Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 04 dicembre 2017, n. 28693

Accertamento - Riscossione - Intimazione di pagamento - Notificazione - Cambio di indirizzo

Fatti di causa

Nella controversia scaturita dall'impugnazione da parte di P.V. di intimazione di pagamento relativa ad avvisi di accertamento, l'Agenzia delle entrate ricorre su unico motivo, nei confronti del contribuente (che resiste con controricorso) avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, rigettandone l'appello aveva confermato la prima decisione di accoglimento del ricorso.

In particolare, il Giudice di appello, rilevato che dal certificato storico di residenza risultava unicamente il cambio di indirizzo del contribuente il quale aveva mantenuto la residenza nello stesso Comune, riteneva che, nella specie, la notificazione dell'avviso prodromico l'intimazione, avvenuta ai sensi dell'art. 60 lett. e del d.p.r. 600/73 fosse illegittima.

A seguito di proposta ex art. 380 bis c.p.c. e di fissazione dell'adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituali comunicazioni, il controricorrente ha depositato memoria.

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con l'unico motivo la ricorrente deduce la violazione di legge in cui era incorsa la Commissione tributaria pugliese nel ritenere che, nella fattispecie, si fosse in un'ipotesi di cd. irreperibilità relativa.

2. La censura è infondata nei termini di cui si dirà infra. La Commissione tributaria regionale ha, con accertamento in fatto rimasto incontrastato, argomentato la sua decisione rilevando che dal certificato storico in atti si evinceva che il contribuente avesse solo mutato indirizzo mantenendo però la sua residenza nello stesso Comune, di qui la conseguenza che, essendo conosciuti la residenza e l'indirizzo del destinatario, la notificazione dell'avviso di accertamento avrebbe dovuto essere effettuata con le forme del 140 c.p.c. e non con quella adottata dell'art. 60 lett.e d.p.r. 600/1973.

3.In materia, questa Corte è ferma nel ritenere che «qualora risulti che il contribuente si sia trasferito in località sconosciuta, il messo notificatore, prima di procedere alla notifica ai sensi dell'art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, deve effettuare ricerche nel comune dove è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell'ambito dello stesso comune; la notificazione ai sensi della predetta disposizione può essere, tuttavia, ritenuta valida anche nell'ipotesi in cui risulti, "a posteriori", che il trasferimento era intervenuto nell'ambito dello stesso comune, sempre che al momento della notificazione, nonostante le ricerche effettuate nell'ambito dello stesso comune dal messo notificatore (la cui sufficienza va valutata dal giudice di merito con apprezzamento sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo motivazionale), permanessero ignoti il nuovo indirizzo ed il relativo comune per circostanze non addebitabili, né opponibili all'Amministrazione, ad esempio, per il decorso di un termine troppo breve tra il trasferimento e la notificazione e/o l'inottemperanza  del contribuente agli oneri posti a suo carico dalla disciplina in materia di mutamenti anagrafici» (Cass. n. 1440/2013; Ordinanza n. 16042 del 27/06/2017).

4. La sentenza impugnata è conforme ai detti principi laddove ha accertato che la residenza (nel medesimo Comune) e l’indirizzo del destinatario erano conosciuti, con conseguente inadempimento da parte del messo alle dovute ricerche, mentre con il mezzo di ricorso, nei termini in cui è formulato, si introduce una questione (relativa l'ignoranza del nuovo indirizzo per circostanze non imputabili all'Amministrazione) nuova tendente inammissibilmente in realtà ad una diversa ricostruzione in fatto.

5. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alle spese del giudizio come liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese che liquida in complessivi euro 4.000, oltre rimborso forfetario nella misura del 15% ed accessori di legge.