Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 10 marzo 2017, n. 6300

Contratti di somministrazione di lavoro - Nullità - Violazione dei limiti e della condizioni previste dalla legge - Accertamento

 

Svolgimento del processo

 

1. Con distinti ricorsi i ricorrenti, indicati nell'epigrafe di questa sentenza, convennero in giudizio, innanzi al Tribunale di Termini Imerese, il Consorzio Intercomunale Rifiuti Energia Servizi - C. ( (...) di seguito) e la T. spa, allegarono di avere stipulato con quest'ultima contratti di somministrazione di lavoro, (specificando taluno che si trattava di contratto a tempo determinato e altri che si trattava di contratto a tempo indeterminato) e di avere svolto attività nell'interesse del somministrato C., dedussero che la somministrazione di lavoro era avvenuta fuori dei limiti e delle condizioni previste dagli artt. 20 e 21 del D. Lgs n. 276 del 2003.

2. Chiesero, pertanto, l'accertamento della nullità dei contratti di somministrazione e di quello individuale, della avvenuta costituzione di rapporti di lavoro a tempo pieno ed indeterminato in capo all'utilizzatore C., della illegittimità dei licenziamenti intimati dalla T. spa e la condanna di quest'ultimo alla ricostituzione giuridica ed economica dei rapporti dedotti in giudizio.

3. Il Tribunale dichiarò la nullità dei contratti di somministrazione intercorsi tra il C. e la T. spa e dei contratti individuali di lavoro stipulati da quest'ultima con i singoli lavoratori, l'avvenuta costituzione di rapporti di lavoro subordinato a tempo pieno e a tempo indeterminato tra ciascuno dei ricorrenti ed il C., e condannò quest'ultimo ad ammettere in servizio i ricorrenti ed a pagare in favore di ciascuno la retribuzione maturata dalla data di instaurazione del rapporto, con detrazione di quanto già corrisposto nel corso dei rapporti di lavoro, sino alla data di riammissione in servizio ed a versare i contributi previdenziali.

4. Adita dal C. la Corte di Appello di Palermo, dichiarata la contumacia della T. spa, ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva dichiarato la nullità dei contratti di somministrazione di lavoro e ha respinto le domande dei lavoratori volte all'accertamento della costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato in capo al C. e quelle volte al risarcimento dei danni.

5. La Corte territoriale, per quanto ancora rileva nel presente giudizio, ha ritenuto che:

6. era fondata la censura formulata dal C. in ordine alla esclusione della possibilità di costituire in capo al medesimo C. rapporti di lavoro subordinato con gli originari ricorrenti

7. dalla documentazione prodotta dal C., ammissibile perché relativa a provvedimenti legislativi ed allo Statuto, richiamati dagli stessi originari ricorrenti, emergeva la natura pubblica del consorzio, posto che esso era stato costituito, secondo quanto previsto dall'art. 1 del suo Statuto, ai sensi degli artt. 23 e 24 della L. n. 142 del 1990, da soggetti pubblici quali Comuni e Provincia, con capitale sociale costituito dalle quote versate da questi ultimi, strumentale per l'esercizio in forma associata di servizi pubblici e per l'espletamento di attività di interesse generale, informata a criteri di efficacia, di efficienza e di economicità con obbligo di pareggio di bilancio.

8. trovava applicazione l'art. 1 c. 2 del D.Lgs n. 165 del 2001 che ricomprende tra le Amministrazioni Pubbliche tutte le Amministrazioni dello Stato, ivi comprese le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane ed i loro consorzi.

9. era, pertanto, applicabile l'art. 36 del D.Lgs. n. 165 del 2001, che esclude la possibilità di costituire rapporti di lavoro subordinato in capo alle Pubbliche Amministrazioni in caso di violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori

10. ai sensi del c. 9 dell'art. 86 del D. Lgs n. 276 del 2003 doveva escludersi l'applicazione dell'art. 27 dello stesso decreto legislativo nei confronti delle pubbliche amministrazioni

11. gli originari ricorrenti (retribuiti dal C. sino al settembre 2009) non avevano allegato e nemmeno provato di avere subito danni

12. le ulteriori questioni dedotte nel giudizio dovevano ritenersi assorbite.

