Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 dicembre 2017, n. 30564

Tributi - IVA - Fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti - Procedimento penale definito con assoluzione - Detraibilità dell’imposta

 

Fatti di causa

 

1. Con sentenza n. 2198, depositata il 31.01.2014, la Corte di cassazione, in accoglimento del ricorso dell'Agenzia delle entrate, ha cassato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 325/1/09 e, con decisione nel merito, ha confermato la ripresa fiscale per IRPEG, IRAP e IVA operata dall'Ufficio sul presupposto che talune fatture rimesse alla contribuente riguardano operazioni soggettivamente inesistenti.

La suddetta sentenza n. 2198/14 ha ritenuto accertato che le prestazioni fatturate alla contribuente fossero state erogate da soggetto diverso da quello che aveva emesso la fattura e percepito l'IVA in rivalsa; conseguentemente, oltre che aver ritenuto non detraibile l'IVA, ha statuito la non deducibilità dei costi sostenuti in misura del corrispettivo versato, in ragione della implicita prova dell'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero, desunta dalle deposizioni rese in sede penale da terzi.

2. A seguito di ricorso per revocazione proposto dalla società contribuente, al quale l'Agenzia ha resistito con controricorso, con ordinanza interlocutoria n. 1443/2016 la Corte di cassazione, sezione sesta civile tributaria, ha rimesso il ricorso alla sezione quinta per la trattazione in pubblica udienza, ritenendolo ammissibile.

3. Il ricorso, articolato su un'unica doglianza e corroborato da memoria ex art. 378 cod. proc. civ., è stato fissato all'odierna udienza pubblica. L'Agenzia delle entrate ha presentato controricorso e partecipato alla discussione in pubblica udienza.

 

Ragioni della decisione

 

1.1. La ricorrente propone ricorso con riferimento alla questione della denegata deducibilità dei corrispettivi esposti nelle fatture attestanti le operazioni soggettivamente inesistenti.

La censura riguarda la affermazione contenuta nella sentenza n. 2198/14 - dopo la testuale trascrizione della L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4 bis, come modificato dal D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 1, ("Nella determinazione dei redditi di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 6, comma 1, non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale. Qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione, compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi") - della suddetta indeducibilità, argomentata sulla considerazione che, nella specie, vi era implicitamente prova che il pubblico ministero avesse esercitato l'azione penale "come desumibile dalie deposizioni di terzi rese in sede penale"; in proposito la Corte ha stabilito: "non sono deducibili per l'acquirente dei beni i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti, fatto salvo, qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione, il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione dei costi e dei relativi interessi".

Secondo la ricorrente, la statuizione della Corte sarebbe affetta da vizio revocatorio consistente nella mancata percezione del fatto che il procedimento penale conseguente all'esercizio dell'azione penale a cui si fa riferimento nella sentenza qui gravata si era definito con l'assoluzione dei legali rappresentanti della società M.A. srl; assoluzione recata dalla sentenza del Tribunale penale di Roma n. 11551/12, depositata il 20/6/12 (nella pendenza del ricorso per cassazione definito con la sentenza di cui si chiede la revocazione), munita della formula di irrevocabilità I' 1/2/13 e prodotta nel giudizio di cassazione in data 12/11/2013 con atto notificato alla controparte sensi dell'art. 372 cod. proc. civ., nonché richiamata nella memoria depositata davanti alla Corte di cassazione in data 29/11/2013.

1.2. Quindi, in relazione alla fase rescissoria la ricorrente chiede l'applicazione dell'art. 14, comma 4 bis, cit. ed il riconoscimento della deducibilità dei costi.

2.1. Le preliminari eccezioni di inammissibilità della domanda di revocazione, sollevate nel controricorso della difesa erariale, non paiono meritevoli di accoglimento per le condivise ragioni già esposte nell'ordinanza interlocutoria n. 1443/2016, condivisa dal Collegio ed a cui si rinvia.

3.1. Quanto alla fase rescindente, il ricorso per revocazione appare fondato, in quanto nella stessa sentenza di cui qui si chiede la revocazione non viene escluso il diritto della contribuente di ottenere "qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione, il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione dei costi e dei relativi interessi". È dunque da ritenere che la decisione di merito di conferma degli atti impositivi impugnati derivi dalla mancata percezione dell'effettiva esistenza nel caso di specie di una sentenza penale definitiva di assoluzione, che la stessa Corte di cassazione indica quale presupposto dell'eventuale diritto al rimborso delle somme effettivamente versate sulla base di tali atti (e della pronuncia giudiziale che li conferma).

3.2. Sulla scorta di tali condivise considerazioni la sentenza impugnata va revocata per errore percettivo, atteso che la parte aveva documentato tempestivamente con documento notificato alla controparte l'intervento di sentenza definitiva di assoluzione.

4.1. Si deve quindi passare alla fase rescissoria.

4.2. L'intervenuta sentenza di assoluzione giustifica l'accoglimento della richiesta di applicazione dell'art. 14, comma 4 bis, cit., come mod., nei limiti di seguito precisati.

4.3. Come già affermato da questa Corte "In tema di imposte sui redditi, ai sensi dell'art. 14, comma 4 bis, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (nella formulazione introdotta con l'art. 8, comma 1, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. in legge 26 aprile 2012 n. 44), che opera, in ragione del precedente comma 3, quale "jus superveniens" con efficacia retroattiva "in bonam partem", sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una "frode carosello"), per il solo fatto che siano stati sostenuti, anche nell'ipotesi in cui l'acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità oppure di costi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo." (Cass. n. 26461/2014).

4.4. Ne consegue che la sentenza della Cassazione andrà revocata laddove ha disposto la cassazione senza rinvio, dovendosi invece disporre la cassazione con rinvio al fine di verificare la concreta ricorrenza dei presupposti per la deduzione dei costi, in merito alla riferibilità certa dei costi documentati da fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti con quanto oggetto della sentenza penale di assoluzione prodotta in giudizio alla luce dell'art. 14, comma 4 bis, cit., ed alla loro competenza ed inerenza, onere probatorio che grava sulla contribuente trattandosi di costi contestati dall'Amministrazione, e, una volta accertata la ricorrenza dei presupposti e nei limiti di quanto accertato, per l'applicazione della disciplina invocata.

5. In conclusione, il ricorso in revocazione va accolto e va revocata la sentenza di questa Corte nei limiti anzidetti.

Quindi, decidendo in rescissorio, la sentenza della CTR va cassata nei limiti del motivo accolto e la controversia va rinviata alla CTR del Lazio in diversa composizione per l'applicazione dell'art. 14, comma 4 bis della legge n. 537/1993, come modificato dal d.l. n. 16/2012, alla luce dei principi esposti, ove ricorrano i presupposti di legge previsti da tale disciplina e dal T.U.I.R., nonché per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

- accoglie il ricorso in revocazione, revoca la sentenza di questa Corte n. 2198/2014 nei limiti di cui in motivazione e, decidendo in rescissorio:

- accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione e rinvia la controversia alla CTR del Lazio in diversa composizione per l'applicazione dell'art. 14, comma 4 bis della legge n. 537/1993, come modificato dal d.l. n. 16/2012, ove ricorrano i presupposti di legge previsti da tale disciplina e dal T.U.I.R., nonché per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.