Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE LOMBARDIA - Sentenza 06 settembre 2017, n. 3545

Tributi - IRAP - Ente pubblico straniero - Convenzione tra Italia e Stato straniero - Esenzione

 

Svolgimento del processo

 

I. Con sentenza del 17 giugno/14 settembre 2016, n. 6986, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano dichiarava inammissibile, perché tardivo, il ricorso proposto dal Centro commerciale C. avverso l'avviso con il quale l'Agenzia delle Entrate di Milano aveva accertato la non dichiarata IRAP relativa all'anno 2008, per un importo imponibile di euro 189.332,00, pari al valore delle retribuzioni del personale dipendente, ed determinato in euro 7.384,00 la relativa imposta non versata.

La commissione provinciale dichiarava l'inammissibilità del ricorso, accogliendo la relativa eccezione formulata dall'Agenzia delle Entrate, osservando che, essendo stato l'avviso di accertamento notificato il 6 novembre 2014 ed essendo stati sospesi per novanta giorni i termini per proporre ricorso, a seguito della presentazione dell'istanza di accertamento con adesione, il ricorso avrebbe dovuto essere notificato entro il lunedì 6 aprile 2015, mentre era stato notificato successivo 7 aprile 2015.

La commissione non esaminava il merito della controversia

II. Avverso la sentenza proponeva appello il Centro commerciale C. ritenendo, con l'unico motivo, che il primo giudice fosse incorso in errore per non aver considerato che il giorno 6 aprile 2015 era giorno festivo, essendo il lunedì dell'Angelo, ovvero il lunedì successivo al giorno della Santa Pasqua;

richiamava, quindi, i motivi e le argomentazioni con cui aveva impugnato l'avviso di accertamento.

III. Costituitasi in giudizio, l'Agenzia delle Entrate resisteva all'appello, nulla obiettando in merito al motivo di gravame e, quanto al merito, richiamandosi anch'essa alle argomentazioni svolte in primo grado.

IV. All'odierna pubblica udienza, nella quale l'appellante, su invito del collegio, depositava la traduzione dei documenti in lingua inglese prodotti in primo grado, il collegio, sentiti i rappresentanti delle parti che concludevano come in verbale, tratteneva la causa a decisione.

 

Succinta esposizione dei motivi della decisione

 

I. Il motivo di appello è fondato e va accolto.

La commissione di prima istanza, nel dichiarare l'inammissibilità del ricorso perché presentato in data 7 aprile 2015, ovvero il giorno dopo la scadenza del termine di cui all'art. 21 del D.Lgs n. 546/92, è incorsa in errore non avendo considerato che il giorno 6 aprile 2015, giorno di scadenza del termine per appellare, era giorno festivo essendo il Lunedì dell'Angelo, così che, a norma dell'art. 155 c.p.c., la scadenza del termine era prorogata al giorno successivo non festivo, ovvero al giorno 7.

II. Ciò posto, poiché il primo giudice si è limitato a valutare negativamente l'ammissibilità o meno del ricorso, senza l'esame del merito della controversia, a ciò deve provvedervi questa commissione.

II.1 Il Centro commerciale C. ha impugnato l'avviso con il quale l'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale I di Milano ha accertato l'omessa presentazione della dichiarazione IRAP per l'anno 2008, per l'importo imponibile di euro 189.332,00 calcolato sulla base delle retribuzioni del personale dipendente, ed ha contestato il mancato versamento dell'imposta pari ad euro 7.384,00.

