Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 maggio 2018, n. 11848

Licenziamento - Richiesta di fruire di aspettativa non retribuita - Assenza dal posto di lavoro - Colpa del datore di lavoro

 

Rilevato

 

che con sentenza depositata l'11.4.2016 la Corte di Appello di Bologna, confermando la decisione del Tribunale della medesima sede, ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato il 17.8.2011 a M.M. dalla società E.E. s.n.c. di D.B. & C. ritenendo insussistenti profili di nullità del provvedimento di primo grado in ordine alla pedissequa riproduzione delle note difensive della controparte, valida la produzione di documenti con le suddette note difensive in quanto "di formazione successiva" all'instaurazione del giudizio, e, nel merito, giustificata la protratta assenza della lavoratrice dal posto di lavoro in considerazione sia della richiesta di fruire di aspettativa non retribuita (risultante dalle buste paga) sia della imputabilità al datore di lavoro dell'assenza per malattia; che avverso tale sentenza la società ha proposto ricorso affidato a cinque motivi, illustrati da memoria;

che M.M. ha resistito con controricorso, illustrati da memoria;

 

Considerato

 

che la società ricorrente, nel denunciare la nullità della sentenza in relazione agli artt. 111, 132, 414, 415 e 420 cod.proc.civ. (ex art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ.), assume, con il primo motivo, che la sentenza di primo grado è la mera riproduzione delle note finali depositate dalla controparte, note che, aggiunge il ricorrente con il secondo motivo, contenevano nuovi documenti nonché domande nuove a titolo risarcitorio;

che la società ricorrente denuncia, con il terzo ed il quarto motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 175 e 181 del C.C.N.L. settore Commercio e degli artt. 2087 e 2697 cod.civ. (ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la società, intimato un licenziamento valido ed efficace in quanto comunicato alla scadenza sia dei 180 giorni di comporto previsti dalla contrattazione collettiva sia dei 120 giorni di aspettativa non retribuita (periodo non cumulabile con quello di comporto) ed avendo, la Corte distrettuale, invertito l'onere probatorio in ordine alla imputabilità al datore di lavoro della patologia sofferta dalla lavoratrice;

che con il quinto motivo la società deduce vizio di motivazione (ex art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale e in particolare la relazione peritale del C.T.U., omesso di considerare che - in ordine alla patologia tendinea sofferta dalla lavoratrice - l'arto dominante della M. era il destro, e non il sinistro;

che il primo motivo è inammissibile trattandosi di censura rivolta direttamente contro la sentenza di primo grado e non contro la sentenza di appello, la quale - richiamando l'orientamento espresso dalla Cass. Sez. U. n. 642 del 2015 (ribadito, successivamente, da Cass. n. 9334 del 2015 e da Cass. n. 22562 del 2016) - ha, da una parte rilevato che effettivamente la motivazione della sentenza impugnata riproduceva "esattamente" le note finali depositate nell'interesse della lavoratrice, ma, dall'altra ha ritenuto che le ragioni della decisione erano "state fatte proprie dall'organo giudicante" (sulla inammissibilità di siffatte censure v. Cass. n. 5637 del 2006, Cass. nn. 11026 e 15952 del 2007, Cass. n. 6733 del 2014); che il secondo motivo è infondato avendo, la Corte distrettuale, rilevato, da una parte, che i documenti prodotti dalla lavoratrice con le note finali (nell'ambito del giudizio di primo grado) erano di formazione successiva all'instaurazione del giudizio e, dall'altra, che la modifica dei calcoli relativi alle voci di danno pretese era determinata, quanto alle spese mediche, dalle ulteriori spese (documentate) affrontate, quanto al danno biologico, dalle risultanze della C.T.U. espletata, quanto al danno esistenziale e morale, dalla quantificazione sviluppata in conformità con la percentuale pari almeno al 50% avanzata con il ricorso introduttivo del giudizio (considerato, inoltre, il mancato accoglimento della domanda di danno da perdita di chances), in conformità agli orientamenti autorevoli e consolidati di questa Corte che ritiene ammissibile sia la produzione di documenti non depositati contestualmente all'atto introduttivo del giudizio se giustificata dal tempo della loro formazione (Cass. Sez.U. n. 8202 del 2005) sia la formulazione, in sede di discussione, di conteggi diversi da quelli esposti nell'atto introduttivo del giudizio sempre che attraverso tale mutamento non si introducano nel giudizio fatti nuovi o nuovi temi di indagine, circostanza non evidenziata in ricorso (Cass. n. 1083 del 2011);

che il terzo ed il quarto motivo appaiono inammissibilmente formulati, per avere ricondotto sotto l'archetipo della violazione di legge (e di C.C.N.L.) censure che, invece, attengono alla tipologia del difetto di motivazione ovvero al gravame contro la decisione di merito mediante una diversa lettura delle risultanze procedimentali così come accertate e ricostruite dalla Corte territoriale, non rinvenendosi nemmeno un vizio di falsa applicazione di legge (o di clausole del C.C.N.L.), non lamentando, il ricorrente, un errore di sussunzione del singolo caso in una norma che non gli si addice;

che, in particolare, la società ricorrente lamenta la erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, e dunque un vizio motivo da valutare alla stregua del novellato art. 360, primo comma n. 5 cod.proc.civ., che lo circoscrive all'omesso esame di un fatto storico decisivo (cfr. sul punto Cass. sez. un. 22 aprile 2014, n. 19881), riducendo al "minimo costituzionale" il sindacato di legittimità sulla motivazione: Cass. sez. un. 7 aprile 2014, n. 8053; che la sentenza impugnata ha ampiamente esaminato i fatti controversi ed accertato il mancato superamento del periodo di comporto previsto dal C.C.N.L. applicato per due ordini di ragioni, autonome tra loro, ossia per intervenuta richiesta di fruizione di aspettativa non retribuita a far data dal 19.4.2011 (richiesta implicitamente accolta dall'azienda che, sui prospetti paga, ha qualificato tali assenze come "permessi non retribuiti") e per riconducibilità a colpa del datore di lavoro delle assenze della lavoratrice dal 30.9.2010 al 24.3.2011 (sulla scorta "del corredo specifico di allegazioni da parte della lavoratrice" in ordine alle modalità di svolgimento della prestazione, allegazioni non contestate dalla società e in ogni caso confermate in sede testimoniale);

che il quinto motivo è inammissibile avendo, la sentenza impugnata, ampiamente esaminato i fatti controversi ed illustrato (pagg. 6 e 7) come la circostanza che la C.T.U. avesse ritenuto la M. mancina non sminuiva la coerenza e la solidità della perizia, basata su "elementi che supportano logicamente e secondo criteri di elevata probabilità scientifica l'individuazione, quale eziologia più probabile, del sovraccarico biomeccanico legato allo svolgimento dell'attività lavorativa nelle modalità sopra ricostruite" e non potendosi, pertanto, ravvisare quelle anomalie motivazionali consentite dall'art. 360, primo comma, n. 5 cod.proc.civ. nella formulazione successiva alla novella introdotta con il d.l. n. 83 del 2012, convertito nella legge n. 134 del 2012 (Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014);

che il ricorso va rigettato e le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall'art. 91 cod.proc.civ.;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013);

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte deliricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.