Prassi - AGENZIA DELLE DOGANE - Circolare 04 dicembre 2017, n. 14/D

D.Lgs. n.504/95, art.23. Depositi fiscali di prodotti energetici. Autorizzazione all’istituzione ed all’esercizio. Indirizzi applicativi.

 

Con la riformulazione dell'art. 23 del D.Lgs. n.504/95, interamente sostituito dalla lett. e), comma 535, dell’art.1 della legge 11.12.2016, n.232, il legislatore ha inteso arricchire il contenuto di tale disposizione valorizzandone la finalità di rafforzare il contrasto e la prevenzione dell'evasione fiscale.

La stessa direttiva 2008/118/CEE del Consiglio del 16.12.2008, all’art. 16, par. 1, ha statuito che l’apertura e l’esercizio di un deposito fiscale sono subordinati ad autorizzazione, previa sussistenza delle condizioni individuate dallo Stato membro per impedire qualsiasi forma di abuso. Della citata previsione comunitaria, recepita nel nostro ordinamento dall’art. 5 del D.Lgs. n.504/95, le disposizioni inserite nel novellato art. 23 costituiscono specificazione quanto ai depositi fiscali di prodotti energetici fissando rigidi criteri, soggettivi ed oggettivi, per il rilascio dell’autorizzazione che di seguito si passano in rassegna.

 

I. Stabilimenti di produzione prodotti sottoposti ad accisa

Al comma 1 dell’art. 23 viene confermato il procedimento semplificato per gli impianti di produzione discendendo il loro riconoscimento quali depositi fiscali dalla fonte primaria in ragione dell’effettuazione di operazioni di fabbricazione, trasformazione o lavorazione di prodotti sottoposti ad accisa.

Trattasi di impianti identificati dai peculiari cicli di lavorazione e processi industriali in essi eseguiti (raffinerie ed impianti petrolchimici), che comprendono in particolare le operazioni rientranti fra i "trattamenti definiti" previsti dalla nota complementare 4 del capitolo 27 della nomenclatura combinata, o dalla fabbricazione di determinati prodotti sottoposti ad accisa (altri stabilimenti di produzione).

Gli altri stabilimenti di produzione di cui alla lett. a) sono qualificati come tali solo se effettivamente vengono ottenuti prodotti energetici per i quali è previsto uno specifico livello di accisa (art. 21, comma 2), od i restanti prodotti energetici (art. 21, comma 3) nonché ogni altro prodotto od idrocarburo (art. 21, commi 4 e 5) ove sottoposti a tassazione per equivalenza in relazione all’uso come carburanti per motore o combustibili per riscaldamento.

Laddove la gestione dell’impianto in regime di deposito fiscale ex comma 1 dell’art. 23 sia consentita per l’effettuazione di determinati produzioni, queste devono realmente caratterizzare l’attività svolta nello stesso.

E’ necessario, in via generale, accertare la rispondenza tra attività produttiva che abilita a richiedere la gestione dell’impianto in deposito fiscale ed operazioni realmente eseguite nel deposito autorizzato onde impedire, mediante un utilizzo distorto della disposizione in esame, condotte che mirano ad eludere l’applicazione delle norme più stringenti riservate ai depositi commerciali.

La mancanza o comunque l’esecuzione in via residuale di lavorazioni a fronte di una contestuale, prevalente, attività di detenzione e commercializzazione di prodotti energetici non utilizzati come materie prime comporta il venir meno dei caratteri di stabilimento di produzione. E’ il caso, ad esempio, di un impianto di preparazione di emulsioni di cui all’art. 21-bis del D.Lgs. n. 504/95 o di additivi per prodotti energetici, produzioni di norma effettuate in regime di deposito fiscale, dove non si eseguono siffatte lavorazioni o si effettuano in via residuale rispetto ad altre movimentazioni e che opera, di fatto, come deposito commerciale di carburanti.

Parimenti non sono considerati stabilimenti di produzione gli impianti nei quali vengono fabbricati solo prodotti non soggetti ad accisa per i quali trova applicazione il D.M. n. 322/95 né possono essere qualificati come tali quelli nei quali l’attività produttiva è limitata ad operazioni nel corso delle quali si ottengono, in via accessoria, piccole quantità di prodotti energetici.