13. Avverso detta sentenza C.P. e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe e M.V. e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, entrambi affidati a tre articolati motivi, tra loro sovrapponibili.

14. Il C. e la società T. spa sono rimasti intimati.

15. C.P. e gli altri litisconsorti hanno anche depositato memoria ex art. 378.

 

Motivi della decisione

 

Sintesi dei motivi dei ricorsi

16. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 3 e n. 5 c.p.c., violazione e errata applicazione degli artt. 1 c. 2 e 36 del D. Lgs. 165/2001, e degli artt. 201, 202 e 203 del D. Lgs 152/2006, richiamato dall'art. 45 della L. R. Sicilia 2/2007, e degli artt. 23 e 25 del D. Lgs. 142/1990, recepito dalla L.R. Sicilia n. 48 del 1991 e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza su un punto decisivo della controversia.

17. Deducono che, diversamente da quanto affermato nella sentenza impugnata, il C., Autorità d'Ambito, che nei comuni consorziati gestisce, ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, il ciclo integrato dei rifiuti, è una società consortile, che ha natura di ente pubblico economico perché: è stato istituito ai sensi degli artt. 23 e 25 della L. n. 142 del 1990, recepita dalla L. R. Sicilia n. 48 del 1991; è un ente strumentale dei Comuni consorziati, dotato di personalità giuridica ed autonomo rispetto a questi ultimi e connotato da autonomia imprenditoriale; la disciplina degli ATO, introdotta dal D. Lgs. 152/2006, recepito dalla L. R. 2/2007, non ne ha mutato la natura di ente pubblico economico.

18. Sostengono che la natura di ente pubblico economico sarebbe desumibile: dall'oggetto dell'attività; dal rinvio operato dagli artt. 23 e 25 della L. 142/1990 e, successivamente, dall'art. 31 del D. Lgs. n. 267 del 2000 alle norme sulle aziende speciali; dalla qualificazione datane dal Direttore Generale del Dipartimento Regionale dell'Acqua e dei Rifiuti dell'Assessorato Regionale dell'Energia e dei servizi di pubblica utilità nella nota n. 17828 del 18.4.2011.

19. Dalla affermata natura di ente pubblico economico del C. i ricorrenti fanno discendere la inapplicabilità delle disposizioni contenute nel D. Lgs. n. 165 del 2001, e negli artt. 6 e 7 della L. R. n. 14 del 1958; la inapplicabilità dell'obbligo della procedura concorsuale, introdotto nell'ordinamento regionale dall'art. 45 della L. R. n. 2 del 2007, conseguirebbe, nella prospettiva difensiva dei ricorrenti, al fatto che il C. è stato istituito prima dell'entrata in vigore di detta legge, al fatto che i rapporti dedotti in giudizio furono stipulati prima dell'entrata in vigore di detta legge regionale; la inapplicabilità dell'obbligo della procedura concorsuale, introdotto nell'ordinamento regionale dall'art. 45 della L. R. n. 2 del 2007, deriverebbe dal fatto che la materia contrattuale, nella quale è ricompresa la disciplina della somministrazione di lavoro contenuta negli artt. 20 e sgg. del D. Lgs. n. 276 del 2003, rientra nell'ordinamento civile, la cui disciplina è riservata alla legislazione esclusiva dello Stato.

20. Con il secondo motivo i ricorrenti chiedono di dare avvio, ai sensi dell'art. 267 del TFUE, alla procedura di rinvio pregiudiziale dinanzi alla CGUE, ove il C. sia qualificato come ente pubblico non economico, ipotizzando il contrasto con la clausola 5 dell'Accordo Quadro sui contratti a tempo determinato, recepito nella Direttiva del Consiglio 28 giugno 1999 n. 99/70, dell'art. 36 c. 5 del D. Lgs. n. 165 del 2001, ove interpretato nel senso della esclusione della costituzione di rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato e a tempo indeterminato nei casi di nullità dei relativi contratti di assunzione per violazione di norme imperative nazionali.

21. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano, in via subordinata, ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 36 c. 5 del D. Lgs. n. 165 del 2001, come modificato dall'art. 49 della L. n. 133 del 2008 e omessa statuizione in ordine al riconoscimento del diritto al risarcimento del danno in conseguenza dell'accertata nullità dei contratti di somministrazione di lavoro stipulati con la T. spa.

22. Sostengono che, ai sensi delle disposizioni sopra richiamate e dei principi affermati dalla CGUE nelle sentenze C- 180/04 (Vassallo) e C-212/2004 del 4.7.2006 (Adelener), in caso di abusivo dei contratti a tempo, la Corte territoriale avrebbe dovuto comunque condannare il C. a risarcire i danni a prescindere dalle allegazioni della loro esistenza e consistenza.

23. Chiedono, pertanto, di dare avvio, ai sensi dell'art. 267 del TFUE, alla procedura di rinvio pregiudiziale dinanzi alla CGUE, in ordine alla conformità con la clausola 5 dell'Accordo Quadro sui contratti a tempo determinato, della condotta della P.A. che, pur avendo utilizzato contratti di somministrazione, non è tenuta a risarcire automaticamente i danni a prescindere dalla concreta prova offerta in giudizio.

24. Preliminarmente va dichiarata l'inammissibilità dell'eccezione di improcedibilità dell'appello per difetto di procura e di mandato ad litem conferito all'Avv. to A.E., formulata nella memoria ex art. 378 c.p.c., con riguardo all'atto introduttivo del giudizio di appello, in quanto il difetto di mandato ad litem non risulta dedotto tra i vizi denunciati con il ricorso per cassazione.

Esame dei motivi

25. Il primo motivo è infondato.

26. L’art. 36 comma 2 del D. Lgs. 29/93, che attribuisce al lavoratore, che deduca la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego, il diritto di agire per il risarcimento del danno e non anche per la costituzione di un rapporto a tempo indeterminato, si applica incontrovertibilmente alle amministrazioni pubbliche, secondo la definizione contenuta nel 2° comma dell’art. 1 D. Lgs 30 marzo 2001 n. 165 ("Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300").

27. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, al quale il Collegio ritiene di dare continuità, la mancanza di una esplicita distinzione tra le diverse categorie di consorzi nell'art. 1 c. 2 del richiamato D. Lgs. non è idoneo a prevalere sul senso complessivo e sulla ratio della disposizione, la quale esclude, comunque, dalla tutela apprestata dal compendio normativo gli enti pubblici economici, al cui ambito non possono reputarsi estranei gli enti consortili, posto che la loro struttura è suscettibile di atteggiarsi diversamente, a seconda dell’attività espletata con riferimento agli scopi dell’ente medesimo, quale evincibile dalla disciplina statutaria (Cass. nn. 25749/2016, 4062, 4063, 9037 e 9039 del 2011).

28. La motivazione della sentenza impugnata, il cui dispositivo è conforme a diritto, per quanto di seguito si osserva, va, nei termini, sopra esposti corretta nella parte in cui ha affermato che tra le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1 c. 2 del D. Lgs 165/2001 rientrano ex se i consorzi, indipendentemente dai loro scopi e dall'attività espletata desumibili dalla disciplina dei loro Statuti.

29. Tanto precisato, deve osservarsi che è altrettanto consolidato l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale l'indagine rivolta a stabilire se un ente pubblico sia o meno economico deve essere compiuta tenendo presente la disciplina legale e statutaria che ne regola l'attività con riferimento agli scopi dell'ente medesimo, non rilevando, a tal fine, l'oggetto dell'attività stessa (ex multis Cass. SSUU 10968/2001, 6573/2006, 15661/2006, 4685/2015; Cass. nn. 27549/2016, 4062, 4063, 9037 e 9039 del 2011).

