Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 02 febbraio 2018, n. 2604

Differenze retributive - Previsione CCNL - Reclamo sul salario e qualsiasi richiesta allo stesso inerente - Termine di decadenza convenzionale di 6 mesi dalla cessazione del rapporto - Esclusione - Istituti retributivi di origine legale - Profilo specifico dell'autosufficienza del ricorso per Cassazione - Violazione

 

Fatti di causa

 

La Corte d'Appello in epigrafe, in riforma della sentenza di prime cure, ha accolto la domanda di N.G., volta al riconoscimento delle differenze retributive derivanti dal rapporto di lavoro intercorso con A.M. dal marzo 1997 all'ottobre 2005 con mansioni di muratore.

Tanto ha ritenuto la Corte d'Appello affermando la non applicabilità al caso in esame dell'art. 37 del contratto collettivo delle imprese edili artigiane del 15 giugno 2000 rinnovato con accordo 1 ottobre 2004, il quale assoggettava qualsiasi reclamo sul salario e qualsiasi richiesta allo stesso inerente al termine di decadenza convenzionale di sei mesi dalla cessazione del rapporto in considerazione delle particolari caratteristiche dell'industria edilizia e, testualmente, "...della possibilità che al termine delle opere l'organizzazione del cantiere venga a smobilitarsi completamente",

La norma contrattuale, contenente l'eccezione di decadenza non opererebbe, secondo la Corte territoriale, in quanto A.M. non aveva né dedotto né provato in giudizio che il rapporto di lavoro fosse stato regolato dai contratto collettivo delle imprese edili e artigiane e ancora che l'eccezione di decadenza convenzionale, di cui all' 37 esplicherebbe la sua efficacia in relazione alle sole rivendicazioni salariali aventi ad oggetto istituti retributivi di origine contrattuale, quali la quattordicesima mensilità, e non anche istituti retributivi di origine legale quali la tredicesima, il t.f.r., le differenze retributive ex art. 36 Cost.

Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione A.M. con due censure, illustrate da memoria, mentre N.G. resta intimato.

Il P.G. ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con la prima censura parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 414, 416 e 437 cod. proc. civ. per aver la pronuncia erroneamente affermato che il datore di lavoro non avrebbe dedotto l’applicazione del c.c.n.l. delle imprese artigiane e delle piccole imprese industriali del settore delle costruzioni del 15 giugno 2000 rinnovato con accordo 1 ottobre 2004 contenente l'art. 37, relativo alla decadenza, mentre tale c.c.n.l. era invocato espressamente sia nel ricorso, sia nella memoria difensiva.

A riprova di quanto affermato e per l'esigenza di autosufficienza del ricorso per cassazione, il ricorrente trascrive l'atto introduttivo e la memoria difensiva del giudizio d'appello, per dimostrare che i richiami ivi contenuti al contratto collettivo andassero intesi quale conferma della sua applicazione al rapporto diversamente da come sostenuto dalla Corte d'Appello.

2. Con la seconda censura si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 36 Cost., dell'art. 2965 cod. civ. e dell'art. 37 c.c.n.l. delle imprese artigiane e delle piccole imprese industriali del settore delle costruzioni del 15 giugno 2000, rinnovato con accordo 1 ottobre 2004, per avere la pronuncia erroneamente statuito che la decadenza convenzionale riguarderebbe solo gli istituti retributivi di fonte contrattuale e non anche quelli di fonte legale.

La prima censura è inammissibile.

Il contratto collettivo delle imprese artigiane e delle piccole imprese industriali del settore delle costruzioni, del 15 giugno 2000, di cui parte ricorrente domanda a questo Collegio l'interpretazione, non è prodotto per intero ma soltanto in parte (Cass. S.U. 20075/10).

Quanto al profilo specifico dell'autosufficienza del ricorso per cassazione, questa Corte, con orientamento consolidato, ha deciso che esso deve contenere "...tutti gli elementi necessari a porre il Giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo" e che in particolare "...nell'esposizione del fatto processuale il ricorrente è tenuto ad agevolare la comprensione delle motivazioni della sentenza impugnata e a dimostrare, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella decisione censurata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie" (Cass. n. 18960/2017).

Dall'inammissibilità della prima censura consegue l'assorbimento della seconda, con la quale il ricorrente contesta alla sentenza d'appello di aver statuito che la decadenza contrattuale riguardi solo gli istituti retributivi di carattere convenzionale e non anche quelli di carattere legale. Il rilievo è, infatti, inidoneo a porre in discussione la ratio decidendi della pronuncia gravata, in assenza di produzione e trascrizione - nel ricorso per cassazione - della fonte contrattuale della quale chiede l'interpretazione da parte del Giudice di legittimità.

Pertanto, essendo la prima censura inammissibile e la seconda assorbita, il ricorso è rigettato. Non si provvede sulle spese in difetto di difesa dell'intimato.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Nulla spese.