L’impianto in cui è unicamente effettuata la miscelazione di prodotti energetici tra di loro o con altre sostanze (in particolare, l’etanolo per uso carburazione), in assenza di fabbricazione dei suddetti prodotti o di effettuazione di trattamenti definiti, va classificato come altro stabilimento di produzione qualora dalla miscela derivi l’insorgenza di un carico d’accisa superiore a quello gravante sui singoli componenti. Per quanto sopra, qualora nel deposito sia prevalente la detenzione e commercializzazione di prodotti energetici non utilizzati come materie prime, così da far risultare residuale l’attività di miscelazione, la possibilità di continuare ad operare in regime di deposito fiscale andrà valutata sulla base dei criteri previsti dai commi 3 e 4 dell’art. 23.

L'esercizio degli stabilimenti di produzione in regime di deposito fiscale viene consentito (art. 23, comma 2) previo rilascio della specifica licenza da parte dell'Ufficio delle dogane. Tale provvedimento consegue alla valutazione della riconducibilità dell’attività produttiva prospettata alle figure di impianti delineate dal suddetto comma 1 dell’art. 23 nonché all'accertata insussistenza in capo al richiedente delle cause di diniego o di sospensione dell’istruttoria per il rilascio (art. 23, commi 10 e 11), legate a profili della sfera soggettiva.

 

II. Depositi commerciali di prodotti energetici soprasoglia

Diversamente dagli impianti di cui al comma 1 dell’art. 23, per i depositi commerciali di prodotti energetici la possibilità di istituire un deposito fiscale richiede l’adozione da parte dell’Ufficio delle dogane di un’espressa autorizzazione fondata sulla riscontrata esistenza di determinati presupposti e, per gli impianti al di sotto di una prefissata capacità di stoccaggio, anche di specifiche condizioni legittimanti.

Relativamente ai depositi commerciali di GPL di capacità non inferiore a 400 metri cubi ed ai depositi commerciali di altri prodotti energetici di capacità non inferiore a 10.000 metri cubi (cosiddetti "depositi soprasoglia"), il comma 3 dell’art. 23 subordina l’autorizzazione a ricevere, detenere e spedire prodotti in sospensione da accisa alla sussistenza di effettive necessità operative e di approvvigionamento dell’impianto. Va premesso che entrambe le categorie di depositi di stoccaggio sono state individuate quali infrastrutture energetiche strategiche dall’art. 57, comma 1, lett. d) e lett. e) del D.L. n. 5/2012 convertito, con modificazioni, in legge n. 35/2012.

La suddetta qualificazione giuridica, che presiede alla disciplina del regime amministrativo degli impianti di oli minerali, tiene conto del ruolo essenziale chesiffatti depositi rivestono per l’approvvigionamento petrolifero del Paese sia come centri di stoccaggio e distribuzione che come luoghi di introduzione di prodotti provenienti da Stati membri dell’Unione Europea e da Paesi extra-UE.

Tali modalità operative e la necessità di garantire la continuità di rifornimenti in quantità adeguate a corrispondere alle esigenze di certe zone geografiche, già oggetto di esame nell’ambito del procedimento avviato dal competente organo dell’amministrazione statale cui partecipa anche questa Agenzia, soddisfano i presupposti fissati dal citato comma 3 dell’art. 23 a tutela dell’interesse fiscale. Stante il valore ricognitivo del richiamato comma 1 dell’art. 57 del D.L. n. 5/2012, le descritte caratteristiche funzionali non possono essere disconosciute, permanendo l’operatività dell’impianto, ai depositi fiscali in esercizio anteriormente all’entrata in vigore del citato art. 57 ed ora ricadenti nel campo di applicazione del menzionato comma 3 dell’art. 23 del D.Lgs. n. 504/95.

Così riscontrate le necessità operative e di approvvigionamento, ai commi 6 e 7 dell’art. 23 sono previste poi determinate situazioni soggettive al verificarsi delle quali è rispettivamente negata l’autorizzazione ad operare in regime di deposito fiscale ovvero è sospesa l’istruttoria per il suo rilascio.

Ottenuta l’autorizzazione, ai sensi del comma 5 dell’art. 23 l’esercizio dell’impianto resta comunque subordinato al rilascio della specifica licenza che fa sorgere a carico del depositario autorizzato gli obblighi prescritti dall’art. 5, comma 3, del D.Lgs. n.504/95 afferenti la gestione dell’impianto in regime di deposito fiscale nonché la soggezione a vigilanza finanziaria.

 

III. Depositi commerciali di prodotti energetici sottosoglia

Per i depositi commerciali di GPL di capacità inferiore a 400 metri cubi e per i depositi commerciali di altri prodotti energetici di capacità inferiore a 10.000 metri cubi (cosiddetti "depositi sottosoglia") la richiesta di gestione in regime di deposito fiscale comporta un esame su più ampia scala: oltre i presupposti delle necessità operative e di approvvigionamento dell’impianto, occorre constatare che ricorra almeno una delle condizioni declinate dal comma 4 dell’art. 23.