30. La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi appena richiamati perché ha riconosciuto la natura di ente pubblico non economico del C. sul rilievo che esso era stato costituito (art. 1 dello Statuto), ai sensi degli artt. 23 e 25 della legge n. 142 del 1990 recepita nell'ordinamento regionale "con rinvio dinamico" al successivo T.U. sulle Autonomie locali n. 267 del 2000 (art. 1 L.R. Sicilia n. 48 del 2001) dai Comuni e dalla Provincia, con capitale sociale costituito dalle quote versate dagli stessi, per il perseguimento di fini e per lo svolgimento di attività di interesse generale, secondo criteri di efficacia, efficienza e di economicità e con obbligo di pareggio di bilancio, precisando che l'efficienza e l'economicità di gestione devono ispirare anche l'attività pubblica (Cass. 25749/2016).

31. Con specifico riferimento al settore degli "ambiti territoriali" per la gestione dei rifiuti, vanno richiamati, e ribaditi, i principi già affermati da questa Corte nella recente decisione n. 25749/2016 (pronunciata in fattispecie in parte sovrapponibile a quella dedotta in giudizio), nella quale è stato affermato che:

32. l'art. 45 della L. R. Sicilia 8.2.2007 n. 2, ("Individuazione dei nuovi ambiti territoriali ottimali - ATO - per la gestione dei rifiuti urbani) dispone al c. 1 che, per l'esercizio delle funzioni previste dal D. Lgs n. 152 del 2006 e successive modificazioni ed integrazioni, la gestione dei rifiuti è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali (ATO) e prevede che i nuovi ATO sono individuati dall'Agenzia per i rifiuti e le acque, sulla base di uno studio che deve tenere conto della necessità di assicurare l'efficacia, l'efficienza, l'economicità e la funzionalità , nonché la continuità dei servizi, in numero superiore al 50% di quelli esistenti (pari a 14) e impone agli enti locali ricadenti nel medesimo ATO di costituirsi in Consorzio, al quale partecipano obbligatoriamente tutti comuni, salvo quanto previsto dall'art. 200 c. 6 del D. Lgs 152/2006;

33. l'art. 45 della richiamata L.R. n. 2 del 2007, dopo avere precisato che il Consorzio è dotato di personalità giuridica e costituisce per il proprio ambito territoriale ottimale l'Autorità d'ambito di cui all'art. 201, comma 2, del D.lgs. n. 152 del 2006, detta la disciplina giuridica dei Consorzi, prevedendo che: con decreto del Presidente della Regione, previa delibera della Giunta regionale e sentita la competente Commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana, sono definiti la suddivisione in ambiti e lo schema di convenzione tra i soci, che deve prevedere le modalità di associazione e funzionamento, la struttura interna, le modalità di scelta del presidente e dei componenti del consiglio di amministrazione; che il Presidente della Regione, previa delibera della Giunta regionale, provvede ad individuare le modalità per l'utilizzo dell'eventuale personale proveniente da comuni, province e Regione, i criteri per la definizione dei rapporti attivi e passivi delle attuali società d'ambito e del regime transitorio per gli affidamenti esistenti e per quelli i cui bandi siano già stati pubblicati, nonché le modalità di affidamento dei servizi di gestione integrata dei rifiuti; le Società d'ambito esistenti devono essere poste in liquidazione entro 60 giorni dall'insediamento dei nuovi consigli di amministrazione; ogni consorzio subentra in tutti i rapporti attivi e passivi delle società d'ambito esistenti; il presidente del Consorzio, entro 60 giorni dall'insediamento del consiglio di amministrazione, ne dà comunicazione formale agli amministratori delle società d'ambito, che provvedono secondo le norme del codice civile.

34. la disposizione in esame, infine, dispone che ai consorzi di gestione degli ATO si applicano le disposizioni dell'articolo 6, comma 2, che prevede l'obbligo di adeguamento del regolamento contabile ai principi contenuti nel decreto del Presidente della Repubblica 27 febbraio 2003, n. 97.

