Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 05 ottobre 2016, n. 19890

Irap - Medico generico - Redditi significativi - Presenza di beni strumentali di valore elevato

 

Svolgimento del processo

 

Il 24 febbraio 2009 la Commissione Regionale di Firenze confermava la decisione della Commissione provinciale di Arezzo, che aveva rigettato la richiesta di G.D., medico generico, volta ad ottenere il rimborso IRAP versata in relazione agli anni 2001 - 2003, per un totale di € 9.495,93.

Nella decisione impugnata, la Commissione di secondo grado ha rilevato che dall'analisi della documentazione fiscale sarebbe emerso il conseguimento di redditi significativi, nonché la presenza di beni strumentali di valore elevato, quali le quote di ammortamento e le spese per l'acquisto di beni mobili ed il livello dei compensi per le prestazioni professionali effettuate.

Ha proposto ricorso per cassazione il D., affidandosi a due motivi, illustrati da successiva memoria, ex art. 378 c.p.c.

Con il primo, il ricorrente denuncia contraddittorietà e insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 n. 5 c.p.c. Si tratterebbe, in particolare, dell'effettività dell'autonoma organizzazione, con riguardo all'art. 2 D.Lgs n. 446/97. Invero, il conseguimento di redditi elevati non sarebbe stata di per sé causa della sussistenza di un elemento emblematico di autonoma organizzazione, mentre sarebbe stata del tutto assiomatica l'affermazione del valore elevato dei beni strumentali.

Con il secondo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 del D.Lvo 15 dicembre 1997, n. 446, il ricorrente sostiene che la decisione impugnata avrebbe ritenuto integrato il presupposto impositivo, senza valutare i principi giuridici enunciati dalla giurisprudenza di legittimità. L'utilizzo di uno studio professionale sarebbe stata diretta conseguenza della convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale e dunque connaturata allo svolgimento dell'attività professionale.

Ha proposto tempestivo controricorso l'Agenzia delle Entrate, deducendo l'inammissibilità o comunque l'infondatezza del ricorso, Per un verso, ha sostenuto che il ricorrente avrebbe sollecitato un nuovo accertamento di fatto da parte della Suprema Corte, oltre tutto a fronte di una corretta interpretazione ed applicazione delle disposizioni normative presente nella decisione impugnata. Per altro verso, la documentazione contabile avrebbe evidenziato l'assoggettabilità all'IRAP in capo al contribuente, in presenza di una struttura autonoma qualificata da una serie eterogenea di fattori, fra i quali l'impiego di beni strumentali eccedenti il valore minimo indispensabile. Ciò con riguardo anche all'utilizzo di uno studio professionale.

 

Motivi della decisione

 

Costituisce principio consolidato quello per il quale, in tema di ricorso per cassazione - con cui si deduca il vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, ex art. 360 n. 5 c.p.c. - l'onere di indicare chiaramente tale fatto, ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall'art. 366-bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un "quid pluris" rispetto alla illustrazione del motivo, così da consentire al giudice di valutare immediatamente la ammissibilità del ricorso stesso. Tale sintesi non si identifica con il requisito di specificità del motivo ex art. 366 comma 1, n. 4 cod. proc. civ., ma assume l'autonoma funzione volta alla immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove correttamente valutato, ai fini della decisione favorevole al ricorrente [Sez. 5, n. 5858 del 08/03/2013 (Rv. 625952); Sez. 5, n. 28242 del 18/12/2013 (Rv. 629397)].

Il primo motivo manca appunto del momento di sintesi di cui sopra, sicché è inammissibile, anche quando, come nella specie, l'indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la "ratio" che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito [Sez, 5, Sentenza n. 24255 del 18/11/2011 (Rv. 620278)].

Il secondo motivo propone il seguente quesito di diritto: "Dica la Corte se, ai sensi del D.Lgs. 15/12/1997 n. 446 art. 2 e 3, siano soggetti ad IRAP i redditi relativi ad un'attività professionale svolta da un medico convenzionato con il S.S.N. in uno studio attrezzato, con l'utilizzo di beni strumentali necessari per lo svolgimento della propria attività e senza l'ausilio, neppure occasionale, di alcun collaboratore".

Giova peraltro osservare che il quesito di diritto, ai sensi dell'art. 366 bis cod. proc. civ. - dovendo assolvere alla funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale - non può essere meramente generico e teorico, ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado di poter comprendere dalla sua sola lettura, l'errore asseritamente compiuto dal giudice di merito e la regola applicabile. Ne consegue che esso non può consistere in una semplice richiesta di accoglimento del motivo ovvero nel mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza della propugnata petizione di principio o della censura cosi come illustrata nello svolgimento del motivo [Sez. 5, Sentenza n. 3530 del 07/03/2012 (Rv. 622000);Sez. U, Sentenza n. 21672 del 23/09/2013 (Rv. 627412)].

Nella specie, il quesito è inammissibile perché invoca un apprezzamento generale ed astratto, privo di riferimenti specifici alla vicenda del ricorrente e senza chiarire l'errore di diritto imputato alla sentenza impugnata. E tanto a voler sottacere che le ragioni addotte si traducono in una richiesta di (nuova) valutazione del presupposti di fatto ritenuti dalla CTR idonei a dimostrare la debenza dell’IRAP, il che, nella presente sede di legittimità, non è consentito, a fronte di una motivazione logica e congrua, come quella della sentenza impugnata.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in € 1.200, oltre spese prenotate a debito.