Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE TORINO - Sentenza 27 settembre 2017, n. 1325

Tributi - Accertamento nei confronti di società estinta - Avviso di accertamento notificato ai soci - Validità

 

Svolgimento del giudizio e motivi della decisione

 

Il contenzioso di cui qui ne occupa attiene gli avvisi di accertamento nn. T7U020500967/2013, T7U010501064/2013 e T7U030501069/2013, esercizio 2008, riguardanti rispettivamente la "G.D.C. sas" (società cessata e cancellata dal Registro delle Imprese il 18.08.2011), il socio D.G. ed il socio "Immobiliare G.D. srl", in liquidazione, con i quali l'Agenzia, rettificato il reddito della società, ha provveduto alla conseguente imputazione, per trasparenza, in capo ai soci sulla base delle quote di partecipazione.

Avverso l'iniziativa fiscale i soci avanzavano distinti ricorsi (uno in comune per la società e gli altri ciascuno per la propria posizione) al fine di eccepire la nullità dell'atto propedeutico in quanto emesso nei confronti di società estinta e perché non preceduto dalla notifica del pvc, nonché di contestare nel merito le rettifiche effettuate dall'Ufficio.

Nel costituirsi l'Agenzia replicava puntualmente.

Con sentenza n. 267/06/14 del 10.06.2014, dep. il 5.09.2014, la Ctp di Novara respingeva i ricorsi riuniti e compensava le spese di giudizio dopo aver riconosciuto la cessata materia del contendere in ordine ad alcuni rilievi per i quale l'Ente impositore aveva proceduto ad annullamento in autotutela.

Appellano i contribuenti e - denunciato l'omesso pronunciamento del giudice di prime cure in ordine alla eccezione, che ripropongono, di nullità per effettuata notifica a società estinta (con conseguente nullità degli atti notificati ai soci) nonché la illegittimità del ritenuto inesistente obbligo di emissione del pvc - contestano anche in questa sede nel merito le riprese fiscali in punto costi carburante e maggiori ricavi.

L'Ufficio confuta in modo diffuso e particolareggiato le tesi avversarie.

La censura in punto nullità conseguente il vizio di notifica è priva di fondamento giuridico. Come giustamente sostenuto dall'Agenzia la rettifica legittimamente operata nei confronti della società ha dato luogo ad un atto riguardante la stessa la cui notifica, proprio a causa della intervenuta cancellazione, è stata, come dovuto, effettuata ai soci. In argomento anche la più recente giurisprudenza (Cass. 5735 del 23.03.2016) per la quale con l'estinzione della società, nel caso in cui rimangano in piedi rapporti giuridici non ancora esauriti facenti capo ad essa, si verifica un fenomeno di tipo successorio in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all'ente si trasferiscono ai soci, come una sorta di eredità, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione, se limitatamente responsabili, o illimitatamente col proprio patrimonio, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti quando la società era in vita. Il quantum dabeatur (per debiti societari) da parte di ciascun socio - nel caso fossero presenti, come nella fattispecie, soggetti illimitatamente e limitatamente responsabili - può pertanto essere oggetto di eventuale contestazione effettuabile solo avverso lo specifico atto formale ovvero nella fase esecutiva.

Circa l'obbligo di redigere il pvc prima di emettere l'accertamento fiscale, scattato a seguito di un controllo "a tavolino" dell'Agenzia delle Entrate, ossia senza l'accesso nei locali del contribuente o dell'azienda, e a notificarlo all'interessato invitandolo a fornire chiarimenti di persona o presentando documenti scritti entro 60 giorni per attuare così il cosiddetto contraddittorio preventivo, rileva, malgrado il dibattito in giurisprudenza e dottrina sia ancora aperto, la sentenza della Cassazione SS.UU. n. 24823 del 9.12.2015 a mente della quale per le imposte "non armonizzate" non sussiste obbligo di contraddittorio endoprocedimentale (il giudizio di incostituzionalità connesso a tale pronunciamento sollevato dalla CTR toscana con ordinanza 736/1/15, 18 gennaio 2016 è allo stato pendente). E pur vero che nella fattispecie (limitatamente alla società) si controverte anche in materia Iva (tributo non armonizzato) per cui potrebbe ritenersi operante l'attrazione dell'azione fiscale al "regime procedurale" di tale imposta e, quindi, sussistente l'obbligo del contraddittorio (sul punto CTR Torino sent. 126/1/16 del 29.09.2015, dep. il 27.01.2016), ma altrettanto vero è che il richiamo al diritto dell'Unione europea comporta la necessità di tenere in conto l'avviso della Corte di Giustizia secondo il quale la violazione del diritto al contraddittorio determina l'annullamento dell'atto "adottato al termine del procedimento amministrativo soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, detto procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso". Si tratta quindi di un giudizio ex post che nella circostanza si concretizza "autorevolmente", in senso sfavorevole ai contribuenti, nel deliberato di prime cure.

Nel merito le argomentazioni fiscali si manifestano non validamente confutate. Ciò sia riguardo al recupero dei costi la cui inerenza, al di là della percentuale di deduzione rivendicata dagli appellanti, non è stata documentata in modo da consentire di individuare l'effettiva correlazione con i ricavi (art. 109 Tuir), sia per quanto concerne i maggiori ricavi la cui presunzione ai sensi dell'art. 32 comma 1 n. 79 dpr 600/73, in quanto fondata su prelevamenti non giustificati, comporta l'onere, qui non assolto, di prova liberatoria in capo ai contribuenti. Sul punto, anzi, come giustamente sottolinea l'appellato, "l'unica giustificazione fornita è che tali uscite finanziarie siano da ricondurre a <prelevamento utili>, confermando in tal modo la bontà della presunzione avanzata dall'Ufficio stante l'incapienza delle riserve" (Cass. 15236/2012). Significativa per la valutazione della condotta tenuta dai contribuenti è, peraltro, l'attribuita e non contestata alterazione dei dati contabili nei periodi di imposta precedenti influente necessariamente sulle risultanze di quello oggetto di verifica (2008).

Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Respinge l'appello e pone a carico dell'appellante le spese di entrambi i gradi di giudizio, liquidate in euro 2.000,00 per il primo grado e in euro 2.000,00 per il presente grado.