In primo luogo, va verificato che la detenzione di prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo è funzionale all’esercizio dell’attività espletata dal deposito e trova rispondenza nell’operatività dello stesso che richiede la ricezione e spedizione dei prodotti in tale posizione fiscale.

Costituiscono sicuramente espressione di effettive necessità operative ciascuna delle fattispecie previste dalla lett. a) del medesimo comma 4, che fa riferimento alle forniture di prodotti destinati ad impieghi agevolati, a movimentazioni comunitarie ed esportazioni, o quella di cui alla lett. b), incentrata sulla relazione di dipendenza dell’impianto per il quale si richiede l’autorizzazione da altro esistente deposito fiscale.

Non sono invece sufficienti a perfezionare autonomamente il presupposto in esame le caratteristiche strutturali connesse all’assetto del deposito. La mera presenza di un impianto di denaturazione non giustifica di per sé il regime di deposito fiscale laddove emerga dalla sua inutilizzazione o dall’occasionalità delle operazioni di denaturazione la sostanziale estraneità alla gestione dell’impianto.

Le esigenze di approvvigionamento sono comprovabili dalla localizzazione in aree non servite da depositi fiscali o comunque carenti sotto il profilo distributivo a motivo della conformazione geografica del territorio, della forte parcellizzazione dei soggetti destinatari dei prodotti o della peculiare tempistica degli approvvigionamenti richiesti dai consumatori finali.

In tale ultimo ambito, qualora fondata sull’esclusivo rifornimento di utilizzatori agevolati, l’istituzione di un deposito fiscale può trovare giustificazione in presenza di adeguate esigenze economiche da soddisfare in termini di quantitativi di prodotti da movimentare.

All’interno di questa categoria di impianti meritano di essere segnalati i depositi di carburanti impiegati per la navigazione aerea, ubicati all’interno del sedime aeroportuale, per il ruolo di sicurezza degli approvvigionamenti che rivestono e tenuto conto della prevalente destinazione del cherosene e della benzina avio stoccati agli usi esenti di cui al punto 2 della Tabella A allegata al D.Lgs. n. 504/95. Per questi depositi, già disciplinati per la loro rilevanza strategica ai sensi del citato comma 1, dell’art. 57 del D.L. n.5/2012, le necessità operative e di approvvigionamento dell’impianto sono espresse dall’ordinario esercizio dell’attività.

Accertata la sussistenza dei descritti presupposti, l’esercizio dell’impianto deve in ogni caso soddisfare almeno una delle condizioni di operatività previste dalle suddette lett. a ) e lett. b) del comma 4, dell’art. 23.

La condizione di cui alla lett. a) riguarda le spedizioni dei prodotti e vincola l’esercente a riservare almeno il 30 per cento del totale delle estrazioni di un biennio all’effettuazione delle seguenti operazioni che, singolarmente o in forma cumulativa, possono concorrere al raggiungimento della quota:

- forniture per impieghi agevolati che prevedono l’utilizzo del prodotto in esenzione da accisa o ad aliquota ridotta. Sono inclusi i rifornimenti aerei e navali che non danno luogo al pagamento dell’accisa. Non sono computabili le estrazioni di prodotto assoggettato ad accisa ad aliquota intera seppur differenziata da altra gravante, sul medesimo prodotto, per l’uso maggiormente tassato.

- spedizioni di prodotti energetici in regime sospensivo verso Stati membri dell’Unione europea. Sono inclusi i trasferimenti di prodotti in sospensione d’accisa che hanno inizio e si concludono nel territorio dello Stato limitatamente a quelli eseguiti in applicazione di una disciplina agevolativi (es., trasferimenti di carburanti esenti per la navigazione marittima ai sensi del punto 3 della Tabella A allegata al D.Lgs. n. 504/95 da deposito fiscale ad impianto di distribuzione ex art. 3 del D.M. n. 225/2015; forniture a destinatario registrato utilizzatore agevolato ex punto 9 della Tabella A).

- esportazioni verso Paesi terzi.

La condizione di cui alla lett. b) racchiude il caso in cui l’impianto ha una gestione vincolata dal ruolo di propaggine di un deposito fiscale in attività. Per i depositi ricadenti nella lett. b), come sopra anticipato, le necessità operative e di approvvigionamento sono ricomprese nello scopo ausiliario rivestito.

