Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 20 giugno 2018, n. 16301

Accertamento fiscale - Maggiori ricavi accertati - Omesso deposito della ricevuta postale di spedizione dell’atto di appello

 

Rilevato che

 

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replicano gli intimati con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe con cui la Commissione tributaria regionale della Sicilia, rilevato l’omesso deposito da parte dell’amministrazione finanziaria appellante della ricevuta postale di spedizione dell’atto di appello, dichiarava, ai sensi degli artt. 53, comma 2, e 22 d.lgs. n. 546 del 1992, l’inammissibilità dell’impugnazione proposta avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Catania, che aveva annullato un avviso di accertamento di maggiori ricavi accertati con riferimento all’anno di imposta 2005 nei confronti della società contribuente, con rideterminazione dei redditi imputati per trasparenza ai soci.

2. Disposta l’acquisizione dei fascicoli di merito con ordinanza interlocutoria n. 30472 del 2017, sulla successiva proposta avanzata dal relatore, ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

3. Il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione dell'ordinanza in forma semplificata.

 

Considerato che

 

1. Il primo motivo di ricorso, con cui è dedotta la nullità della sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione, in violazione degli artt. 36 d.lgs. n. 546 del 1992 e 133, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., e che si risolve anche nella violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., è palesemente infondato.

2. Invero, è principio giurisprudenziale assolutamente condivisibile (v., da ultimo, Cass., Sez. U., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata) quello secondo cui è meramente apparente la motivazione che «pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice»; in tal caso «l'anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione». Orbene nel di specie dal contenuto motivazionale della sentenza impugnata emerge con evidenza che la stessa è pienamente autosufficiente, nel senso che dalla lettura della stessa è non solo possibile, ma anche agevole rendersi conto delle ragioni di fatto e di diritto che stanno alla base della decisione (in termini, Cass. n. 777 del 2011), avendo la CTR spiegato, in maniera anche esauriente, le ragioni di inammissibilità dell’appello proposto dall’Ufficio, sostenendo che «dall’esame degli atti, non si riscontra il deposito, da parte dell’appellante, della ricevuta postale di spedizione dell’appello. Né la data di spedizione si evince dalla cartolina di ritorno». Circostanza, questa, idonea a consentire ai giudici di merito di dichiarare inammissibile l’appello proposto dall’Ufficio per violazione degli artt. 22 e 53 d.lgs. n. 546 del 1992, con conseguente preclusione per i medesimi di procedere al vaglio dei motivi di appello proposti dall’Agenzia delle entrate, che anche tale vizio infondatamente lamenta nel ricorso in esame.

3. Con il secondo mezzo dedotto - ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. — l’Agenzia fiscale ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 22, 53, d.lgs. 546/1992, poiché la CTR ha ritenuto quale causa di inammissibilità dell'appello il mancato deposito della ricevuta di spedizione dell'atto medesimo.

4. Osserva il Collegio che la statuizione impugnata, laddove la CTR sostiene che il mancato deposito della ricevuta postale di spedizione dell’appello entro trenta giorni da tale data costituisce ragione di inammissibilità dell’appello in quanto non avrebbe consentito la verifica della tempestività della costituzione in giudizio dell’appellante, non è conforme ai principi recentemente enunciati dal Supremo consesso di questa Corte nelle sentenze n. 13452 e n. 13453 del 2017, che ha affermato, con riguardo alla notificazione dell'appello, nel processo tributario, a mezzo del servizio postale (come nel caso di specie), che: 1) «il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente o dell'appellante, che si avvalga per la per la notificazione del servizio postale universale, decorre non dalla data della spedizione diretta del ricorso a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario (o dall'evento che la legge considera equipollente alla ricezione)»; 2) «non costituisce motivo d'inammissibilità del ricorso o dell'appello, che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente o l'appellante, al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l'avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell'avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall'ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario, solo in tal caso, essendo l'avviso di ricevimento idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione, laddove, in mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull'avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso o dell'appello, unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall'agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l'impugnazione dell'atto o della sentenza».

4.1. Tale ultima affermazione è espressione della c.d. "prova di resistenza" evocata dalle Sezioni unite di questa Corte nelle citate pronunce con riferimento al tema della decorrenza del termine di costituzione dell'appellante che notifichi a mezzo del servizio postale, ma con affermazione estensibile anche all'ipotesi di notifica a mezzo posta eseguita dall'ufficiale giudiziario, in base alla quale l’inammissibilità non può essere dichiarata «se la data di ricezione del ricorso, essendo asseverata dall'agente postale addetto al recapito in giorno anteriore alla scadenza del termine per impugnare l'atto o appellare la sentenza, dia obiettiva certezza pubblica della tempestiva consegna del plico all'ufficio postale da parte del notificante per l'inoltro al destinatario» (Cass. Sez. U., citate; conf. Cass. n. 25237, 25400 e n. 25495 del 2017).

5. Ciò posto, osserva il Collegio che nel caso di specie risulta dagli atti del giudizio di merito (cui la Corte ha accesso diretto trattandosi di error in procedendo e che sono stati acquisiti con ordinanza interlocutoria n.30472 del 2017) che l’appello avverso la sentenza della CTP di Catania n. 536/01/2011, pubblicata in data 17/10/2011, venne notificato in data 5/04/2012, ovvero molto prima del 17/04/2012, data di scadenza del termine semestrale di impugnazione ex art. 327 c.p.c., e che anche la costituzione in giudizio è stata effettuata tempestivamente dall’appellante in data 19/04/2012. La "prova di resistenza" di cui si è detto sopra ha quindi avuto esito positivo e ciò comporta l’accoglimento del motivo di ricorso in esame e, conseguentemente, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla competente CTR, in diversa composizione, per nuovo esame nel merito dei motivi di appello proposti dall’Agenzia delle entrate e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, sezione distaccata di Catania.