Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 27 gennaio 2017, n. 2080

Tributi - Cartella di pagamento - Avviso di Rettifica IVA - Mancata comunicazione dell'avviso di trattazione e della successiva comunicazione del dispositivo

 

Svolgimento del processo

 

1. L'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, con unico mezzo, nei confronti di L.L. (che resiste con controricorso) avverso la sentenza depositata in data 26.5.2010 con la quale la C.T.R. del Lazio - pronunciando in controversia relativa all'impugnazione di cartella di pagamento - ha accolto l'appello del contribuente ritenendo fondata l'eccezione di nullità della sentenza (n. 5984103 della C.T.P. di Roma) che aveva rigettato il ricorso proposto avverso l'atto presupposto (rettifica Iva), in ragione della mancata comunicazione dell'avviso di trattazione e della successiva comunicazione del dispositivo.

 

Motivi della decisione

 

2. Con l'unico motivo di ricorso l'Agenzia delle entrate deduce violazione degli artt. 31, 37 e 38 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché degli artt. 151 e 324 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma primo n. 4, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. ritenuto ammissibile l'impugnazione tardiva della sentenza emessa a conclusione del giudizio di primo grado relativa all'impugnazione dell'avviso di rettifica presupposto dalla cartella di pagamento di che trattasi, considerandola giustificata dalla mancata comunicazione dell'avviso di rettifica d'udienza e della sentenza stessa.

Rileva che i vizi dedotti, convertendosi in motivi di impugnazione e non giustificando l'applicazione dell'art. 327 cpv. c.p.c., non essendo stato proposto appello nei termini, non hanno impedito il passaggio in giudicato della sentenza suindicata (n. 5984103 della C.T.P. di Roma) e che, pertanto, l'appello del contribuente avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile.

3. Il ricorso è inammissibile in quanto non si confronta con il contenuto della sentenza impugnata e sembra, anzi, equivocare sulla corretta identificazione del provvedimento impugnato.

Questo infatti è costituito dalla sentenza resa dalla C.T.R. del Lazio nella controversia relativa alla impugnazione di cartella di pagamento emessa per la riscossione della pretesa impositiva risultante da pregresso avviso di rettifica Iva, sul presupposto della definitività da quest'ultimo acquisita per effetto del passaggio in giudicato della sentenza (n. 5984103 della C.T.P. di Roma) che aveva rigettato il ricorso proposto dal contribuente.

Tra i motivi di impugnazione della cartella il contribuente aveva dedotto anche la inopponibilità, per ragioni processuali, di tale sentenza.

Tale rilievo, rigettato dal giudice di primo grado, è stato accolto dalla C.T.R. del Lazio con la sentenza in questa sede impugnata.

Il ricorso dell'Agenzia sembra invece presupporre che la sentenza qui impugnata abbia pronunciato, ritenendola ammissibile, su una impugnazione tardiva della sentenza (n. 5984103 della C.T.P. di Roma) che aveva rigettato il ricorso proposto dal contribuente contro l'avviso di rettifica e non invece, come in realtà accaduto, sull'appello proposto avverso la sentenza (n. 68172008 della C.T.P. di Roma) che ha rigettato il ricorso proposto avverso la successiva cartella esattoriale.

4. L'esposta prospettazione della censura (peraltro coerentemente riferita alla previsione di cui al n. 4 del primo comma dell'art. 360 cod. proc. civ., error in procedendo) non consente, dunque, di identificare una conferente critica rispetto alla decisione impugnata, nella quale l'anteatto processo cui si appuntano le doglianze dell'Agenzia rileva solo perché ritenuto dalla C.T.R. affetto da vizi tali da inficiare la sentenza che lo ha concluso e renderla inidonea a supportare la cartella impugnata.

Tale tema di lite non risulta esattamente focalizzato, né conseguentemente fatto segno di impugnazione da parte dell'amministrazione, la quale si sofferma invece solo sulla questione dell'ammissibilità di una impugnazione tardiva della sentenza di primo grado resa nel diverso giudizio riguardante (non la cartella ma) l'atto impositivo presupposto questione teorica, neppure indirettamente lambita dalla sentenza qui impugnata e che, comunque, certamente non può assumere alcun diretto rilievo processuale tale da rendere, come sostenuto in ricorso, addirittura inammissibile il diverso appello sul quale, nella presente controversia, si è pronunciata la C.T.R..

5. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in € 2.000, oltre rimborso forfettario nella misura del 15% e oltre accessori come per legge.