Prassi - MINISTERO FINANZE - Risoluzione 29 maggio 2017, n. 2/DF

Imposta municipale propria (IMU) e tributo per i servizi indivisibili (TASI) - Sospensione dell’efficacia dell’aumento dei tributi ai sensi dell’art. 1, comma 26, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 - Quesiti

 

E’ stato chiesto se sia possibile stante il blocco degli aumenti dei tributi locali - previsto dall’art 1, comma 26 della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) e prorogato anche per l’anno 2017 dall’art 1, comma 42 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) - una diminuzione dell’aliquota dell’imposta municipale propria (IMU) per le categorie catastali D1, D2, D4, D6 e D7 con corrispondente aumento dell’aliquota del tributo per i servizi indivisibili (TASI) e comunque nel rispetto del limite di cui al comma 677 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147.

In particolare, è stata ipotizzata una riduzione dell’attuale aliquota dell’IMU dal 10 per mille al 7,6 per mille, deliberando al contempo, per le stesse categorie catastali, l’applicazione dell’aliquota TASI, attualmente fissata allo zero per mille, al 2,4 per mille.

Al riguardo, giova innanzitutto rammentare che l’automatica sospensione dell’efficacia delle deliberazioni degli enti locali che prevedono aumenti dei tributi rispetto ai livelli di aliquote applicabili per l’anno 2015 riguarda, come chiarito nella Risoluzione n. 2/DF del 22 marzo 2016, "in generale tutte le manovre degli enti locali che producono l’effetto di restringere l’ambito applicativo di norme di favore, come avviene ad esempio nel caso di eliminazione di fattispecie di agevolazione". Detta precisazione è stata poi confermata nella FAQ n. 5 (FAQ versamento seconda rata IMU-TASI 2016).

In secondo luogo, per quanto concerne in particolare la TASI, si devono richiamare il comma 676 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 in virtù del quale l'aliquota di base della TASI è pari all'1 per mille e può essere ridotta dal comune fino all'azzeramento, nonché il successivo comma 677 secondo cui la somma delle aliquote della TASI e dell'IMU per ciascuna tipologia di immobile non deve essere superiore all'aliquota massima consentita dalla legge statale per l'IMU al 31 dicembre 2013, fissata al 10,6 per mille. A ciò si aggiunge la disposizione recata dal comma 681 dello stesso art. 1 la quale prevede che, laddove l'unità immobiliare sia occupata da un soggetto diverso dal titolare del diritto reale sull'unità immobiliare, l'occupante versa la TASI nella misura stabilita dal comune nel regolamento compresa fra il 10 e il 30 per cento dell'ammontare complessivo della TASI. Nell’ipotesi di mancato invio della delibera di individuazione della percentuale entro il termine previsto dalla legge ovvero nel caso di mancata determinazione della stessa, la percentuale di versamento a carico del possessore è pari al 90 per cento dell'ammontare complessivo del tributo.

Ciò premesso, alla luce del quadro normativo sin qui delineato, con riferimento allo specifico quesito proposto, si ritiene che la manovra ipotizzata, pur se idonea a garantire il rispetto del vincolo sancito dalle disposizioni contenute nei commi 640 e 677 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013, comporterebbe con evidenza un aggravio della pressione fiscale per gli occupanti degli immobili in questione, i quali, secondo quanto ipotizzato nell’esempio innanzi riportato, non sarebbero assoggettati alla TASI, avendo l’ente azzerato la relativa aliquota ai sensi del comma 676 dell’art. 1 della citata legge.

L’intervento prospettato e diretto ad un diversa redistribuzione delle aliquote IMU-TASI, con conseguente introduzione della TASI, penalizzerebbe infatti gli occupanti, determinando un maggiore prelievo tributario contrastante con il blocco degli aumenti dei tributi confermato, anche per l’annualità in corso, dalla legge di bilancio 2017.

Da quanto esposto discende che la manovra ipotizzata, per poter essere attuata e ritenersi rispettosa delle disposizioni di legge sopra citate, dovrebbe espressamente prevedere:

- per gli immobili locati, il mantenimento delle aliquote allo stato vigenti ovvero l’IMU al 10 per mille e la TASI azzerata;

- per gli immobili non locati, l’aliquota IMU al 7,6 per mille e l’aliquota TASI al 2,4 per mille.

Altra soluzione percorribile potrebbe essere quella di assoggettare anche gli immobili

dati in locazione alle nuove aliquote IMU (7,6 per mille) e TASI (2,4 per mille), con rinuncia però da parte del Comune alla TASI dovuta dagli occupanti. L’ente dovrebbe quindi prevedere per tali soggetti una specifica ipotesi di azzeramento dell’aliquota ai sensi del combinato disposto dei commi 676 e 683 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013. Quest’ultimo comma infatti dispone che l’aliquota della TASI può essere differenziata "in ragione del settore di attività nonché della tipologia e della destinazione degli immobili".

Occorre però segnalare che detta manovra fiscale determinerebbe un risparmio di imposta per i proprietari degli immobili locati, i quali non verrebbero più gravati da un’imposizione complessiva pari comunque al 10 per mille, essendo tenuti al pagamento della TASI solo nella percentuale fissata dal Comune nel rispetto della disposizione di cui al comma 681 dell’art. 1 della citata legge n. 147 del 2013 con conseguente perdita di gettito derivante dalla riscossione dei due tributi.

Si ribadisce quindi che solo percorrendo una delle due soluzioni la manovra prospettata dal comune sarebbe rispettosa dei vincoli previsti dalla legge, in quanto il livello complessivo della pressione tributaria rimarrebbe sostanzialmente invariato.

Giova infine precisare che la manovra in esame non può essere adottata dai Comuni in applicazione dell’art. 193 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, poiché le soluzioni prospettate - determinando per il comune in un caso un’invarianza di gettito e nell’altro addirittura una perdita - non sono idonee ad assicurare la finalità voluta dal Legislatore, vale a dire la "salvaguardia degli equilibri di bilancio".