A fondamento del ricorso il Centro commerciale C., dopo aver affermato di non svolgere alcuna delle attività soggette a tale imposta ai sensi dell'art. 2 del D.Lgs n. 446 del 1997, essendo un'agenzia di diretta derivazione dal Ministero del Commercio, Industria ed Energia Coreana, contesta il suo inquadramento, fatto dall'Agenzia delle Entrate, tra gli enti pubblici e le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 3, comma 1, lett. c bis del D.Lgs n. 446/1967, sostenendo che detto articolo farebbe riferimento esclusivamente agli enti pubblici e alle pubbliche amministrazioni dello Stato Italiano e non anche a quelli esteri. Asserisce, inoltre, che il Ministero degli Affari Esteri dello Stato Italiano aveva autorizzato l'istituzione in Italia dell'agenzia commerciale Coreana, alla condizione che non fosse iscritta nel Registro delle Imprese previsto dal nostro ordinamento, così che di fatto ne aveva riconosciuto la mancanza di personalità giuridica. Infine mette in evidenza che il Governo Coreano aveva esentato dal pagamento delle imposte dirette e indirette l'omologo ufficio italiano per il commercio, l'I.C.E., così che sulla base del principio di reciprocità anche ad esso doveva riconoscersi uguale trattamento fiscale.

II.2. L'Agenzia delle Entrate nella memoria di controdeduzioni resiste alle censure e alle argomentazioni dell'opponente, mettendo, innanzi tutto, in luce che a norma dell'art. 2, comma 3, lett. b), iii) della Convenzione tra Italia e Corea, ratificata con la Legge n. 199 del 1992, è prevista l'applicazione dell'IRAP anche nei confronti di soggetti di quella Repubblica che rientrino, per requisiti oggetti e soggettivi, tra coloro che sono soggetti a tale imposta; a questo proposito fa presente che, a norma dell'art. 3, lett. e) del citato D.Lgs n. 442/1997 che richiama l'art. 87 (oggi 73) lett. c) e d) del TUIR, anche gli enti pubblici e privati diversi dalle società e che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, nonché le società e gli enti, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato Italiano, sono soggetti a detta imposta regionale.

III. Il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica Coreana il 10 gennaio 1989 conclusero una convenzione al fine di evitare le doppie imposizioni e per prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito. Detta convenzione venne poi ratificata con la Legge n. 199 del 1992, entrata in vigore il 5 marzo 1992.

All'art. 2 detta legge prevede l'applicazione della Convenzione, quanto all'Italia, all'imposta sul reddito delle persone fisiche, all'imposta sul reddito delle persone giuridiche e all'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) che, avendone la medesima natura reale, ha sostituito l'ILOR originariamente prevista dalla convenzione, come stabilito dal quarto comma del predetto articolo 2 .

L'art. 3 di detta legge precisa poi, ai fini dell'interpretazione della convenzione, che:

« ... d) il termine "persona" comprende una persona fisica, una società ed ogni altra associazione di persone;

e) il termine "società" designa qualsiasi persona giuridica o qualsiasi ente che è considerato persona giuridica ai fini fiscali;

f) le espressioni "impresa di uno Stato contraente" e "impresa dell'altro Stato contraente" designano, rispettivamente, un'impresa esercitata da un residente di uno Stato contraente e un'impresa esercitata da un residente dell'altro Stato contraente;

Alla luce delle predette disposizioni ritiene questo collegio che in linea generale il Centro commerciale C. sarebbe soggetto passivo dell'IRAP, perché essendo emanazione diretta del Governo della Corea è equiparabile ad un ente pubblico non economico italiano, se non addirittura ad una branca della Pubblica Amministrazione italiana. Ebbene a norma dell'art. 2, comma 1, lett. e) ed e/bis) del D. Lgs n. 446 del 1997 anche gli enti pubblici, di cui all'art. 73 richiamato dall'art. 87 del T.U.I.R, a sua volta richiamato dalla citata lettera e), nonché le Amministrazioni pubbliche sono soggetti passivi dell'IRAP, ovvero sono enti considerati persone giuridiche a fini fiscali. Ne consegue che sono assoggettati a detta imposta anche gli enti stranieri operanti in Italia in quanto anch'essi sono considerati, dall'art. 3, comma 1, lett. e) della Convenzione ratificata con la predetta Legge n. 199/1992.

III.1 Se quanto sopra detto vale in linea generale, non altrettanto può dirsi con riferimento alla fattispecie in esame, alla quale deve essere applicato quanto disposto dall'art. 24 della Convenzione.

