Prassi - MINISTERO FINANZE - Risoluzione 29 maggio 2017, n. 1/DF

Art. 193, comma 3, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 - Modifica delle tariffe e delle aliquote relative ai tributi di competenza degli enti locali ai fini della salvaguardia degli equilibri di bilancio

 

Pervengono numerosi quesiti con i quali si chiedono chiarimenti in ordine alle problematiche relative alla facoltà dell’ente locale di modificare, ai sensi dell’art. 193, comma 3, ultimo periodo, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante il "Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali" (TUEL), e in deroga all’art. 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le tariffe e le aliquote dei tributi locali in sede di salvaguardia degli equilibri di bilancio.

Al riguardo, al fine di inquadrare la portata derogatoria della facoltà contemplata dall’art. 193 in disamina, occorre preliminarmente richiamare detto art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006, il quale prevede che "[g]li enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. Dette deliberazioni, anche se approvate successivamente all'inizio dell'esercizio purché entro il termine innanzi indicato, hanno effetto dal 1°gennaio dell'anno di riferimento. In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno".

Tale disposizione è stata oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali, le quali hanno chiarito come al termine dalla stessa stabilito per la determinazione delle aliquote e delle tariffe dei tributi locali, coincidente con la data fissata per l’approvazione del bilancio di previsione, debba riconoscersi natura senz’altro perentoria. A questa conclusione la giurisprudenza amministrativa e contabile è pervenuta tenendo conto delle conseguenze sanzionatorie derivanti dall’inosservanza del termine fissato dall’art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006 in discorso, che consistono nella proroga ope legis delle aliquote e delle tariffe vigenti per gli esercizi precedenti e nella mancanza di effetti per l’anno in corso di eventuali deliberazioni tardive (NOTA 1).

Il principio secondo cui le aliquote e le tariffe dei tributi locali devono essere approvate entro la data stabilita per l’adozione del bilancio di previsione incontra, peraltro, come accennato, un’espressa deroga nel citato art. 193 del TUEL, che ha introdotto la possibilità di modificarle in concomitanza con la manovra che l’ente locale deve effettuare in caso di accertamento negativo circa il permanere degli equilibri di bilancio.

In particolare, detto art. 193 prevede, al comma 2, tra l’altro, che "[c]on periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell'ente locale, e comunque almeno una volta entro il 31 luglio di ciascun anno, l'organo consiliare provvede con delibera a dare atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, ad adottare, contestualmente:

a) le misure necessarie a ripristinare il pareggio qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di gestione o di amministrazione, per squilibrio della gestione di competenza, di cassa ovvero della gestione dei residui".

In tale contesto, il successivo comma 3, ultimo periodo, dello stesso art. 193 dispone che "[p]er il ripristino degli equilibri di bilancio e in deroga all'articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, l'ente può modificare le tariffe e le aliquote relative ai tributi di propria competenza entro la data di cui al comma 2".

La norma in disamina, quindi, attribuisce all’ente locale - nell’ipotesi in cui in sede di verifica sul permanere degli equilibri di bilancio i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo - la facoltà di modificare le tariffe e le aliquote anche oltre il termine di cui al richiamato art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006, purché entro la data fissata dal comma 2 dello stesso art. 193 del TUEL, vale a dire entro il 31 luglio di ciascun anno. In tal modo, viene riconosciuta agli enti locali un’estensione del termine per deliberare eventuali modifiche delle aliquote e delle tariffe, almeno nella situazione ordinaria in cui la data fissata per l’approvazione del bilancio di previsione preceda il 31 luglio.

Ciò precisato in ordine al quadro normativo di riferimento, occorre chiarire che la variazione delle aliquote e delle tariffe dei tributi locali effettuata ai sensi dell’art. 193, comma 3, ultimo periodo, del TUEL si colloca nella fase di gestione del bilancio e presuppone, quindi, l’avvenuta adozione della deliberazione consiliare approvativa del bilancio di previsione per l’anno di riferimento.

Non può, quindi, certamente essere ricondotta all’esercizio della facoltà di modifica di cui si tratta la diversa ipotesi in cui le deliberazioni di determinazione delle aliquote e delle tariffe dei tributi locali sono adottate oltre il termine di cui al predetto art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006 ma quali ordinari atti propedeutici all’approvazione del bilancio di previsione e non già in sede di salvaguardia degli equilibri. In tali casi, che si configurano come violazioni di legge, non può ovviamente assumere alcuna rilevanza la circostanza che la deliberazione tariffaria - allegata al bilancio di previsione ai sensi dell’art. 172, comma 1, lett. c), del TUEL - operi un richiamo alla facoltà di cui all’art. 193, comma 3, ultimo periodo, dello stesso testo unico al solo fine di giustificarne l’approvazione tardiva.

E’ appena il caso di precisare che la variazione delle aliquote e delle tariffe contemplata da tale ultima disposizione - in quanto costituisce una delle misure preordinate al ripristino del pareggio di bilancio, da esperire laddove "i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo" - deve necessariamente consistere in un aumento delle aliquote o tariffe medesime, non potendosi invocare l’esigenza di salvaguardare gli equilibri di bilancio al fine di procedere ad una modifica in diminuzione oltre il termine del bilancio di previsione.