35. I ricorrenti, che pure hanno ricostruito il complesso quadro normativo, di fonte statale e regionale, relativo alla istituzione delle Autorità di Ambito territoriale ottimale nell'ambito del quale è stato istituito il C. ATO PA 4, non si sono di converso rettamente confrontati con la peculiarità della disciplina statale e regionale quanto ad importanza e continuità del servizio gestito, alla natura degli enti che compongono i Consorzi, alla fonte delle risorse economiche ed organizzative. Ma, soprattutto, i ricorrenti non hanno formulato alcuna censura volta a contrastare l'accertamento della natura di ente pubblico non economico del C., accertamento effettuato dalla Corte territoriale con riguardo alle previsioni statutarie, ritenute decisive per la qualificazione del C.: è anzi significativo che non abbiano neanche riprodotto il testo dello Statuto.

36. I principi richiamati sopra richiamati escludono che possa attribuirsi rilievo alla circostanza che il C. sia stato qualificato come ente pubblico economico dal Direttore Generale del Dipartimento Regionale dell'Acqua e dei Rifiuti dell'Assessorato Regionale dell'Energia e dei servizi di pubblica utilità nella nota n. 17828 del 18.4.2011, nota non riprodotta nel ricorso e di cui nemmeno è stata indicata la precisa sede di allocazione processuale.

37. Consegue a quanto considerato che la Corte territoriale ha del tutto correttamente escluso la possibilità di costituire un rapporto di lavoro subordinato tra ciascuno degli odierni ricorrenti ed il C. in ragione della applicabilità dell'art. 36 c. 5 del D. Lgs 165/2001.

38. Una volta affermata, per le ragioni appena esposte la natura pubblica del C., la possibilità di configurare in capo ai ricorrenti il diritto ad essere assunti alle dipendenze di quest'ultimo è, infatti, esclusa dalla regola generale imposta dall'art. 97 Cost., che prevede che il concorso pubblico costituisce la modalità generale ed ordinaria di accesso nei ruoli delle pubbliche amministrazioni, anche delle Regioni, pure se a Statuto speciale (Corte Cost. 180/2015, 134/2014, 277/2013; Cass. SSUU 4685/2015; Cass. 25749/2016, 24808/2015, 25165/2015), e che ammette deroghe solo in presenza di peculiari situazioni giustificatrici, individuate dal legislatore nell'esercizio di una discrezionalità non irragionevole, che trova il proprio limite specifico nella necessità di meglio garantire il buon andamento della Pubblica Amministrazione (C. Cost. 134/2014, 217/2012, 310/2011, 9/2010, 293/2009, 215/2009, 81/2006, 190/2005).

39. Come già rilevato nella richiamata sentenza n. 25749/2016, alla regola costituzionale del pubblico concorso si è conformata la legislazione della Regione Siciliana, come attentamente ricostruita dalle SU di questa Corte nella sentenza 4685 del 2015. Detta legislazione, parallelamente alla disciplina statale che l'ha trasfusa nell' art. 36 del D. Lgs. 29.2.1993 n. 29 e, quindi, nell'art. 35 del D. Lgs. 165/2001, sia pure consentendo, in via di eccezione, il ricorso a procedure concorsuali "semplificate" per alcune categorie di mansioni o di profili di contenuto professionale più modesto, ha introdotto nell'ordinamento regionale la regola del pubblico concorso per l'assunzione alle dipendenze della Amministrazione Regionale, delle aziende, degli enti dalla stessa dipendenti o comunque sottoposti a controllo, tutela e vigilanza, degli enti locali territoriali e/o istituzionali, delle aziende sanitarie locali, nonché degli enti da essi dipendenti e comunque sottoposti a controllo, tutela e vigilanza.

40. In particolare, la regola dell'assunzione attraverso concorso pubblico, originariamente prevista dall'art. 9 della legge 7.5.58 n. 14, risulta ribadita nell'art. 21 della L.R. 29.10.1985 n. 41 ed ancora riaffermata nell'art. 3 c. 1 della legge 30.4.1991 n. 11, e nell'art. 3 n. 1 della L.R. 30.4.1991 n. 12. La norma appena richiamata ammette deroghe alla regola della procedura concorsuale, parallelamente a quanto previsto dalla legislazione nazionale, nelle sole ipotesi di assunzioni in profili di basso contenuto professionale (art. 1 L.R. n. 12 del 1991, art. 13 L.R. n. 18 del 1999, art. 49 c. 1 L. 5.11.2004 n. 15).