In particolare, ricade in tale previsione il deposito che:

- ha un legame di accessorietà con altro deposito fiscale principale, strumentale al soddisfacimento dell’operatività di quest’ultimo (tipicamente, deposito prevalentemente adibito ad estensione dello stoccaggio di una raffineria o di un impianto petrolchimico);

- assicura un effettivo collegamento territoriale con il deposito fiscale principale, comprovato dalla sua vicinanza fisico-spaziale;

- appartiene allo stesso gruppo societario titolare del deposito fiscale principale.

Distinta fattispecie assimilata è quella in cui il deposito è gestito da soggetto giuridico non sottoposto ad attività di direzione e coordinamento. Fermi restando gli altri due requisiti prescritti, occorre riscontrare la dipendenza delle forniture da un deposito fiscale soprasoglia, da una raffineria o da un impianto petrolchimico determinata da una pregressa e consolidata relazione contrattuale (ad es., deposito stabilmente rifornito, attraverso collegamento con oleodotto, da un’adiacente raffineria).

Ai sensi del comma 12 dell’art. 23, la permanenza delle condizioni di cui alla lett. a) ed alla lett. b) del comma 4 sarà oggetto di periodico monitoraggio da parte degli Uffici delle dogane territorialmente competenti.

Analogamente alle altre figure di deposito fiscale, l’esercizio dell’impianto resta subordinato al rilascio da parte dell’Ufficio delle dogane della licenza fiscale (comma 5).

 

IV. Requisiti soggettivi richiesti per il depositario autorizzato

Di rilievo, tra le innovazioni introdotte dal novellato art. 23, il gruppo di disposizioni (commi da 6 a 11) dedicato alla puntualizzazione dei requisiti soggettivi che l’esercente deve possedere, la cui mancanza o perdita costituisce, rispettivamente, causa di diniego della richiesta di autorizzazione (depositi commerciali) o di licenza di esercizio (stabilimenti di produzione), di sospensione dell’istruttoria per il loro rilascio, di sospensione o di revoca del provvedimento autorizzativo emesso.

Rilevato come anche i vincoli afferenti la sfera soggettiva sono previsti a tutela dell’interesse fiscale, giova evidenziare che il richiedente l’apertura di un deposito fiscale deve dichiarare di:

- non aver subìto, nel quinquennio antecedente la richiesta, condanna definitiva per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare nonché per determinati delitti non colposi (delitti contro la P.A., l’ordine pubblico, la fede pubblica, l’economia pubblica, l’industria e il commercio, e contro il patrimonio) puniti con la reclusione;

- non essere sottoposto a procedure concorsuali o non averne definite nell’ultimo quinquennio;

- non aver commesso violazioni gravi e ripetute, per natura od entità, alle disposizioni in materia di accisa, IVA e tributi doganali, per le quali siano state contestate sanzioni amministrative nell’ultimo quinquennio.

Trovano applicazione per gli esercenti di tutte le tipologie di depositi fiscali di prodotti energetici configurate, siano essi di nuova istituzione che operanti in virtù del regime previgente, le cause di revoca dell’autorizzazione o della licenza (per gli stabilimenti di produzione) previste dai commi 9 e 10 dell’art. 23. In particolare, la revoca dei provvedimenti autorizzativi si rende dovuta nei casi di condanna definitiva per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare puniti con la reclusione.

Si richiamano all’attenzione le ipotesi di sospensione dell’autorizzazione o della licenza di cui ai commi 8 e 10 dell’art. 23.

 

V. Procedimento di rilascio autorizzazione

La richiesta di autorizzazione ad istituire un deposito fiscale è presentata, in bollo, all’Ufficio delle dogane territorialmente competente sull’impianto e contiene tutte le informazioni utili a provare il possesso dei prescritti requisiti, soggettivi ed oggettivi.

L’esercente ha l’onere di riportare nella richiesta, tra le informazioni afferenti l’impianto, gli estremi dell’autorizzazione rilasciata dalla competente autorità in attuazione delle disposizioni in materia di installazione ed esercizio di impianti di stoccaggio di oli minerali e, tra quelle relative alla ditta esercente, gli estremi dell’iscrizione al Registro della camera di commercio, industria, agricoltura e artigianato. In osservanza della prescrizione di cui all’art. 19-bis, comma 2, del D.Lgs. n. 504/95, l’esercente comunica, tra i propri dati, l’indirizzo di PEC.

Nella stessa richiesta l’esercente dichiara, ai sensi di quanto disposto dal decreto Presidente della Repubblica 28.12.2000, n. 445, se risultano a proprio carico condanne penali o se è stato sottoposto ad applicazione di pena ex art. 444 c.p.p., indicando in caso affermativo gli articoli di legge per cui sono state pronunciate.

