Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 19 gennaio 2017, n. 1338

Fallimento - Notifica dell’istanza di fallimento - Errata indicazione dalla data di comparizione - Nullità dell’atto - Non sussiste

 

Svolgimento del processo

 

La Corte d’appello di Roma ha respinto il reclamo proposto da G. s.r.l. in liquidazione contro la sentenza del tribunale dichiarativa del suo fallimento, emessa ad istanza di D.S. s.r.l.

La corte del merito ha premesso in fatto che, a causa dell’omessa notificazione a G. del ricorso e del correlato decreto di convocazione, la prima udienza per la trattazione del procedimento, fissata al 24.3.011, era stata rinviata al 22.6.011 e che, il successivo 1°.4.011, la debitrice aveva ricevuto rituale notifica dell’istanza di fallimento, corredata però soltanto del provvedimento contenente l’invito a comparire al 24.3.011, e non anche del verbale dell’udienza tenuta quel giorno, nel quale era stato disposto il rinvio; ha escluso, tuttavia, che l’errore verificatosi, di palese evidenza per l’anteriorità della data indicata rispetto a quella di effettuazione della notifica, avesse comportato la nullità della vocatio in ius e del procedimento di primo grado, cui G. non aveva partecipato, atteso che la società aveva a disposizione numerosi elementi (nominativo della creditrice e del giudice delegato alla trattazione, n. R.G., frontespizio del fascicolo d’ufficio) per accertare con ampio anticipo, attraverso un semplice accesso alla cancelleria, la data effettiva dell’udienza.

La sentenza, pubblicata il 30.1.012, è stata impugnata da G. s.r.l. in liquidazione con ricorso per cassazione sorretto da un unico motivo, cui D.S. s.r.l. ha resistito con controricorso.

Le altre parte intimate non hanno svolto attività difensiva.

 

Motivi della decisione

 

1) Preliminarmente, poiché il ricorso concerne una questione di diritto e non di fatto, devono essere respinte le eccezioni di inammissibilità che D.S. ha svolto sul rilievo che l’atto denuncerebbe, in realtà, un vizio di motivazione, a sostegno del quale sarebbero stati dedotti nuovi argomenti, non illustrati nel corso del giudizio di merito.

2) Con l’unico motivo di ricorso, G. contesta che la decisione potesse fondarsi sul principio giurisprudenziale, ripetutamente enunciato da questa Corte (Cass. nn. 13691/011, 4545/09, 30197/08), che esclude che debba pronunciarsi la nullità dell’atto introduttivo del giudizio per l’errata indicazione della data di comparizione, se l’errore è riconoscibile, e superabile, con l’uso dell’ordinaria diligenza. A dire della ricorrente, il principio, che sarebbe stato dettato per il giudizio di cognizione ordinaria, non potrebbe trovare applicazione nel caso di specie, sia perché non si verserebbe nell’ipotesi di mero errore nell’indicazione della data, ma in quella di omessa notifica del provvedimento di convocazione - che nel procedimento per l’accertamento dello stato di insolvenza è atto del giudice e non di parte-, sia perché gli effetti, anche di rilevanza pubblicistica, che conseguono alla sentenza dichiarativa del fallimento imporrebbero di applicare al procedimento in questione i più rigorosi principi che regolano la convocazione dell’imputato in sede penale.

3) Il motivo è infondato.

3.1) Va premesso, in punto di fatto, che G. ha ricevuto regolare notifica dell’istanza di fallimento e del correlato decreto di convocazione. L’unico provvedimento che non è stato notificato alla società é l’ordinanza del giudice delegato all’istruttoria, di rinvio dell’udienza fissata in quel decreto per la comparizione delle parti.

La ricorrente ha quindi avuto piena contezza, oltre che della presentazione della domanda, dell’emissione del comando giudiziale e della conseguente pendenza del procedimento: contrariamente a quanto dedotto nella censura, si versa pertanto esattamente nell’ipotesi di errata indicazione della data di comparizione.

3.2) Ciò precisato, a confutazione della tesi sostenuta da G., è sufficiente rilevare che il procedimento per la dichiarazione di fallimento è uno dei numerosi procedimenti speciali esistenti in materia processual-civilistica, espressamente assoggettato (dopo l’entrata in vigore del d. Igsl. n. 5/06) al principio della domanda, al quale, per tutto quanto non specificamente regolato dall’art. 15 I. fall., si applicano le norme del codice di rito, secondo l’interpretazione datane dalla giurisprudenza. L’assunto della ricorrente, secondo cui gli effetti, anche di rilevanza pubblicistica, che conseguono alla sentenza dichiarativa del fallimento imporrebbero l’applicazione, in tema di convocazione del debitore fallendo, dei più rigorosi principi interpretativi adottate in tema di convocazione dell’imputato in sede penale, trova, del resto, palese smentita nella recente novella dell’art. 15, 3° comma I. fall, (introdotta dalla I. n. 221/012, non applicabile ratione temporis), che ha semplificato il procedimento notificatorio dell’istanza di fallimento, al fine di "coniugare le finalità del diritto di difesa dell’imprenditore con le esigenze di specialità e di speditezza cui deve essere improntato il procedimento concorsuale" (Corte Costituzionale, sent. n. 146/016), sostanzialmente codificando, ed anzi rafforzando, l’orientamento giurisprudenziale (consolidatosi nel vigore della I. fall, non ancora riformata dal d. Igs. n. 5/06) secondo cui il tribunale, pur essendo tenuto a disporre la previa comparizione in camera di consiglio del debitore fallendo e ad effettuare, a tal fine, ogni ricerca per provvedere alla notificazione dell’avviso di convocazione, è esonerato dal compimento di ulteriori formalità allorché la mancata comparizione di questi debba imputarsi alla sua stessa negligenza e/o ad una condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico.

4) Va, in conclusione, affermato che anche nel procedimento regolato dall’art. 15 I. fall., la notifica dell’istanza di fallimento, e del pedissequo decreto di convocazione, che contenga l’errata indicazione della data dell’udienza fissata per la comparizione del debitore fallendo non dà luogo ad alcuna nullità, qualora, come accaduto nella fattispecie in esame, l’errore sia riconoscibile e la data esatta possa essere individuata con l’uso dell’ordinaria diligenza.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 8.200, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso forfetario e accessori di legge.