A conferma di ciò, si evidenzia che la Corte dei Conti, nella deliberazione n. 5 del 30 gennaio 2014, resa dalla Sezione regionale di controllo per la Calabria, ha precisato come, in virtù del più volte citato art. 193, comma 3, del D. Lgs. n. 267 del 2000, "nel solo caso in cui risulti necessario per il ripristino degli equilibri di bilancio, l’ente locale può modificare (evidentemente in aumento) le tariffe e le aliquote relative ai tributi di propria competenza" entro il termine previsto dalla norma stessa.

Chiarito, quindi, che la disposizione in disamina attribuisce all’ente locale, in sede di salvaguardia degli equilibri di bilancio e in deroga al più volte richiamato art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006, la facoltà di modificare le tariffe e le aliquote dei tributi locali oltre il termine di approvazione del bilancio, occorre evidenziare che quest’ultima deve essere esercitata entro la data fissata dal comma 2 dello stesso art. 193 del TUEL, vale a dire entro il 31 luglio di ciascun anno.

Tale termine, al pari di quello di cui al comma 169 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, deve ritenersi senz’altro perentorio, come emerge dalla correlazione esistente tra l’ipotesi di mancata approvazione del bilancio annuale di previsione entro il termine stabilito dalla legge e quella di mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio previsti dall’art. 193 del TUEL entro il 31 luglio di ciascun anno, resa evidente dal disposto di cui al comma 4 dello stesso art. 193, ai sensi del quale "[l]a mancata adozione, da parte dell’ente, dei provvedimenti di riequilibrio [...] è equiparata, ad ogni effetto, alla mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all’art. 141, con applicazione della procedura prevista dal comma 2 del medesimo articolo".

In entrambe le ipotesi, in particolare, l’inadempimento dell’ente locale - consistente, in un caso, nel mancato rispetto del termine fissato dalla legge per l’approvazione del bilancio di previsione e, nell’altro, nella mancata tempestiva adozione delle misure finalizzate al ripristino degli equilibri di bilancio - dà luogo all’avvio della procedura di diffida da parte del Prefetto e di eventuale nomina di un commissario ai sensi dell’art. 141, comma 2, del TUEL (NOTA 2).

Atteso, pertanto, che la mancata adozione delle misure di salvaguardia degli equilibri di bilancio equivale ad ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione, il principio - affermato dalla giurisprudenza in merito alla determinazione delle aliquote oltre il termine di bilancio - secondo cui "in assenza di una specifica ulteriore disposizione di legge" l’autorizzazione del Prefetto ad approvare il bilancio oltre il termine previsto dalla norma "non comprende, [...], il termine per l’approvazione delle aliquote e delle tariffe, che trovano compiuta ed autonoma disciplina nel citato art. 1, comma 169, l. n. 296 del 2006 in materia di aliquote e tariffe" (NOTA 3) deve necessariamente trovare applicazione anche con riferimento all’ipotesi di mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio ai sensi dell’art. 193 del TUEL.

Sulla necessità che la variazione delle aliquote e delle tariffe dei tributi locali, operata al fine di assicurare la salvaguardia degli equilibri di bilancio, intervenga entro il termine stabilito dall’art. 193 del TUEL, si è pronunciata anche la Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, nella deliberazione n. 332 del 15 ottobre 2015, con la quale è stato precisato che "la deliberazione di determinazione delle aliquote [...] deve essere adottata prima dell’approvazione del bilancio di previsione e le aliquote possono essere variate successivamente solo in occasione della salvaguardia degli equilibri di bilancio, secondo i termini, le modalità e le condizioni delineate dall’art. 193 del TUEL, al solo fine di garantire l’osservanza dell’equilibrio di bilancio".

Conseguentemente, laddove, decorso il termine fissato dall’art. 193, comma 2, del TUEL, venga accertata la necessità di un’operazione di riequilibrio, l’ente locale dovrà ricorrere, con riferimento all’esercizio finanziario in corso, a misure di risanamento diverse dall’aumento delle aliquote e delle tariffe dei tributi comunali.

Diversamente opinando, del resto, si finirebbe per riconoscere la legittimità di ogni deliberazione di modifica delle aliquote e delle tariffe dei tributi locali, a prescindere dalla data di approvazione della stessa e solo a condizione che essa sia stata adottata al fine di ripristinare gli equilibri di bilancio. Ciò comporterebbe un’evidente violazione del principio di certezza del diritto, in quanto verrebbe a mancare qualsiasi riferimento temporale certo per l’individuazione delle aliquote applicabili per ciascun anno di imposta.

Così delineati, in termini generali, i presupposti e le condizioni per l’esercizio della facoltà attribuita all’ente locale dall’art. 193, comma 3, ultimo periodo, del D. Lgs. n. 267 del 2000, occorre, infine, soffermarsi sulla portata effettiva di tale facoltà con specifico riferimento all’anno di imposta 2017.

