Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 febbraio 2018, n. 3077

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Processo prefallimentare - Valutazione bilanci - Inattendibilità - Mancata indicazione di crediti non contestati - Dichiarazione di fallimento - Legittimità

 

Fatti di causa

 

1. - A seguito di due distinti ricorsi, proposti da Equitalia Sud s.p.a. e G.L., che si assumevano creditori delle somme rispettivamente di € 307.323,43 e di € 139.819,07 nei confronti di O.C. s.r.l., il Tribunale di Napoli dichiarava il fallimento di quest'ultima società. Il detto Tribunale, per quanto qui rileva, osservava che risultava provata la sussistenza dei requisiti dimensionali di cui all'art. 1 r.d. n. 267/1941 (di seguito: I. fall.): lo stato di insolvenza emergeva, infatti, dagli ultimi bilanci depositati nel 2005, né potevano considerarsi rilevanti, a tal fine, i successivi bilanci prodotti in sede prefallimentare dalla società; di questi ultimi non era stato documentato il deposito ed essi, del resto, prospettavano una situazione patrimoniale, al 31 dicembre 2011, inattendibile, che non dava evidenza dei crediti, incontestati, che facevano capo a G..

2. - Il reclamo proposto da O.C. era respinto dalla Corte di appello di Napoli con sentenza depositata il 23 giugno 2012.

3. - Contro detta pronuncia ricorre per cassazione, facendo valere tre motivi, la fallita O.C.. Gli intimati - Equitalia Sud, G. e la Curatela del Fallimento O.C. - non hanno svolto attività processuale nella presente sede di legittimità. Il pubblico ministero ha rassegnato conclusioni scritte, giusta l'art. 380 bis-1 c.p.c..

 

Ragioni della decisione

 

1. I motivi di ricorso possono riassumersi come segue.

1.1. - Il primo motivo titola: «Violazione e falsa applicazione dell'art. 18 I. fall, a mente dell'art. 360, n. 3 c.p.c.. Natura camerale del processo prefallimentare e di quello regolato dall'art. 18. Necessità di valutare i bilanci degli anni 2008-2009-2010. Produzione rituale e non tardiva dei medesimi sia nel giudizio di prime cure che di seconde cure». La censura investe l'affermazione del giudice distrettuale secondo cui, ad avviso dell'istante, la ricorrente avrebbe presentato con ritardo, in sede prefallimentare, i bilanci relativi agli anni sopra indicati; osserva, in sintesi, l'istante che il deposito delle scritture può avvenire anche in udienza e che in sede camerale poteva essere valutata la visura che attestava la circostanza per cui i predetti bilanci erano stati depositati prima dell'udienza in cui era stato dichiarato il fallimento.

1.2. - Il secondo motivo titola: «Motivazione lacunosa ed insufficiente della sentenza di seconde cure ex art. 360, n. 5 c.p.c. nella parte in cui ritiene che i bilanci 2008-2009-2010 siano inattendibili. Rettifica, non esaminata dalla Corte territoriale, nella valutazione delle pendenze debitorie, alla luce della sentenza G., compiute dall'O.C.. Natura di motivazione apparente e per relationem del decisum impugnato». Osserva la ricorrente che al giudice distrettuale era sfuggito che la società aveva riconosciuto il debito esistente nei suoi confronti di G., consacrato in sentenza. Rileva, poi, che pur considerando tale obbligazione, l'esposizione complessiva della società risultava inferiore a € 500.000,00, visto che dal debito erariale (quello fatto valere da Equitalia Sud) doveva essere detratta la somma complessiva di € 188.650,03, pari all'importo portato da due cartelle esattoriali la cui efficacia esecutiva era stata sospesa dalla Commissione tributaria provinciale.

1.3. - Il terzo motivo titola: «Violazione e falsa applicazione dell'art. 1 della legge fallimentare. Necessità di non inserire nel computo dei debiti scaduti e da scadere a mente della lettera c) quelli di natura fiscale ancora sub judice».

Lamenta la ricorrente che la Corte di merito non aveva conferito alcun valore alla circostanza per cui il debito erariale, nella sua gran parte, era contestato giudizialmente: di contro, lo stesso, ad avviso dell'istante, andava espunto dal novero dei debiti che concorrevano alla definizione delle passività di cui all'art. 1, lett. c), I. fall..

2. - Gli indicati motivi non possono essere accolti e il ricorso va conseguentemente respinto.

La Corte di appello ha osservato che i bilanci relativi agli esercizi 2008, 2009 e 2010 risultavano essere stati depositati pochi giorni prima della comparizione in sede prefallimentare. Ha rilevato che, così come era stato evidenziato nella sentenza di primo grado, i bilanci in questione risultavano comunque «privi di attendibilità», al pari della situazione patrimoniale prodotta dalla reclamante, in quanto non vi veniva indicato il debito verso G., non contestato nella fase di reclamo, «e neanche integralmente i debiti verso l'Equitalia, anche se solo parzialmente contestati». Concludeva, pertanto, nel senso che non era stata fornita idonea prova delle condizioni di non fallibilità di cui all'art. 1 I. fall. «attesa l'inattendibilità dei bilanci prodotti in sede prefallimentare, a prescindere o meno dalla ritualità del loro deposito».

Da tale argomentare si desume che la sentenza non abbia reputato estranea alla documentazione di causa i bilanci in questione, ma ne abbia, invece, tenuto conto.

Ora, la censura della ricorrente che investe l'affermazione della Corte di merito quanto alla inattendibilità dei bilanci degli anni 2008, 2009 e 2010 non appare fondata.

Il giudizio di inattendibilità non é sindacabile nella presente sede, in quanto si fonda su affermazioni di certa ragionevolezza: la mancata menzione, in essi, dell'intero debito vantato da G. e la mancata integrale iscrizione nei bilanci stessi, del debito erariale, pur parzialmente contestato. In tema di prova, da parte dell'imprenditore, della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all'art. 1, comma 2, I. fall., nel caso in cui i bilanci siano ritenuti motivatamente inattendibili dal giudice, l'imprenditore rimane onerato della dimostrazione circa la ricorrenza dei requisiti della non fallibilità (per tutte: Cass. 1 dicembre 2016, n. 24548; Cass. 30 giugno 2014, n. 14790).

Non appare dunque concludente che O.C. abbia riconosciuto il debito nei confronti di G.: quel che rileva è che i bilanci siano stati ritenuti inattendibili anche in quanto ebbero a trascurare detto debito (dell'importo, oltretutto, cospicuo): per modo che la stessa ricorrente, che pure ne era onerata, non ebbe a fornire la prova della condizione di non fallibilità.

Pure non risolutivo è quanto dedotto dall'istante in ordine alla contestazione giudiziale di una parte del debito erariale e circa l'intervenuta sospensione dell'efficacia esecutiva di due cartelle esattoriali. In primo luogo, mette conto di rilevare che la censura fondata sulla detta sospensione è carente di autosufficienza, in quanto l'istante non precisa con quali provvedimenti venne adottata la misura sospensiva, né chiarisce come essa sia stata documentata nel corso del giudizio di merito. In secondo luogo, va osservato che la controversia giudiziale inerente al debito suddetto non implicava che lo stesso dovesse essere senz'altro escluso dal novero dei debiti rilevanti ai fini dell'art. 1, comma 2, lett. c) I. fall.. Come questa Cotte ha avuto modo di rilevare, la contestazione del debito non impedisce l'inclusione di esso nel computo dell'indebitamento complessivo, rilevante quale dato dimensionale dell'impresa per stabilire se l'imprenditore sia o meno assoggettabile a fallimento: è questo, infatti, un dato oggettivo che non può dipendere dall'atteggiamento e dall'opinione soggettiva del debitore al riguardo (Cass. 2 dicembre 2011, n. 25870; in senso conforme: Cass. 12 gennaio 2017, n. 601; cfr. pure Cass. 15 ottobre 2015, n. 20877).

3. - Il ricorso va dunque rigettato.

4. - Nulla deve statuirsi in punto di spese, non avendo gli intimati svolto attività processuale.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.