Collegio che nel caso oggi sottoposto al suo esame la Corte territoriale non abbia correttamente applicato i principi sopra esposti, incorrendo nella violazione di legge denunciata. Nell'apprezzare la sussistenza del requisito della specificità della contestazione la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare, al di fuori di schemi rigidi e prestabiliti, se al lavoratore erano state fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti addebitati (cfr. Cass. 15/05/2014 n. 10662 e Cass. 09/10/2015 n. 20319) tenendo conto del contesto in cui si erano svolti e verificando in concreto se, malgrado la descrizione in dettaglio della condotta addebitata, la mancata indicazione dei nominativi di tutte le colleghe molestate (di cui una era stata individuata, nella lettera di contestazione, con le iniziali del nome e del cognome) avesse effettivamente determinato un'insuperabile incertezza nell'individuazione dei comportamenti imputati, tale da pregiudicare in concreto il diritto del lavoratore a difendersi.

6.3. In definitiva la sentenza sul punto deve essere cassata e, assorbito l'esame delle altre censure del ricorso incidentale e di quello principale, rinviata la causa alla Corte di appello di Milano che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame del merito della controversia applicando il seguente principio di diritto: "Nell'apprezzare la sussistenza del requisito della specificità della contestazione il giudice di merito deve verificare, al di fuori di schemi rigidi e prestabiliti, se la contestazione offre le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti addebitati tenuto conto del loro contesto e verificare altresì se la mancata precisazione di alcuni elementi di fatto abbia determinato un’insuperabile incertezza nell'individuazione dei comportamenti imputati, tale da pregiudicare in concreto il diritto di difesa".

6.4. Alla Corte del rinvio è demandata altresì la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale, assorbite tutte le altre censure formulate nel ricorso principale ed in quello incidentale. Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.