41. In ogni caso, la possibilità di assunzione dei ricorrenti alle dipendenze del C. al di fuori della procedura concorsuale deve ritenersi esclusa dall' art. 45 della L. R. Sicilia 8.2.2007 n. 2 che al c. 2 dispone che le società e le autorità d'ambito assumono nuovo personale solo attraverso procedure di evidenza pubblica. Va osservato in proposito che, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, nella disposizione appena richiamata, che detta le regole dell'agire delle società e delle autorità di ambito, non si rinviene alcun dato testuale che consenta di ritenere che la regola non debba essere osservata dai Consorzi costituiti prima della sua entrata in vigore (Cass. 25749/2016).

42. Il motivo, infondato per quanto sopra detto, è, poi, inammissibile nella parte in cui il diritto all'assunzione è rivendicato con riferimento all'art. 202, del D. Lgs n. 152 del 2006, come modificato dal D.Lgs n. 4 del 2008, che prevede il passaggio diretto del personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell'affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi comunali per la gestione dei rifiuti, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto.

43. Della questione non v'è, invero, cenno alcuno nella sentenza impugnata e i ricorrenti nulla hanno allegato in ordine alla avvenuta sua deduzione innanzi al giudice del merito (Cass. 23675/2013).

44. La costituzione di un rapporto di lavoro in capo al C. deve escludersi ai sensi dell'art. 86 c. 9 del D. Lgs. 276 del 2003 che dispone espressamente che la previsione della trasformazione del rapporto di lavoro di cui all'articolo 27, comma 1, non trova applicazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni cui la disciplina della somministrazione trova applicazione solo per quanto attiene alla somministrazione di lavoro a tempo determinato.

45. Sono inammissibili le censure formulate con riguardo all'art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c., perché i vizi motivazionali sono riferiti a questioni di diritto e non a fatti storici e perché mirano in realtà a far riesaminare il merito della vicenda processuale, esame che per consolidato orientamento, questa Corte non ha il potere di effettuare (ex plurimis, Cass. SSU 24148/2013, Cass. n. 1541/2016, 15208/2014).

46. Il terzo motivo presenta profili di infondatezza e di inammissibilità.

47. Esso è infondato nella parte in cui denuncia omessa statuizione sulla domanda risarcitoria, atteso che la corte territoriale ha esaminato tale domanda e l'ha rigettata ritenendo non allegati e nemmeno provati i danni asseritamente subiti.

48. E' inammissibile nella parte in cui i ricorrenti deducono che il danno non necessiti di prove ed allegazioni in quanto diretta ed immediata conseguenza dell'accertamento dell'illecito ricorso ai contratti di somministrazione di lavoro (danno in re ipsa). Il motivo introduce, infatti, una questione nuova, non trattata dalla sentenza, in quanto tale inammissibile.

49. Vanno disattese la richieste di avvio, ai sensi dell'art. 267 del TFUE, della procedura di rinvio pregiudiziale dinanzi alla CGUE, formulate nel secondo e nel terzo motivo di ricorso.

50. La Corte di Giustizia Europea con la decisione 11.04.2013 causa C-290/2012 ha chiarito che la direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, e l'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che compare in allegato a tale direttiva, devono essere interpretati nel senso che non si applicano né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra un lavoratore interinale e un'agenzia di lavoro interinale né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra tale lavoratore e un'impresa utilizzatrice".

51. Il ricorso, va, in conclusione rigettato.

52. Non v'è spazio per pronunzia sulla spesa in quanto il C. e la società T. spa sono rimasti intimati.

 

P.Q.M.

 

Rigetta entrambi i ricorsi. Nulla per le spese.