Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 febbraio 2017, n. 4560

Tributi - Contributi consortili - Pagamento - Immobile ricadente nel comprensorio del Consorzio

 

In fatto

 

La contribuente indicata in epigrafe propose ricorso avverso la cartella esattoriale con cui il C.S.T.N.S.L.P. le aveva chiesto il pagamento della quota consortile, relativamente all'anno 2005, in quanto proprietaria dell'immobile, sito in (...) di Noto, identificato catastalmente con la particella 886, foglio 411.

A sostegno della pretesa dedusse la mancanza di potestà impositiva in capo al Consorzio per essere stato esso privato delle sue competenze statutarie, trasferite alle istituite Province Regionali, giusta Legge Regionale Siciliana n. 9 del 1986, sicché nulla era dovuto all'ente. L'adita Commissione Provinciale accolse il ricorso, condividendo le tesi della contribuente, ma in esito all'appello del Consorzio la decisione di primo grado fu riformata dalla Commissione Regionale di Palermo - Sezione Staccata di Siracusa, con sentenza n. 190/16/11, del 20/4/2011, depositata l'8/6/2011.

I giudici di appello affermarono, in particolare, che la predetta legge regionale aveva disposto la soppressione dei Consorzi di bonifica e non dei Consorzi stradali, che hanno continuato a svolgere l'attività statutariamente prevista, non avendo sul punto efficacia preclusiva e vincolante la sentenza n. 125/3/2004, pronunciata inter partes dalla medesima Commissione Provinciale, con riferimento a precedente cartella di pagamento, sul rilievo che la qualità di proprietaria dell'immobile ricadente nel perimetro consortile era frutto di un accertamento successivo alla citata sentenza, con conseguente inopponibilità del giudicato esterno.

Avverso la decisione E.S. ha proposto ricorso per cassazione con cinque motivi.

Il Consorzio ha resistito con controricorso e depositato memoria.

 

In diritto

 

Con il primo motivo del ricorso la S. deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., co. 1, n. 3, violazione ed erronea applicazione di norme di diritto, segnatamente, gli artt. 11 e 24 Cost., 324 c.p.c., 2909 c.c., per avere i giudici del gravame disconosciuto l'efficacia estensiva del giudicato formatosi, in punto di insussistenza della capacità impositiva del Consorzio, a seguito della sentenza n. 125/3/2004 della Commissione Provinciale di Siracusa, ancorché pronunciata con riferimento ad altra cartella esattoriale emessa relativamente all'anno 2000.

La censura è infondata e va disattesa.

La CTR della Sicilia ha escluso l'efficacia della decisione adottata nel precedente giudizio intercorso tra le stesse parti, relativamente ad un punto fondamentale e comune ad entrambe le cause, quale è, appunto, quello della concreta potestà impositiva dell'Ente, sul rilievo che non vi fosse prova che la causa definita prima riguardasse proprio l'immobile "ubicato nel foglio 411 di Noto, ricadente nel comprensorio dello stesso Consorzio", cespite che era stato possibile ricondurre con certezza alla S. soltanto grazie ad un accertamento espletato in epoca posteriore al fine di adottare, come da Delibera n. 2 dell' 11/10/2006, "un nuovo elenco utenti".

In generale, la preclusione del giudicato opera nel caso di giudizi identici, nei quali cioè l'identità delle due controversie riguardi i soggetti, la causa petendi e il petitum per come questi fattori sono inquadrati nell'effettiva portata della domanda giudiziale e della decisione (Cass. n. 1514/2007; n. 1773/2000; Sez. Un. n. 2874/1998).

Opera, tuttavia, nei limiti dell'accertamento della questione di fatto, non anche in relazione al delinearsi delle conseguenze giuridiche.

Tanto risulta sostanzialmente recepito anche in rapporto al processo tributario (Cass. n. 21797/2012, in motivazione), sebbene con le precisazioni imposte dal rilievo che il processo tributario, rispetto a quello civile, conserva la specificità correlata al rapporto sostanziale che ne costituisce oggetto.

L'eventualità che il giudicato, formatosi in ordine a un periodo, possa avere efficacia preclusiva nel giudizio relativo al medesimo tributo per un altro periodo va, pertanto, limitata al caso in cui si discorra degli elementi rilevanti necessariamente comuni ai distinti periodi d'imposta, onde potersene desumere che l'accertamento di fatto su tali elementi (e solo l'accertamento di fatto) debba fare stato nel giudizio relativo alle obbligazioni sorte in un periodo d'imposta diverso (Cass. n. 12763/2014).

Nel caso di specie, gli elementi posti a base dell'eccezione della ricorrente non sono definibili nel senso suddetto.

La ricorrente ha eccepito la preclusione siccome derivante da sentenza relativa alla soluzione di una questione che - a ben vedere - era attinente ad un provvedimento di sgravio emanato dal Consorzio, nell'esercizio di un potere conferitole dall'ordinamento, in relazione alla somma richiesta alla Scollo, a titolo di quota consortile per l'anno 2000, provvedimento con il quale è stata posta nel nulla la relativa cartella di pagamento.

