Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 maggio 2017, n. 12289

Tributi - Ici - Esenzione - Immobili rurali

 

Rilevato che

 

1. E.S.srl propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 72/13/12 del 29 giugno 2012 con la quale la commissione tributaria regionale della Toscana, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimi gli avvisi di accertamento notificati, per conto del Comune di Montalcino (SI), alla T.L.F. società agricola a r.l. per il mancato pagamento di Ici 2003/2004/2005 su alcuni immobili rurali in suo possesso.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che l'esenzione degli immobili da Ici derivasse dalla retroattività della procedura autocertificata ‘Docfa’ di variazione catastale di cui al d.l. 201/11 conv. in I. 214/11.

Nessuna attività difensiva è stata posta in essere in questa sede dalla società contribuente.

1. Con il primo motivo di ricorso E.S. lamenta - ex art. 360, 1^ co. n. 3 cod.proc.civ. - violazione della normativa Ici e di variazione catastale di riferimento (art. 7, comma 2 bis decreto-legge 70/11 convertito con modificazioni in legge 106/11; art. 14 bis decreto-legge 201/11 convertito in legge 214/11). Per avere la commissione tributaria regionale erroneamente affermato l'esenzione Ici in forza dell'effetto retroattivo della procedura di variazione catastale da tale normativa prevista; nonostante che la retroattività in questione potesse valere, a tutto concedere, per i soli cinque anni antecedenti all'istanza (da presentarsi entro il settembre 2011).

Con il secondo motivo di ricorso si lamenta - ex art. 360, 1^ co. n. 5 cod.proc.civ. - che la commissione tributaria regionale non abbia indicato le ragioni logiche e giuridiche di riconoscibilità, alla variazione catastale in oggetto, di efficacia retroattiva ben oltre il quinquennio antecedente alla domanda.

2. I due motivi di ricorso, suscettibili di trattazione unitaria, sono fondati.

Va premesso che non vi sono ragioni per discostarsi da quanto stabilito da Cass. SSUU n. 18565/09, secondo cui (in motiv.): "in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l'attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni, non è soggetto all'imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a). L'attribuzione all'immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all'imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest'ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l'attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l'assoggettamento del fabbricato all'imposta". A tale orientamento hanno fatto seguito innumerevoli pronunce di legittimità (tra cui, Cass. nn. 7102/10; 8845/10; 20001/11; 19872/12; 5167/14), più recentemente confermate - nel senso della ininfluenza dello svolgimento o meno, nel fabbricato, di attività diretta alla manipolazione o alla trasformazione di prodotti agricoli, rilevando unicamente il suo classamento - tra le altre, da Cass. n. 16737/15 e da Cass. n. 7930/16.

Va altresì osservato come quanto stabilito dalle SSUU nella sentenza cit. si sia fatto carico anche dei profili di jus superveniens riconducibili all'emanazione sia del co. 3 bis dell'art. 9 d.l. 557/93 conv. in l. 222/07, come introdotto dall'articolo 42 bis d.l. 159/07 conv. in l. 222/07; sia del co. 1 bis dell'art. 23 d.l. 207/08 conv. in l. 14/09. Con la conseguenza che nemmeno in base a questa normativa - salva l'ipotesi di mancato accatastamento - è dato al giudice tributario di accertare in concreto, incidentalmente, il carattere rurale del fabbricato di cui si sostenga l'esenzione da Ici.

La stessa conclusione deve trovare condivisione altresì alla luce dell'ulteriore jus superveniens costituito: - dal d.l. n. 70 del 13 maggio 2011, convertito dalla legge n. 106 del 12 luglio 2011 che, all'art 7, comma 2 bis, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il 30 settembre 2011) di presentare all'allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l'attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell'immobile, sulla base di un'autocertificazione attestante che l'immobile possedeva i requisiti di ruralità di cui all'art. 9 del D.L. n. 557/1993, convertito in L. n. 133/1994, e modificato dall'art. 42 bis del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni in L. 29 novembre 2007, n. 159, "in via continuativa a decorrere dai quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda"', - dal d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, in L. 22 dicembre 2011, n. 214 che ha quindi previsto, all'art. 13, comma 14 bis, che le domande di variazione di cui al predetto D.L. n. 70 del 2011, producessero "gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo - dal decreto del ministero dell'economia e delle finanze del 26 luglio 2012, che ha stabilito, all'art. 1, che "Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all'esercizio dell'attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell'iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censi bili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate all'art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133.

Art. 2 Presentazione delle domande per il riconoscimento del requisito di rurali"; - dal d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, in L. 28 ottobre 2013, n. 124, all'art. 2, comma 5 ter, che ha stabilito che "ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l'articolo 3, comma 14 bis, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell'articolo 7, comma 2 bis, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l'inserimento dell'annotazione degli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui all'articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda".

Si tratta infatti di disposizioni che rafforzano l'orientamento esegetico già adottato dalle SSUU nel 2009, in quanto disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell'esenzione Ici; sulla base di una procedura ad hoc che non avrebbe avuto ragion d'essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all'attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme.

Diversamente da quanto affermato dalla commissione tributaria regionale nella sentenza impugnata, poi, tale procedura non poteva esplicare alcun effetto sugli avvisi di accertamento opposti, perché relativi ad annualità (2003-2005) comunque anteriori al quinquennio di retroattività dalla domanda di variazione catastale (2011), ancorché assentita dall'amministrazione finanziaria.

In definitiva, la sentenza della commissione tributaria regionale va cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, né essendo state dedotte altre questioni controverse, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384 cod.proc.civ., mediante rigetto del ricorso introduttivo della società contribuente relativo agli immobili classificati in categorie catastali diverse da A/6 e D/10.

In ragione della complessa evoluzione normativa ed interpretativa in materia, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese di legittimità e merito.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso;

- cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della società contribuente relativamente agli immobili classificati in categorie catastali diverse da A/6 e D/10;

- compensa le spese di legittimità e merito.