Va chiarito, in particolare, se l’accertamento negativo in ordine al permanere degli equilibri di bilancio consenta di disporre l’aumento delle aliquote e delle tariffe anche in deroga al c.d. blocco degli aumenti dei tributi locali di cui all’art. 1, comma 26, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, il quale prevede che "[a]l fine di contenere il livello complessivo della pressione tributaria, in coerenza con gli equilibri generali di finanza pubblica, per gli anni 2016 e 2017 è sospesa l'efficacia [...] delle deliberazioni degli enti locali nella parte in cui prevedono aumenti dei tributi e delle addizionali attribuiti [...] agli enti locali con legge dello Stato rispetto ai livelli di aliquote o tariffe applicabili per l'anno 2015. [...] La sospensione di cui al primo periodo non si applica alla tassa sui rifiuti (TARI) di cui all'articolo 1, comma 639, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e a decorrere dal 2017 al contributo di sbarco di cui all'articolo 4, comma 3-bis, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, né per gli enti locali che deliberano il predissesto, ai sensi dell'articolo 243-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o il dissesto, ai sensi degli articoli 246 e seguenti del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000".

Al riguardo, si osserva che, come chiarito dalla deliberazione della Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, n. 133 del 27 aprile 2016, il dato testuale del citato comma 26 "consta, [...], di un precetto di portata generale e di una serie espressa di esclusioni. Tra queste, come è evidente, non rientra la fattispecie, [...], dell’ente che si avvalga della facoltà di cui all’art. 193 del t.u.e.l.". Precisa altresì la Corte che la portata derogatoria dell’art. 193 del D. Lgs. n. 267 del 2000 si riferisce all’art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006, e quindi al termine per l’adozione di aliquote e tariffe e "non comporta, di per sé, la mancata soggiacenza dell’ente interessato alle disposizioni finalizzate al contenimento della pressione fiscale, essendo diversa sia la portata che la ratio delle due disposizioni in esame. Pertanto, ai sensi dell’art. 14 delle disposizioni preliminari al codice civile, che impone una interpretazione restrittiva delle disposizioni normative di carattere eccezionale, non risulta possibile escludere i comuni, che deliberino le modificazioni di aliquote e tariffe al fine di salvaguardare i propri equilibri finanziari, dal blocco delle medesime imposizioni previsto dalle legge di stabilità 2016".

Sotto tale profilo, pertanto, si deve concludere che, per l’anno 2017, in caso di accertamento negativo sul permanere degli equilibri di bilancio, la facoltà di aumento delle aliquote e delle tariffe attribuita all’ente locale dall’art. 193, comma 3, ultimo periodo, del TUEL possa essere esercitata limitatamente ai tributi espressamente esclusi dal blocco degli aumenti, vale a dire la tassa sui rifiuti (TARI) e il contributo di sbarco.

 

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Note:

(1) Si vedano, ex multis, oltre alle diverse pronunce adottate dal giudice amministrativo di primo grado, le sentenze del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 3808 e n. 3817 del 17 luglio 2014, n. 4409 del 28 agosto 2014 e n. 1495 del 19 marzo 2015, nonché l’ordinanza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 4434 del 7 ottobre 2016. In ordine alla perentorietà del termine in discorso, si confrontino, inoltre, le deliberazioni della Corte dei Conti n. 4 del 14 gennaio 2014, resa dalla Sezione regionale di controllo per la Calabria, e n. 175 del 13 novembre 2015, resa dalla Sezione regionale di controllo per il Lazio.

(2) La procedura di cui si tratta, in virtù della proroga dei termini contenuta nell’art. 5, comma 4, del D.L. 30 dicembre 2016, n. 244, convertito dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, resta disciplinata, anche per l’anno 2017, dall’art. 1 del D.L. 22 febbraio 2002, n. 13, convertito dalla legge 24 aprile 2002, n. 75. Il comma 2 di tale ultima disposizione prevede, in particolare, che "[t]rascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, il prefetto nomina un commissario affinché lo predisponga d'ufficio per sottoporlo al consiglio. In tale caso e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, il prefetto assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente e inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio".

(3) In tal senso, Consiglio di Stato, Sezione Quinta, citate sentenze n. 3808 n. 3817 del 2014. Alle medesime conclusioni è giunta anche la Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per il Lazio, la quale, con la richiamata deliberazione n. 175 del 2015, ha chiarito che "l’adozione delle deliberazioni di cui trattasi soggiace ad un termine proprio, ancorché individuato mediante rinvio dinamico a quello stabilito dalle norme statali per l’approvazione del bilancio di previsione. E ciò di per sé porta ad escludere la individualizzazione del medesimo in ragione del differimento nella approvazione del bilancio autorizzato con provvedimenti prefettizi o ministeriali presso il singolo comune in ragione di vicende amministrative specifiche" (nella stessa direzione si era espressa altresì la Sezione regionale di controllo per la Calabria nella citata deliberazione n. 4 del 2014).