La decisione, quindi, non stabilisce alcunché sulla debenza o meno del contributo consortile, in ragione della ricorrenza degli elementi della fattispecie costitutiva dell'obbligazione verso il Cosorzio, com'è dato ricavare dalla semplice lettura della richiamata sentenza n. 125/3/04 della Commissione Provinciale di Siracusa, in quanto l'accertamento giudiziale si è limitato al fatto impeditivo sopravvenuto che ha paralizzato l'obbligazione a carico della Scollo.

Ne discende che l'impugnata sentenza, laddove ha accertato esistenza e contenuto del dedotto giudicato formatosi tra le parti nel diverso giudizio, appare senz'altro corretta e conforme all'insegnamento giurisprudenziale secondo cui la portata del giudicato esterno va definita dal giudice del merito sulla base di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e, eventualmente, nella motivazione che la sorregge, potendosi far riferimento, in funzione interpretativa, alla domanda della parte solo in via residuale qualora, all'esito dell'esame degli elementi dispositivi ed argomentativi di diretta emanazione giudiziale, persista un'obiettiva incertezza sul contenuto della statuizione (Cass. n. 24749/2014).

Con il secondo motivo del ricorso la contribuente deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., co. 1, n. 5, omessa o errata motivazione circa un punto decisivo della controversia vertente sulla dedotta soppressione del Consorzio per effetto dell'art. 13 Legge Regionale Siciliana n. 9 del 1986, non essendo pertinente il richiamo all'art. 50 della predetta Legge Regionale contenuto nell'impugnata sentenza.

Va rilevata l'inammissibilità della censura, che concerne l'applicazione di disposizioni di legge, considerato che il vizio di motivazione riconducibile all'ipotesi di cui all'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 5, attiene esclusivamente all'accertamento ed alla valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, non anche all'interpretazione o all'applicazione di norme giuridiche che, invece, ricadono sotto il profilo dell'errore di diritto ex art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3.

Con il terzo motivo del ricorso la contribuente deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., co. 1, n. 5, omessa, insufficiente o errata motivazione circa la proprietà, in capo alla Scollo, dell'immobile sito in C. da San Lorenzo, tenere di Noto, circostanza dalla medesima mai contestata e conseguentemente estranea all'oggetto della pronuncia richiesta ai giudici di merito. Inammissibile è anche il suesposto motivo di ricorso perché non coglie la ratio dedicendi della sentenza impugnata, la quale non involge affatto l'accertamento della proprietà del terreno in capo alla Scollo, ma l'inserimento del bene nel perimetro di attività del Consorzio, e in tal senso va intesa l'affermazione, che si legge nell'impugnata sentenza, secondo cui "la contribuente fa parte dei soci del Consorzio".

Con il quarto motivo di ricorso la contribuente deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., co. 1, n. 3, violazione ed erronea applicazione di norme di diritto, segnatamente, delle disposizione contenute nel D.Lgs. luogotenenziale n. 1446 del 1918, concernente la concessione agli utenti delle strade vicinali della facoltà di costituirsi in Consorzio per la manutenzione e la ricostruzione di esse, per aver i giudici di secondo grado qualificato la Scollo, proprietaria dell'immobile, quale "socia" del Consorzio e non quale "utente della strada" tenuta obbligatoriamente al pagamento del relativo contributo.

Va da sé I' inammissibilità della censura che attinge tale affermazione sotto il profilo terminologico, trattandosi di questione affatto incidente sulla correttezza della decisione impugnata, che riposa sul "fatto successivamente accertato" che la Scollo, in quanto proprietaria dell'immobile del quale si discute ed utente delle strade, è tenuta alla relativa contribuzione, perché è dalla incontestata inclusione dell'immobile nel perimetro di intervento consortile e, con essa, dall'acquisto della qualità di consorziato, che consegue la posizione passiva nel rapporto di natura tributaria con l'ente consortile (Cass. n. 4671/2012; n. 9099/2012; Sez. U. n. 26009/2008).

E' appena il caso di osservare, per quanto d'interesse, che le disposizioni del D.Lgs. luogotenenziale n. 1446 del 1918, delle quali l'art. 2, D.L. 22 dicembre 2008, n. 200, aveva previsto l'abrogazione a decorrere dal 16 dicembre 2009, sono state sottratte all'effetto abrogativo di cui al citato art. 2, permanendo quindi in vigore, ai sensi di quanto disposto dal comma 2 dell'art. 1, D.Lgs. 1° dicembre 2009, n. 179.

Con il quinto motivo di ricorso la contribuente deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., co. 1, n. 3, violazione, inosservanza o erronea applicazione di norme di diritto, segnatamente, l'art. 13 Legge Regionale Siciliana n. 9 del 1986, per non aver i giudici di appello considerato che i Consorzi Stradali, dotati di personalità giuridica pubblica, erano stati privati di ogni potestà impositiva.

La cesura è inammissibile atteso che la ricorrente si è limitata a dedurre che i consorzi stradali erano stati privati di ogni potestà impositiva e non ha censurato la ratio decidendi della sentenza impugnata, secondo cui l'art. 50 della Legge Regionale Siciliana n. 9 del 1986 ha soppresso i consorzi di bonifica, ma non i consorzi stradali, i quali, secondo l'assunto del Giudice di appello, con riferimento all'anno d'imposta 2005, a cui si riferisce al cartella di pagamento impugnata, erano esistenti ed operativi.

Alla stregua delle considerazioni che precedono s’impone il rigetto del ricorso e la condanna della Scollo, soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfettarie ed accessori di legge.