Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 07 maggio 2018, n. 10909

Decreto ingiuntivo - Contributi previdenziali Inpgi e sanzioni - Vincolo di subordinazione escluso dalla discontinuità della prestazione resa dal giornalista - Esclusione del vincolo di presenza e di tenersi a disposizione nel periodo tra un inserto e l'altro

 

Fatti di causa

 

Con sentenza n. 5851/2012, la Corte d'appello di Roma respingeva l'appello dell'INPGI avverso la sentenza che ha accolto l'opposizione proposta dalla S. E. P. SPA (ora I. G. SPA) avverso il decreto ingiuntivo notificatole dall'Istituto previdenziale per il pagamento della somma di euro 46.801,94 a titolo di contributi e sanzioni relative al periodo settembre 1999/settembre 2001 ed alla posizione del lavoratore C. G., revocando il provvedimento monitorio.

A fondamento della sentenza la Corte d'appello ha escluso che il C. avesse lavorato con vincolo di subordinazione alle dipendenze della S. E. P. SPA, considerata la discontinuità della prestazione resa dallo stesso giornalista in un gruppo di lavoro domenicale, dedito alla realizzazione di un inserto sportivo in uscita al lunedì, con esclusione del vincolo di presenza e di tenersi a disposizione nel periodo tra un inserto e l'altro; mantenendo perciò assoluta libertà di scelta dei tempi e dei modi in relazione al risultato da assicurare. Per gli stessi motivi - essendo carenti i necessari elementi caratteristici quale continuità della prestazione, responsabilità di un servizio, vincolo di dipendenza - la Corte escludeva altresì che potesse spettare allo stesso giornalista la qualifica di collaboratore fisso ex articolo 2 C.C.N.L. ed affermava che dovesse essere pertanto rigettata anche la domanda subordinata svolta all'uopo dall'Istituto per ottenere i contributi relativi al medesimo periodo temporale in relazione alla qualifica predetta. Nessuna efficacia poteva essere riconosciuta ai fini del presente giudizio, ad avviso della Corte capitolina, alla conclusione presa dal tribunale di Venezia con la sentenza 761/2010 nel giudizio promosso dal C. nei confronti della società I. G. SPA, considerato che tra le parti era intervenuta una conciliazione tombale, che l'accertamento giudiziale non aveva riguardato la natura subordinata o meno del rapporto decorrente dal settembre 1999 bensì la legittimità di contratti a termine intercorsi tra le parti, che la Corte d'appello di Venezia con successiva sentenza n.626/11 aveva dichiarato cessata la materia del contendere tra le parti.

Per la cassazione della sentenza di appello ricorre l'INPGI con due motivi. Resiste il Gazzettino SPA con controricorso, illustrato da memoria.

 

Ragioni della decisione

 

1. - Con il primo motivo l'INPGI deduce - ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c. - violazione dell'articolo 2 del contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico.

2. - Col secondo motivo l'Inps deduce insufficiente e illogica motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio ai sensi dell'articolo 360 comma uno numero cinque c.p.c..

2.1. Secondo il contenuto delle censure, esposte congiuntamente, il giudice di merito avrebbe motivato insufficientemente circa l'esclusione nella fattispecie dell'applicazione dell'articolo 2 del contratto collettivo in quanto contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte dovevano ritenersi sussistenti tutti e tre i requisiti che caratterizzano la prestazione lavorativa del collaboratore fisso subordinato, ai sensi della sopra menzionata disposizione ossia la continuità della prestazione, il vincolo di dipendenza, la responsabilità di un servizio. Non si comprendeva, inoltre, per quale motivo la Corte d'appello avesse escluso l'esistenza del vincolo di dipendenza ovvero del porre a disposizione la propria opera tra una prestazione e l'altra; né per quale motivo avesse svalutato le dichiarazioni del testimone Sarcinelli dato vi era prova della continuità settimanale, responsabilità di un servizio ed il fatto di garantire la presenza implicava proprio essere a disposizione del datore di lavoro. La sentenza aveva una motivazione carente, illogica ed insufficiente su un fatto - ossia la subordinazione del C. - certamente controverso e decisivo per il giudizio. La Corte aveva quindi, per un verso, violato l'articolo 2 del contratto collettivo nazionale dando un'interpretazione errata del requisito del rimanere a disposizione del datore di lavoro; e per altro verso insufficientemente ed illogicamente motivato, laddove non aveva esplicitato cosa il giudice del merito avrebbe dovuto accertare per dimostrare tale messa a disposizione.

