Giurisprudenza - CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza 02 marzo 2017, n. C-97/16

«Rinvio pregiudiziale - Politica sociale - Direttiva 2002/15/CE - Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori - Organizzazione dell’orario di lavoro - Trasporto su strada - Lavoratore mobile - Autotrasportatore autonomo - Nozione - Irricevibilità»

 

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, lettere d) ed e), della direttiva 2002/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2002, concernente l’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto (GU 2002, L 80, pag. 35, e rettifica GU 2007, L 57, pag. 28).

2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, il sig. J.M.P.R. e, dall’altro, la L.M.C. S.L., già T.S. S.L. (in prosieguo: la «S.»), nonché la T.E.W.S. S.L. (in prosieguo: la «T.») in merito al suo licenziamento da parte della S..

 

Contesto normativo

 

Diritto dell’Unione

 

3. I considerando 4, 9 e 10 della direttiva 2002/15 sono così formulati:

«(4) È quindi necessario prevedere un insieme di prescrizioni più specifiche relative all’orario di lavoro per i trasporti su strada, miranti ad assicurare la sicurezza dei trasporti nonché la salute e la sicurezza delle persone interessate.

(...)

(9) Le definizioni di cui alla presente direttiva non devono costituire un precedente per altre normative comunitarie relative all’orario di lavoro.

(10) Al fine di migliorare la sicurezza stradale, impedire distorsioni di concorrenza e tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori mobili oggetto della presente direttiva, questi ultimi dovrebbero sapere con precisione, da un lato, quali siano i periodi dedicati ad operazioni di autotrasporto che sono considerati orario di lavoro e, dall’altro, quali siano quelli che ne sono esclusi e che sono considerati come riposi intermedi, come periodi di riposo o tempi di disponibilità. Questi lavoratori dovrebbero aver diritto a riposi minimi giornalieri e settimanali, nonché ad adeguati riposi intermedi. È altresì necessario stabilire il limite massimo dell’orario di lavoro settimanale».

4. L’articolo 1 della direttiva 2002/15, rubricato «Scopo», stabilisce quanto segue:

«Scopo della presente direttiva è stabilire prescrizioni minime in materia di organizzazione dell’orario di lavoro per migliorare la tutela della salute e della sicurezza delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, per migliorare la sicurezza stradale e ravvicinare maggiormente le condizioni di concorrenza».

5. L’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva limita l’ambito di applicazione di quest’ultima ai «lavoratori mobili alle dipendenze di imprese stabilite in uno Stato membro che partecipano ad attività di autotrasporto contemplate dal regolamento (CEE) n. 3820/85 [del Consiglio, del 20 dicembre 1985, relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada (GU 1985, L 370, pag. 1),] oppure, in difetto, dall’accordo [europeo relativo al lavoro degli equipaggi dei veicoli che effettuano trasporti internazionali su strada (AETR)]» e, successivamente, il 23 marzo 2009, agli «autotrasportatori autonomi» che partecipano alle stesse attività di trasporto.

6. L’articolo 3 della direttiva 2002/15 così dispone:

«Ai sensi della presente direttiva si intende per:

(...)

d) "lavoratore mobile": un lavoratore facente parte del personale che effettua spostamenti, compresi i tirocinanti e gli apprendisti, che è al servizio di un’impresa che effettua autotrasporto di passeggeri o di merci per conto proprio o di terzi;

e) "autotrasportatore autonomo": una persona la cui attività professionale principale consiste nel trasporto su strada di passeggeri o merci dietro remunerazione ai sensi della legislazione comunitaria, in virtù di una licenza comunitaria o di un’altra autorizzazione professionale ad effettuare il suddetto trasporto, che è abilitata a lavorare per conto proprio e che non è legata ad un datore di lavoro da un contratto di lavoro o da un altro rapporto di lavoro di tipo gerarchico, che è libera di organizzare le attività in questione, il cui reddito dipende direttamente dagli utili realizzati e che è libera di intrattenere, individualmente o attraverso una cooperazione tra autotrasportatori autonomi, relazioni commerciali con più clienti.

Ai fini della presente direttiva, gli autotrasportatori che non rispondono a tali criteri sono soggetti agli stessi obblighi e beneficiano degli stessi diritti previsti per i lavoratori mobili dalla presente direttiva;

(...)».

 

 Diritto spagnolo

 

7. Ai sensi dell’articolo 1 del testo consolidato della Ley del Estatuto de los Trabajadores (legge sullo Statuto dei lavoratori), approvato dal Real Decreto Legislativo 1/1995 (regio decreto legislativo 1/1995), del 24 marzo 1995 (BOE n. 75, del 29 marzo 1995, pag. 9654), nella sua versione applicabile alla data dei fatti del procedimento principale (in prosieguo: lo «Statuto dei lavoratori»):

«1. La presente legge si applica a coloro che prestano volontariamente servizio a titolo oneroso a favore di un terzo all’interno di un’organizzazione e sotto la direzione di un’altra persona, fisica o giuridica, denominata datore di lavoro o imprenditore.

(...)

3. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della presente legge:

(...)

g) in generale, qualsiasi attività svolta in condizioni diverse da quelle stabilite al paragrafo 1 del presente articolo.

A tal fine, non rientra nell’ambito dei rapporti di lavoro l’attività svolta da persone che forniscono servizi di trasporto conformemente ad autorizzazioni amministrative di cui sono titolari, avvalendosi, come corrispettivo del prezzo corrispondente, di veicoli commerciali, di loro proprietà o di cui possono disporre direttamente, destinati ad attività di trasporto oggetto di una normativa specifica, quand’anche tali servizi siano forniti in modo continuativo al medesimo caricatore o negoziante.

(...)».

 

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

 

8. Il 2 giugno 2008 il sig. P. R. ha concluso con la T. un contratto denominato «contratto "standard" di prestazione di servizi di trasporto». Conformemente a tale contratto, la T. aveva affidato al sig. P. R. l’incarico di gestire e di consegnare merci sul territorio della Catalogna (Spagna), di completare e di redigere documenti ai fini dello sdoganamento, indicando istruzioni precise per effettuare tale operazione, di caricare, stivare, scaricare e riordinare le merci trasportate e, infine, di gestire la riscossione degli importi relativi a spedizioni assunte a carico o consegnate. Tale contratto prevedeva inoltre che la T. potesse modificare in tutto o in parte e in modo unilaterale i principi e le norme applicabili ai servizi di trasporto. Il sig. P. R., per poter svolgere il proprio lavoro, aveva ricevuto un telefono portatile munito di una carta fornita dall’operatore V.. In base a detto contratto, egli doveva anche stipulare una polizza di assicurazione trasporti e, in ogni caso, doveva assumersi la responsabilità della perdita o della distruzione delle merci nonché dei ritardi nella consegna. La durata iniziale del medesimo contratto era stata fissata a sei mesi. Tuttavia, quest’ultimo poteva essere prorogato per periodi successivi della stessa durata. La retribuzione dei servizi forniti dall’interessato consisteva in un importo forfetario dovuto per ciascun giorno lavorativo ed era versata mensilmente. In base al contratto in questione, i colori e la pubblicità scelti dalla T. dovevano figurare sul veicolo utilizzato. Il sig. P. R. aveva inoltre dichiarato di essere titolare di un’autorizzazione all’esercizio di un’attività di trasporto. L’allegato I a detto contratto prevedeva che il trasportatore fosse monitorato da un supervisore.

9. Detto contratto è stato prorogato o sono stati successivamente conclusi altri contratti, ma il contenuto di tali contratti è rimasto sostanzialmente invariato.

10. A partire dal gennaio 2014, svolgendo sempre lo stesso lavoro, il sig. P. R. ha iniziato a fatturare le prestazioni fornite alla S., incaricata dalla T. di effettuare i servizi di trasporto di cui trattasi. Le tessere di accesso agli impianti della T. erano direttamente consegnate da quest’ultima ai trasportatori. Su tale tessera, il sig. P. R. era identificato come «autotrasportatore dipendente».

11. Il sig. P. R. era proprietario di un furgoncino con portata massima di 2 590 kg e per il quale disponeva di una licenza di trasporto che lo autorizzava ad effettuare servizi di trasporto.

12. Il 17 febbraio 2015 la S. ha informato verbalmente il sig. P. che non poteva più proporgli alcun servizio di trasporto. Tale informazione è stata confermata con una lettera del 6 marzo 2015.

