Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 01 dicembre 2017, n. 28843

Tributi - Iva - Cessazione attività - Rimborso della eccedenza l’anno successivo - Non ammesso

 

Fatti e ragioni della decisione

 

La società C.V. di A.A. e C. s.a.s. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro la sentenza della CTR Puglia n. 612, depositata il 14.3.2014 che, in accoglimento dell'appello proposto dall'Ufficio, ha dichiarato non dovuto il rimborso chiesto dalla contribuente per IVA relativa all'anno 1997.

L'Agenzia delle entrate non ha depositato difese scritte.

Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.

Con il primo motivo si prospetta la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 31 d.lgs. n. 546/1992 in relazione alla mancata comunicazione dell'avviso della data di trattazione della causa in grado di appello.

Sul primo motivo va premesso che nel contenzioso tributario la comunicazione della data di udienza, ai sensi dell'art. 31 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, adempie ad un'essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio; ne consegue che la omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell'avviso di fissazione dell'udienza di discussione determina la nullità della decisione della commissione tributaria - cfr. Cass. n. 13654/2011; Cass. n. 23607/2012; conf. Cass. n. 11487/2013.

Anche di recente si è del resto ribadito che nel contenzioso tributario, la comunicazione della data di udienza, ai sensi dell'art. 31 del d.lgs n. 546 del 1992, applicabile anche ai giudizi di appello in relazione al richiamo operato dell'art. 61 del medesimo decreto, adempie ad un'essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, sicché l'omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell'avviso di fissazione dell'udienza di discussione, determina la nullità della decisione comunque pronunciata - Cass. n. 1786/2016.

Va tuttavia evidenziato che dall'esame del fascicolo di merito, consentito in relazione alla natura processuale del vizio prospettato dalla parte ricorrente, pur non risultando la presenza della comunicazione dell'udienza, è agli atti una memoria proposta con nota del 3.10.2013 dalla parte contribuente in vista dell'udienza fissata con la quale veniva esercitato il diritto di difesa.

Ciò esclude di poter ritenere che la mancata comunicazione dell'udienza di trattazione abbia prodotto un reale pregiudizio al diritto di difesa del contribuente che, per converso, risulta avere pienamente esercitato le sue prerogative difensive né ha dimostrato che la partecipazione all'udienza avrebbe potuto determinare un esito diverso della lite o comunque consentirle l'esercizio di ulteriori difese idonee ad incidere sull'esito della lite-cfr., del resto, sul punto, Cass. n. 21224/2006.

Il secondo motivo, con il quale si prospetta la violazione dell'art. 31 dPR n. 633/1972 e dell'art. 21 d.lgs. n. 546/1992, è manifestamente fondato.

Questa Corte ha ritenuto, in modo consolidato, che la cessazione dell'attività del contribuente determina l'applicazione del termine di prescrizione ordinario decennale e non di quello biennale, ex art. 21, d.lgs. n. 546/92, «applicabile in via sussidiaria e residuale, in mancanza di disposizioni specifiche». Pertanto, proprio in ragione della cessazione dell'attività, non è possibile portare l'eccedenza in detrazione l'anno successivo, riferendosi la disposizione di cui all'art. 30, d.P.R. n. 633/72 alle imprese in piena attività.

E' parimenti consolidato l'orientamento che ritiene sufficiente la compilazione nella dichiarazione annuale del quadro relativo, la stessa integrando formale esercizio del diritto. Ne consegue che l'indicazione tempestiva del credito nella dichiarazione dei redditi non è soggetta al termine biennale di decadenza ma a quello di prescrizione ordinario, costituendo la presentazione del modello VR «solo presupposto per l'esigibilità del credito e, dunque, adempimento per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso» - cfr., ex plurimis, v. Cass. n. 9941/2015, Cass. n. 14981/2014.

Orbene, la CTR non si è attenuta al principio sopra esposto.

In conclusione, in accoglimento del secondo motivo, rigettato il primo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR Puglia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Puglia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.