Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 05 aprile 2018, n. 8420

Trasferimento d'azienda tra le precedenti concessionarie del servizio di trasporto pubblico - Riconoscimento dell'anzianità di servizio - Atto autoritativo della Pubblica amministrazione - Aggiudicazione dell'appalto per la gestione del servizio di trasporto

 

Fatti di causa

 

1. La Corte d'appello di Venezia, con sentenza n. 38 pubblicata il 12.5.2015, ha respinto l'appello proposto da S. spa avverso la sentenza n. 307/2012 del Tribunale di Padova che aveva condannato la società datoriale al pagamento, in favore del ricorrente, delle differenze retributive discendenti dall'inquadramento nel V livello del CCNL di settore, per effetto del riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata dall'originaria assunzione e sul presupposto della configurabilità di un trasferimento d'azienda tra le precedenti concessionarie del servizio di trasporto pubblico (ATP e CO.ATP.) e la S. spa.

2. La Corte territoriale ha premesso in fatto come, dopo il fallimento in data 9.1.1993 della ATP s.p.a., la maggior parte dei dipendenti avesse costituito nel luglio 1993 la cooperativa CO.ATP., autorizzata in via provvisoria, e con successive proroghe, all'esercizio dell'attività di trasporto pubblico e come tali lavoratori, posti in mobilità anche dalla cooperativa, fossero stati assunti da S. s.p.a., divenuta concessionaria del servizio pubblico di trasporto a seguito di aggiudicazione di apposito appalto, con inizio dell'attività dal 3.11.1994

3. La Corte di merito, richiamati i principi enunciati dalla Corte di Giustizia e recepiti in precedenti pronunce di legittimità (cfr. Cass. n. 12813 del 2014), ha ritenuto applicabile l'art. 2112 c.c. anche nella fattispecie concreta in cui il trasferimento dell'azienda non era riconducibile al un contratto tra cedente e cessionario bensì ad un atto autoritativo della pubblica amministrazione e, specificamente, all'aggiudicazione dell'appalto per la gestione del servizio di trasporto pubblico, in presenza della cessione di elementi materiali significativi tra le due imprese.

4. Ha escluso l'applicabilità della deroga all'art. 2112 c.c. prevista dall'art. 47, comma 5, L. 428 del 1990, considerando estraneo a quest'ultima previsione l'accordo aziendale del 2.11.1994, che prevedeva l'assunzione ex novo dalle liste di mobilità dei lavoratori già soci della CO.ATP, in quanto concluso tra la S. spa e le organizzazioni sindacali e non tra cedente e cessionario nell'ambito di una procedura di consultazione sindacale ed ha considerato irrilevanti o assorbite le questioni, dedotte dall'appellante come oggetto di omessa pronuncia da parte del Tribunale, concernenti la posizione di socio di cooperativa del sig. Z., l'applicazione dell'art. 47, comma 5, L. n. 428 del 1990, l'opponibilità dell'accordo del 2.11.1994 e l'opposizione alla richiesta di chiarimenti al c.t.u. quanto alla determinazione del credito.

5. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la S. spa in liquidazione, affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso il lavoratore.

 

Ragioni della decisione

 

1. Col primo motivo di ricorso la S. spa in liquidazione ha dedotto nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.. Motivazione apparente in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.

2. La società ha riprodotto le eccezioni sollevate con la memoria di costituzione in primo grado del 23.1.2008, ribadite nel ricorso in appello, volte ad escludere la configurabilità di un trasferimento di azienda tra CO.ATP e S. spa e quindi l'applicabilità dell'art. 2112 c.c. per le seguenti ragioni: mancava un collegamento diretto tra le due società, ciascuna delle quali aveva come interlocutore la Provincia di Padova; non vi è stata cessione di elementi materiali significativi tra le società in quanto i veicoli, le attrezzature, gli impianti, i complessi immobiliari e gli arredi erano di proprietà della Provincia di Padova e S. spa li utilizzava verso pagamento di un canone annuo di uso o locazione; i lavoratori, al momento dell'assunzione alle dipendenze di S. spa, non avevano alcun rapporto in essere con la CO.ATP che aveva cessato l'attività, con conseguente iscrizione dei predetti nelle liste di mobilità; l'accordo del 2.11.1994 prevedeva l'assunzione ex novo dei lavoratori alle dipendenze di S. spa con esclusione del riconoscimento dell'anzianità pregressa e attribuzione di una specifica indennità commisurata agli scatti virtualmente maturati alle dipendenze dei precedenti datori di lavoro.

3. Ha rilevato come la sentenza d'appello che sulle "ulteriori doglianze... in ordine alla lamentata omessa pronuncia della sentenza di primo grado (posizione di socio della cooperativa, applicazione dell'art. 47, comma 5, L. n. 428 del 1990, opponibilità dell'accordo del 2.11.1994, opposizione alle richieste di chiarimenti al ctu in relazione alla determinazione della misura del credito) si è limitata a statuire "si tratta di aspetti che o non costituiscono motivi di specifica censura tale da determinare una diversa commisurazione del credito, ovvero risultano assorbiti dall'inquadramento della fattispecie (cessione di azienda) compiuto dal primo giudice", sarebbe viziata per motivazione apparente, non risultando gli elementi da cui la stessa ha tratto il proprio convincimento o risultando gli stessi privi di adeguata disamina logica e giuridica.

4. Col secondo motivo di ricorso la S. spa in liquidazione ha dedotto nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.. Motivazione apparente in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c..

5. Ha argomentato come il ricorrente in primo grado avesse rivendicato il superiore inquadramento in base all'anzianità maturata presso ATP spa e come pertanto dovesse ravvisarsi ultrapetizione nella pronuncia del Tribunale che aveva riconosciuto il diritto azionato nonostante nessun riconoscimento del superiore inquadramento fosse stato richiesto verso CO.ATP a cui, secondo la prospettazione del lavoratore, la S. spa sarebbe subentrata.

6. Col terzo motivo di ricorso S. spa in liquidazione ha dedotto violazione o falsa applicazione dell'art. 2909 c.c. e dell'art. 324 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per avere la Corte territoriale erroneamente applicato il giudicato esterno derivante dalla sentenza della Suprema Corte n. 21278 del 2010.

7. Il primo motivo di ricorso è infondato.

8. Occorre premettere che al ricorso in esame si applica il testo dell'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, che ha ridotto il sindacato di legittimità sulla motivazione al minimo costituzionale. Con la conseguenza che è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Anomalia che si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione, tanto da configurare un vizio così radicale da comportare la nullità della sentenza, ai sensi dell'art. 132, n. 4, c.p.c. per mancanza di motivazione (cfr. Cass., S.U., n. 8053 del 2014).

9. Come di recente ribadito dalle Sezioni Unite, (sentenza n. 22232 del 2016), "la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture".

10. Tale vizio non è riscontrabile nella sentenza in esame che ha specificamente preso in considerazione le questioni sollevate dalla società e su cui avrebbe omesso di pronunciarsi il primo giudice ed ha ritenuto le stesse in parte assorbite, in ragione della qualificazione della fattispecie come trasferimento di azienda, e in parte ininfluenti. In particolare, riguardo all'applicazione dell'art. 47, comma 5, L. 428 del 1990 e alla opponibilità a tal fine dell'accordo aziendale del 2.11.1994, la Corte d'appello, dopo aver richiamato e fatto proprie le motivazioni di cui alla sentenza di legittimità n. 12813 del 2014 nonché alla sentenza n. 21278 del 2010 citata dal primo giudice, ha statuito come "l'accordo del novembre 1994... fuoriesce dallo schema legale dell'art. 47, comma 5... si tratta di accordo che assume natura affatto diversa ed incompatibile con quello richiesto ai fini di esplicare gli effetti invocati: nel caso dell'art. 47, l'obbligo di trattare ... coinvolge cedente e cessionario, in ragione delle evidenti ricadute che il passaggio di una sola parte dei dipendenti comporta", (pag. 11). Parimenti, la Corte territoriale, in base agli argomenti di cui ai precedenti di legittimità citati, ha ritenuto che "la posizione dei dipendenti e soci della cooperativa e della continuità lavorativa non esclud(esse) la sussistenza dei presupposti per l'applicazione dello speciale regime dell'art. 2112 c.c.".

12. Il secondo motivo di ricorso presenta profili di inammissibilità perché formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c..

13. La denuncia di un error in procedendo, che attribuisce alla Corte di cassazione il potere di esaminare e valutare direttamente gli atti processuali, non esonera la parte dall'onere di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base dell'errore denunciato e di trascrivere nel ricorso gli atti rilevanti, provvedendo, inoltre, alla allegazione degli stessi o quantomeno a indicare, ai fini di un controllo mirato, i luoghi del processo ove è possibile rinvenirli, (cfr. Cass. n. 95 del 2018; Cass., n. 15367 del 2014; Cass. n. 12664 del 2012; Cass., S.U., n. 8077 del 2012).

14. Le regole poste dagli artt. 366 comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c. comportano che, quando siano in gioco atti processuali la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio, come nel caso di specie, di un error in procedendo, è necessario non solo che il contenuto dell'atto sia riprodotto in ricorso, ma anche che ne venga indicata l'esatta collocazione nel fascicolo d'ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (Cass. n. 19157 del 2012; Cass. n. 6937 del 2010; Cass. n. 15808 del 2008; Cass. n. 12239 del 2007).

15. Le Sezioni Unite di questa Corte, pur avendo chiarito che l'onere del ricorrente, di cui all'art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c., di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, "gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda" è soddisfatto, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, mediante la produzione dello  stesso, e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d'ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione, presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell'art. 369, comma 3, c.p.c., hanno tuttavia precisato che resta ferma, in ogni caso, l'esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366, n. 6, c.p.c., del contenuto degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari al loro reperimento (Cass., S.U., n. 22726 del 2011; Cass., S.U., ord. 7161 del 2010).

16. Nel ricorso in esame la S. spa in liquidazione ha affermato di aver "sempre eccepito che dopo la ridetta procedura (ndr. fallimentare) i lavoratori dipendenti ATP costituirono la cooperativa CO.ATP., divenendone soci lavoratori, senza alcun riconoscimento dei diritti rivenienti dai pregressi rapporti di lavoro (ATP e di altri precedenti affidatari del servizio)", senza tuttavia trascrivere le eccezioni svolte nei precedenti gradi di giudizio e senza fornire le necessarie indicazioni sulla collocazione processuale degli atti e dei verbali contenenti le suddette eccezioni. Il ricorso in cassazione contiene solo l'indicazione di avvenuto deposito dei fascicoli di parte dei due gradi di merito.

17. Il terzo motivo di ricorso è infondato atteso che la Corte di merito non ha applicato la sentenza di legittimità n. 21278 del 2010 quale giudicato esterno, di cui è evidente che non sussistessero i presupposti, in particolare l'identità delle parti, ma ha ritenuto di uniformarsi all'interpretazione data dalla Suprema Corte sulle questioni oggetto del medesimo contenzioso in assenza di "diverse ed ulteriori argomentazioni" atte a consentire "una rivisitazione critica ai fini dell'invocata riforma della pronuncia di primo grado", cioè ritenendo che non vi fossero valide ragioni per discostarsi da quel precedente.

18. Le considerazioni svolte portano al rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente, in base al criterio di soccombenza, alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, nei confronti del controricorrente.

19. Si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228.

 

P.Q.M.

 

Respinge il ricorso.

Condanna parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario, avv. A.T..

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis del medesimo art. 13.