La richiesta va corredata dalla planimetria aggiornata del deposito e da una dettagliata relazione tecnica che descrive l’assetto impiantistico, gli strumenti installati per la determinazione quantitativa delle merci introdotte ed estratte nonché le procedure attivate per la gestione del deposito. Il richiedente allega altresì la documentazione comprovante le effettive necessità operative e di approvvigionamento dell’impianto. Per ulteriori dettagli si rimanda alle direttive di settore.

Il procedimento si conclude con provvedimento espresso e motivato nel termine di 90 giorni dal ricevimento della richiesta (punto 28 della Tabella allegata al Regolamento per l’individuazione dei termini e dei responsabili dei procedimenti amministrativi di competenza dell’Agenzia delle dogane, ai sensi degli artt. 2 e 4 della legge n.241/90, del 1° luglio 2010).

Si rammenta l’introduzione, ad opera del comma 7 dell’art. 23, di una specifica causa di sospensione dell’istruttoria procedimentale.

Per il contenuto della denuncia di attivazione di deposito fiscale per gli stabilimenti di produzione si rimanda alle procedure fissate dalle vigenti norme di prassi (in via generale, par. 3 della circolare n. 335 del 30.12.1992). Il procedimento di rilascio della licenza di esercizio si conclude entro 60 giorni dal ricevimento della denuncia (punto 64 della citata Tabella allegata al Regolamento del 1° luglio 2010).

Nella prima applicazione delle nuove disposizioni legislative, al fine di garantire indirizzi applicativi uniformi su tutto il territorio nazionale, si dispone che l’Ufficio delle dogane acquisisca il parere di questa Direzione centrale nell’ambito dei procedimenti, per i quali emerge una maggiore complessità, avviati su:

- richiesta di autorizzazione ad istituire deposito fiscale sottosoglia ex art. 23, comma 4;

- richiesta di rilascio licenza di esercizio deposito fiscale per stabilimento di produzione ex art. 23, comma 1, lett. a), avente ridotta capacità di lavorazione.

Atteso che tale attività consultiva non interrompe né sospende il termine procedimentale, l’Ufficio delle dogane, riscontrata la sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi ed effettuato il sopralluogo per verificare l’assetto dell’impianto, trasmette la richiesta dell’esercente e le risultanze istruttorie, per il tramite della sovraordinata Direzione interregionale/regionale/interprovinciale, a questa Struttura centrale in tempo utile a rendere il parere e consentire la successiva emanazione del provvedimento entro la data di conclusione del procedimento.

 

VI. Disposizione transitoria

Il comma 536 dell’art. 1 della citata legge n.232/2016 contempla una disciplina transitoria che prevede un regime differenziato, temporalmente definito, per i depositi commerciali autorizzati quali depositi fiscali ai sensi del pregresso ordinamento ed ora ricadenti nella sfera di operatività del comma 4 del riformulato art. 23.

Stante il forte impatto che l’immediata attuazione della nuova disciplina avrebbe avuto su tali impianti, la disposizione in esame riserva agli esercenti i depositi fiscali di GPL aventi capacità inferiore a 400 metri cubi e di prodotti energetici aventi capacità inferiore a 10.000 metri cubi un congruo termine (fino al 31 dicembre 2019) per adeguarsi alle introdotte condizioni.

Così, con riguardo a quella di cui alla lett. a), del comma 4, dell’art. 23, la verifica del soddisfacimento del limite minimo percentuale di forniture agevolate o movimentazioni verso Paesi membri o extra-UE avrà inizio dal 1° gennaio 2020 e sarà parametrata, nella prima applicazione, sul totale delle estrazioni effettuate dal deposito fiscale nel triennio 2017-2019. Per gli anni successivi varrà la regola ordinaria che fonda il calcolo delle spedizioni sul biennio.

La permanenza dei presupposti per operare in regime sospensivo potrà essere valutata ricorrendo alla disposizione prevista dalla lett. b) del medesimo comma 4 nei casi di depositi fiscali di prodotti energetici di capacità superiore a 3.000 metri cubi e di GPL di capacità superiore a 50 metri cubi detenuti per conto di raffineria, impianto petrolchimico o deposito fiscale soprasoglia mediante contratti pluriennali di deposito, il cui stoccaggio risponde ad esigenze operative e funzionali di tali ultimi impianti. Ciò in considerazione del ruolo rivestito dai menzionati depositi, oggetto di distinta previsione nel precedente regime, quali basi logistiche primarie per l’efficienza della rete distributiva.