3. - I due motivi di ricorso, da esaminarsi unitariamente per l'evidente connessione che li ricollega, sono inammissibili e comunque infondati. Essi propongono infatti doglianze che non denunciano né violazioni di legge in merito alle premesse decisorie; né omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell'art. 360, comma 1 n. 5) c.p.c. applicabile ratione temporis.

4. - La sentenza della Corte non è stata, anzitutto, censurata in ordine al rigetto della pretesa svolta in via principale ai sensi dell'art. 1 del CNLG (in relazione alla figura del redattore ordinario). Si sostiene invece che sia viziata nella prospettiva dell'art. 2 del CNLG che regola invece il collaboratore fisso di natura subordinata. Senonché la Corte d'appello ha ampiamente motivato le ragioni che portavano ad escludere l'esistenza dei requisiti tipici di tale particolare rapporto di lavoro subordinato consistenti nella continuità della prestazione, responsabilità di un servizio vincolo di dipendenza. La Corte ha affermato, invero, che non fosse stato provato affatto che il giornalista C. G. rimanesse a disposizione della società editrice tra una prestazione e l'altra, circostanza peraltro inverosimile, in considerazione degli altri contestuali impegni assunti da costui presso altre aziende.

Essa non ha quindi motivato in maniera insufficiente o contraddittoria. Né trascurato alcun "fatto decisivo"; quale neppure potrebbe essere "la subordinazione del C." - come invece ritenuto in ricorso - trattandosi semmai di una qualificazione giuridica desumibile da una pluralità di fatti richiedenti una complessiva valutazione; e neanche è la testimonianza del coordinatore Sarcinelli (unica richiamata in ricorso rispetto a tutte le altre) poiché essa è stata invece esaminata e disattesa dalla Corte attraverso una logica spiegazione, nemmeno inficiata dalla censura di cui al ricorso, ed in applicazione dei poteri di valutazione tipici del giudice di merito.

Nessuna violazione dell'articolo 2 del C.C.N.L.G. ha poi commesso la Corte di merito avendo correttamente interpretato i requisiti dettati dal contratto, compreso quello del rimanere a disposizione del datore di lavoro in conformità alla giurisprudenza di legittimità. Tra l'altro essendo stato richiamato un contratto collettivo di diritto comune la censura non è stata neppure esplicitata in termini di violazione dei criteri interpretativi dettati dal codice civile per i contratti collettivi, con la specifica indicazione dei canoni in concreto violati, come avrebbe dovuto essere secondo la costante giurisprudenza di questa Corte.

5. - In realtà i motivi proposti col ricorso pretendono un riesame complessivo del materiale istruttorio che è tipica attività riservata al giudice del merito, a cui è riservato il potere di selezionare e valutare la prove raccolte nel giudizio. In materia va richiamato il costante orientamento di questa Corte di legittimità (sentenza n.3601/2006) secondo cui il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione dello stesso, essendo sufficiente, ai fini della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il convincimento nell'accertamento dei fatti si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti al giudizio, considerati nel loro complesso. Conseguentemente, ai fini di una corretta decisione, il giudice non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, né a confutare singolarmente le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l'iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata, (cfr., ex plurimis, Cass., n. 12121/2004, Cass. 10896 del 30/10/1998).

6. E come già detto, nel caso in esame la Corte territoriale, dopo aver correttamente individuato i criteri generali ai fini dell'individuazione della subordinazione del giornalista secondo la nozione di attività giornalistica subordinata, quale emerge dall'ordinamento secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, ha valutato gli esiti della istruttoria testimoniale ed ha ritenuto, in base ad una valutazione complessiva delle prove, di rigettare la pretesa dell'INPGI poiché ha ritenuto insussistente i presupposti dello svolgimento di una attività giornalistica di natura subordinata. Le valutazioni svolte e le coerenti conclusioni che ne sono state tratte configurano un'opzione interpretativa del materiale probatorio del tutto ragionevole e che, pur non escludendo la possibilità di altre scelte interpretative, è espressione di una potestà propria del giudice del merito, che non può essere sindacata nel suo esercizio (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 14212/2010, 14911/2010).

7. - Le considerazioni sin qui svolte impongono dunque di rigettare il ricorso. L'INPGI va condannato al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, come da dispositivo. Sussistono i presupposti di cui all'art. 13,comma 1-quater D.P.R. n.115 del 2002 per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna INPGI alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in 4700 di cui € 4500 per compensi professionali, oltre prese generali al 15% ed oneri accessori. Ai sensi dell'art. 13,comma 1-quater D.P.R. n.115 del 2002 si da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.