Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 luglio 2017, n. 18251

Tributi - ICI - Immobile locato a canone concordato - Assimilazione ad abitazione principale - Applicabilità - Facoltà regolamentare riconosciuta ai comuni - Mancata previsione da parte dell’ente comunale - Esclusione

Fatto e diritto

 

Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell'art. 1 - bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata e che parte ricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 8975/29/2015, depositata il 16 ottobre 2015, la CTR della Campania rigettò l'appello proposto dalla sig.ra A.B. nei confronti del Comune di Napoli avverso la sentenza di primo grado della CTP di Napoli, che aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente per l'annullamento di avviso di accertamento in rettifica ai fini ICI per l'anno 2010.

Avverso la sentenza della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, ulteriormente illustrato da memoria.

Il Comune di Napoli resiste con controricorso.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione di norme di diritto, segnatamente omessa applicazione del d.l. 27 maggio 2008, n. 93, convertito dalla l. 24 luglio 2008, n. 126 ed erronea interpretazione delle leggi statali e della normativa locale del Comune di Napoli in materia di imposte sugli immobili per l'anno 2010.

La ricorrente assume di avere il diritto a godere dell'esenzione dal tributo per effetto dell'assimilazione ai proprietari di unità immobiliari destinate ad abitazione principale di coloro che abbiano concesso in locazione per abitazione principale di terzi immobili a canoni concordati secondo gli accordi territoriali di cui all'art. 2, comma 3, della l. n. 431/1998, ciò per effetto del disposto dell'art. 1, comma 2, del d.l. n. 93/2008, quale convertito, con modificazioni, dalla l. n. 126/2008.

Quest'ultimo, nel testo in vigore ratione temporis, prevedeva che «per unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si intende quella considerata tale ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e successive modificazioni, nonché quelle ad esse assimilate dal comune con regolamento o delibera comunale vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9, per le quali continua ad applicarsi la detrazione prevista dall'articolo 8, commi 2 e 3, del citato decreto n. 504 del 1992».

Si deve in proposito rilevare che la ricorrente non ha indicato, né avrebbe potuto, nel proprio ricorso, una norma di regolamento o delibera del Comune di Napoli per effetto della quale, con riferimento all'anno d'imposizione oggetto della controversia (2010), vi sia stata l'assimilazione, ai fini dell'esenzione ICI, degli immobili locati a terzi come abitazione principale, a canone concordato secondo gli accordi territoriali di cui all'art. 2, comma 3 della l. n. 431/1998, alle unità immobiliari adibite ad abitazione principale.

L'art. 2, comma 4, della l. n. 431/1998, si limitava a prevedere la possibilità, ovvero la facoltà, per i Comuni, di deliberare aliquote sull'ICI più favorevoli per i proprietari che avessero concesso in locazione a titolo di abitazione principale immobili alle condizioni definite dagli accordi stessi, né alcuna disposizione nel senso prospettato dalla ricorrente era dato rinvenire nel più volte citato Accordo territoriale per la città di Napoli del 10 novembre 2003.

Parte ricorrente ha insistito, anche nella memoria tesa a confutare la proposta del relatore di rigetto per manifesta infondatezza, nella propria tesi, adducendo a sostegno delibera del Consiglio comunale di Napoli (...) del 16 settembre 2013.

Di là dalla irrituale allegazione di detta delibera alla memoria, dalla delibera, riferita peraltro all'IMU per l'anno 2013, è dato ancor più rilevare l'infondatezza dell'assunto di parte ricorrente, prevedendosi in essa un'aliquota ridotta per l'IMU per gli immobili locati a titolo di abitazione principale con contratto conforme al succitato Accordo territoriale.

Appare quindi evidente come l'insistenza della ricorrente nell'ipotizzare un'assimilazione tout court degli immobili locati a terzi, per abitazione principale di questi, a canone concordato ex art. 2, comma 3, della l. n. 431/1998, ai fini dell'esenzione dell'ICI, in assenza di regolamento o delibera consiliare a cui l'art. 1, comma 2, del d.l. n. 93/2008, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 126/2008 (ora abrogato dal d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214) all'abitazione principale del proprietario dell'unità immobiliare, a fronte della sola assimilabilità di ogni unità immobiliare che non fosse classificata come A1, A8 o A9, sia il frutto di un'operazione ermeneutica non consentita, stante il consolidato orientamento di questa Corte che ha sempre ribadito la natura di stretta interpretazione delle norme tributarie che prevedano esenzioni da tributi (più di recente, in tema di ICI, si vedano Cass. sez. 6-5, ord. 2 febbraio 2017, n. 3011; Cass. sez. 5, 4 maggio 2016, n. 8869).

Il motivo è dunque manifestamente infondato, neppure potendo trovare ingresso la questione di legittimità costituzionale avanzata in via subordinata dalla ricorrente sempre con la memoria depositata in atti, in relazione al disposto dell'art. 8 del d. lgs. 14 maggio 2011, n. 23, per preteso contrasto con gli artt. 3, 42 e 53 Cost., stante il palese difetto di rilevanza della questione, trattandosi di norma insuscettibile di alcuna applicazione nel presente giudizio, avente, come sopra più volte indicato, ad oggetto, l'imposizione ai fini ICI per l'anno 2010.

Alla stregua delle considerazioni sopra espresse resta assorbito il secondo motivo, con il quale la ricorrente ha lamentato la violazione o omessa applicazione dell'art. 100 c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la sentenza impugnata omesso di rilevare la carenza d'interesse a contraddire del Comune di Napoli in relazione alle disposizioni di legge (art. 1 comma 4 bis dell'art. 1 del d.l. n. 93/2008 aggiunto in sede di conversione dalla l. n. 126/2008), relativamente al rimborso per l'anno 2008 da parte del Ministero dell'Interno ai Comuni della quota del 50% venuta meno per effetto dell'esenzione ICI disposta in favore dei proprietari di unità immobiliari destinate ad abitazione principale.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1500,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13.