13. Il 17 marzo 2015 il sig. P. R. ha proposto ricorso dinanzi allo Juzgado de lo Social n. 3 de Barcelona (Tribunale del lavoro di Barcellona, Spagna), al fine di far accertare che egli era vincolato alla S. da un contratto di lavoro e che il suo licenziamento era quindi abusivo. Oltre a tale domanda, egli ha altresì contestato alla T. la messa a disposizione illegittima di lavoratori e, di conseguenza, ha chiesto la condanna in solido di tali due società.

14. A sostegno del suo ricorso, il sig. P. R. ha fatto valere che sussistevano tutti i criteri o gli elementi caratterizzanti un rapporto di lavoro, quali la subordinazione, il lavoro realizzato per conto di terzi e l’inclusione nell’organizzazione di un’impresa, di modo che, nel caso di specie, si doveva dichiarare l’esistenza di un contratto di lavoro e non di un rapporto commerciale. L’esclusione oggettiva operata all’articolo 1, paragrafo 3, lettera g), dello Statuto dei lavoratori sarebbe contraria alla direttiva 2002/15, di modo che il ricorrente non può essere qualificato come «autotrasportatore autonomo» ai sensi dell’articolo 3, lettera e), di tale direttiva.

15. Dinanzi al giudice del rinvio, la S. ha sostenuto, in particolare, che non esisteva alcuna contraddizione tra l’articolo 1, paragrafo 3, lettera g), dello Statuto dei lavoratori e l’articolo 3 della direttiva 2002/15, poiché, in queste due disposizioni, la detenzione di una «licenza o di un’autorizzazione amministrativa», che consentono di fornire servizi di autotrasporto, costituirebbe il criterio decisivo che esclude l’esistenza di un rapporto di lavoro. La circostanza che detta disposizione del diritto dell’Unione non faccia espresso riferimento al fatto che l’interessato sia titolare del veicolo o possa disporre di quest’ultimo sarebbe irrilevante.

16. Dinanzi al giudice del rinvio, la T. ha fatto valere, in particolare, che dal considerando 5 della direttiva 2002/15 risulta che quest’ultima si deve limitare a quanto è necessario per conseguire gli obiettivi enunciati nel suo articolo 1 e che tale direttiva non costituisce quindi uno strumento legislativo valido per operare una distinzione tra l’esercizio dell’attività di trasportatore nell’ambito di un rapporto di lavoro e l’esercizio di tale attività come autotrasportatore autonomo.

17. Secondo il giudice del rinvio, sebbene l’oggetto della direttiva 2002/15 non consista nel definire le nozioni di «lavoratore dipendente» e di «lavoratore autonomo», la qualifica di cui trattasi diventa fondamentale in ragione del regime di responsabilità ad essa collegato. Se è vero che l’obiettivo del diritto dell’Unione in materia di trasporto consiste nell’armonizzare le regole di concorrenza, le nozioni rispettive di «lavoratore mobile» e di «autotrasportatore autonomo» di cui all’articolo 3, lettere d) ed e), di tale direttiva dovrebbero essere le stesse in tutti gli Stati membri.

18. Ciò premesso, lo Juzgado de lo Social n. 3 de Barcelona (Tribunale del lavoro di Barcellona) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se la definizione di "lavoratore mobile" di cui all’articolo 3, lettera d), della direttiva 2002/15 (...) debba essere interpretata nel senso che osta a una disposizione di legge nazionale come l’articolo 1, paragrafo 3, lettera g), dello Statuto dei lavoratori secondo cui non possono essere considerate come "lavoratori mobili" "le persone che prestano il servizio di trasporto conformemente alle autorizzazioni amministrative di cui sono titolari, avvalendosi (...) di veicoli (...) di loro proprietà o di cui possono disporre direttamente (...)".

2) Se l’articolo 3, lettera e), secondo comma, della direttiva 2002/15 (...) debba essere interpretato nel senso che, in assenza di uno o più presupposti stabiliti per essere considerato come "autotrasportatore autonomo", debba intendersi che si tratta di un "lavoratore mobile"».

 

 Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali

 

19. La ricevibilità delle questioni poste è stata contestata dalla S., dalla T., dal governo spagnolo e dalla Commissione europea, nelle loro rispettive osservazioni scritte, in particolare perché la controversia principale non rientrerebbe nell’ambito di applicazione della direttiva 2002/15 e l’interpretazione di tale direttiva non sarebbe quindi necessaria per la soluzione di detta controversia.

20. Secondo una giurisprudenza consolidata, il procedimento ex articolo 267 TFUE è uno strumento di cooperazione fra la Corte ed i giudici nazionali. Spetta pertanto solo ai giudici nazionali che sono investiti della controversia e che devono assumersi la responsabilità della futura decisione giudiziaria valutare, tenendo conto delle peculiarità di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per poter emettere la loro sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopongono alla Corte (v., segnatamente, sentenze del 17 luglio 1997, Leur-Bloem, C-28/95, EU:C:1997:369, punto 24, nonché del 7 luglio 2011, Agafiţei e a., C-310/10, EU:C:2011:467, punto 25).

21. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate dai giudici nazionali riguardano l’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione, la Corte, in linea di principio, è tenuta a statuire (v., in particolare, sentenze del 17 luglio 1997, Leur-Bloem, C-28/95, EU:C:1997:369, punto 25, nonché del 7 luglio 2011, Agafiţei e a., C-310/10, EU:C:2011: 467, punto 26).

22. Tuttavia, il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, qualora la questione abbia natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenze dell’11 luglio 2006, Chacón Navas, C-13/05, EU:C:2006:456, punto 33, nonché del 7 luglio 2011, Agafiţei e a., C-310/10, EU:C:2011:467, punto 27).

23. Risulta infatti da una giurisprudenza costante che il rigetto di una domanda formulata da un giudice nazionale è giustificabile in particolare se è manifesto che il diritto dell’Unione non può essere applicato, né direttamente né indirettamente, alle circostanze del caso di specie (sentenza del 7 luglio 2011, Agafiţei e a., C-310/10, EU:C:2011:467, punto 28).

24. Nel caso di specie va constatato che il giudice del rinvio interroga la Corte sull’interpretazione della direttiva 2002/15 senza aver accertato che una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione di tale direttiva.

25. In proposito, occorre rilevare, da un lato, che dall’articolo 1 della direttiva 2002/15 risulta che l’obiettivo di quest’ultima consiste nello stabilire prescrizioni minime in materia di organizzazione dell’orario di lavoro per migliorare la tutela della salute e della sicurezza delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, per migliorare la sicurezza stradale e ravvicinare maggiormente le condizioni di concorrenza.

26. Dall’altro, conformemente all’articolo 3 della direttiva 2002/15, le definizioni previste da quest’ultima sono stabilite «ai sensi della presente direttiva». Pertanto, l’interpretazione delle nozioni di «lavoratore mobile» e di «autotrasportatore autonomo», definite all’articolo 3, lettere d) ed e), della medesima, non può oltrepassare l’ambito di applicazione di detta direttiva.

27. Orbene, è giocoforza rilevare che il procedimento principale, riguardante un’azione di contestazione di un licenziamento, non verte su una questione relativa all’organizzazione dell’orario di lavoro, bensì sul punto se la persona interessata debba essere qualificata come «lavoratore mobile» e quindi come lavoratore dipendente ai fini dell’applicazione del diritto del lavoro nazionale e, in particolare, della normativa sui licenziamenti.

28. Di conseguenza, si deve concludere che una controversia come quella oggetto del procedimento principale non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2002/15 e che le nozioni contenute nell’articolo 3, lettere d) ed e), di tale direttiva non sono quindi applicabili a tale controversia.

29. Ne consegue che l’interpretazione dell’articolo 3, lettere d) ed e), della direttiva 2002/15 non è necessaria ai fini della soluzione della controversia principale.

30. Si deve pertanto constatare che le questioni oggetto della domanda pregiudiziale proposta dallo Juzgado de lo Social n. 3 de Barcelona (Tribunale del lavoro di Barcellona) sono irricevibili.

 

Sulle spese

 

31. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

P.Q.M.

 

La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Juzgado de lo Social n. 3 de Barcelona (Tribunale del lavoro di Barcellona, Spagna) è irricevibile.