Detto articolo, sotto la rubrica "NON DISCRIMINAZIONE" così dispone:

«1. I nazionali di uno Stato contraente non sono assoggettati nell'altro Stato contraente ad alcuna imposizione od obbligo ad essa relativo, diversi o più onerosi di quelli cui sono o potranno essere assoggettati i nazionali di detto altro Stato che si trovino nella stessa situazione. La presente disposizione si applica altresì, nonostante le disposizioni dell'articolo I , alle persone che non sono residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti.

2. L'imposizione di una stabile organizzazione che un'impresa di uno Stato contraente ha nell'altro Stato contraente non può essere in detto altro Stato meno favorevole dell'imposizione a carico delle imprese di detto altro Stato che svolgono la medesima attività.

5. Le disposizioni del presente articolo si applicano, nonostante le disposizioni dell'articolo 2, alle imposte di ogni natura o denominazione.»

Pertanto, adattando tali disposizioni alla fattispecie in esame si ha che:

«1. I coreani non sono assoggettati in Italia ad alcuna imposizione od obbligo ad essa relativo, diversi o più onerosi di quelli cui sono o potranno essere assoggettati gli italiani che si trovino nella stessa situazione. La presente disposizione si applica altresì, nonostante le disposizioni dell'articolo 1, alle persone che non sono residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti.

2. L'imposizione di una stabile organizzazione che un'impresa coreana ha in Italia non può essere in Italia meno favorevole dell'imposizione a carico delle imprese italiane che svolgono la medesima attività.

5. Le disposizioni del presente articolo si applicano, nonostante le disposizioni dell'articolo 2, alle imposte di ogni natura o denominazione.»

III.1.1 - L'appellante all'udienza odierna ha depositato, su invito di questo collegio, le traduzioni delle note verbali nn. OKN/909, KIT/E66/974 e 7/12440/9, documenti già prodotti con il ricorso del 3 aprile 2015; inoltre ha depositato la lettera, autenticata e tradotta, datata 13 giugno 2017, indirizzata a questa Commissione. Dalla lettura della nota verbale n. OKN/900 del 5 ottobre 1978 e, in particolare, dall'allegato relativo alla status dell'ufficio dell'I.C.E. (Istituto per il Commercio con l'Estero) aperto a Seul, status proposto dal Ministero degli Affari Esteri italiano, risulta che detto ufficio non è soggetto in Corea a imposta sulle società. La difesa dell'appellante sostiene che l'I.C.E. in Corea è esentato da ogni tassa cosi che, per il principio di reciprocità sancito dal predetto art. 24, anche il Centro commerciale C. deve essere considerato come esentato da ogni imposizione, compresa l'IRAP. Ritiene il collegio che l'esenzione dell'I.C.E. da ogni imposta sulle società non attenga all'imposta sul reddito ma anche a qualsiasi imposta, pure di natura reale, qual è la nostra IRAP. Invero, il riferimento all'imposizione sulle società non può che essere interpretato come equiparazione dell'I.C.E. ad una società considerata persona giuridica a fini fiscali, di cui alla definizione contenuta nell'art. 3, comma 1, lett. e) della Convenzione, così come il Centro commerciale C. è considerato dall'Agenzia delle Entrate italiana. Da ciò consegue che per il principio di reciprocità suddetto anche il Centro commerciale C., per il Fisco italiano considerato (si ripete) persona giuridica a fini fiscali, va esentato dall'imposizione IRAP. In conclusione non solo l'appello va accolto e, ad emenda della sentenza gravata, va accolto il ricorso proposto dal Centro commerciale C. K. avverso l'avviso di accertamento impugnato, con conseguente annullamento di detto avviso di accertamento.

IV. Le spese di entrambi i gradi vanno integralmente compensate perché la novità e peculiarità delle questioni sottoposte al giudizio di questa commissione costituiscono gravi ragioni per derogare al principio della soccombenza, di cui al 1° comma dell'art. 15 del D.Lgs n. 546/92.

 

P.Q.M.

 

Accoglie l'appello e, per l'effetto, accoglie il ricorso proposto dal Centro commerciale C. K. avverso l'avviso di accertamento impugnato che annulla.

Compensa integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi.